Abbi cura di lui, il messaggio del Papa per la giornata del malato e l’Unitalsi

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“La malattia fa parte della nostra esperienza umana. Ma essa può diventare disumana se è vissuta nell’isolamento e nell’abbandono, se non è accompagnata dalla cura e dalla compassione. Quando si cammina insieme, è normale che qualcuno si senta male, debba fermarsi per la stanchezza o per qualche incidente di percorso. E’ lì, in quei momenti, che si vede come stiamo camminando: se è veramente un camminare insieme, o se si sta sulla stessa strada ma ciascuno per conto proprio, badando ai propri interessi e lasciando che gli altri ‘si arrangino’. Perciò, in questa XXXI Giornata Mondiale del Malato, nel pieno di un percorso sinodale, vi invito a riflettere sul fatto che proprio attraverso l’esperienza della fragilità e della malattia possiamo imparare a camminare insieme secondo lo stile di Dio, che è vicinanza, compassione e tenerezza”.

Partendo dall’inizio del messaggio di papa Francesco per la Giornata Mondiale del Malato, che si celebra sabato 11 febbraio, intitolato ‘Abbi cura di lui. La compassione come esercizio sinodale di guarigione’, tratto dal vangelo di Luca, chiediamo a Rocco Palese, presidente nazionale dell’UNITALSI (Unione Nazionale Italiana Trasporti Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali), di spiegarci in quale modo è possibile esercitare la cura:

“Semplicemente stando accanto o meglio al fianco della persona in difficoltà. Non lasciare indietro chi è sofferente, chi è malato. La solitudine non deve predominare, i volontari dell’Unitasi sono da sempre impegnati, quest’anno ricorre il 120º di fondazione, a cercare di costruire quell’empatia con il malato in grado di alleviare l’anima sofferente. La cura, nello spirito unitalsiano significa attenzione, sensibilità non dare per scontato i gesti più comuni, come l’ascoltare in silenzio, un abbraccio e far sentire il proprio sostegno, l’amore e l’affetto possono curare il dolore”. 

Nel messaggio il papa sottolinea che la compassione è un esercizio sinodale: in quale modo esercitarla?

“Penso che la compassione e l’altruismo siano legati. Come ha sottolineato papa Francesco, ‘la condizione degli infermi è un appello che interrompe l’indifferenza’. Credo che la compassione sia una evidente attenzione al bisogno altrui, il non girarsi di spalle o togliere lo sguardo davanti alla solitudine, alla sofferenza e alla malattia. Chi fa volontariato è mosso da un profondo senso di altruismo che spinge ad aiutare e a ricercare una serenità spirituale interiore”.

In quale modo sensibilizzare la gente al prendersi cura?

“Attraverso i giovani. Loro rappresentano la luce e la centralità del nostro cammino. Tra i tanti volontari unitalsiani, i giovani sono sempre più numerosi e in grado di veicolare con entusiasmo quanto importante sia essere in contatto con disabili e malati anche gravi. Loro sanno stare vicino a queste persone, ascoltarle, perché hanno un bisogno estremo di parlare, di raccontarsi, di sfogarsi. Ed i giovani, quando vengono in pellegrinaggio, sono per noi la forza vitale, straordinari nella loro esuberanza, nel modo di porsi.

Quando fanno l’esperienza del pellegrinaggio in treno a Lourdes o a Loreto, tornano carichi, perché hanno conosciuto qualcosa che si porteranno sempre dentro di sé, quel contatto con le persone deboli che ti tocca la vita, te la indirizza e ti fa guardare in maniera diversa ogni cosa anche rispetto al giorno prima.

Ed è proprio guardando a tutti questi volontari, non solo giovani, che l’Unitalsi, attraverso il suo servizio agli ammalati e il pellegrinaggio è sempre più testimone del mandato nella Chiesa. Il nostro compito è di far sentire a tutti coloro che si avvicinano alla nostra associazione, la bellezza dell’essere volontari, della gioia del nostro servizio, del nostro saperci incontrare guardando gli uni il cuore degli altri”.

Come possiamo diventare samaritani?

“La vita ci insegna che amare è donare, ma anche lasciarsi amare. Riconoscere la propria fragilità. Accettare di essere aiutato. E’ anche questo un modo concreto di volersi bene ed essere samaritani che ci aiuta a capire come dare senso alla vita”.

Anche nel messaggio per la pace il papa ha invitato a prendersi cura: per quale motivo insiste sulla cura?

“Francesco sprona a far tesoro della lezione che ci sta dando la pandemia: nessuno si salva da solo. Bergoglio invita tutti gli uomini e le donne di buona volontà a farsi carico del prossimo, specialmente di chi è più fragile, per creare così una cultura capace di disarmare cuori, politica ed economia”.

In quale modo l’Unitalsi si prende cura del malato?

“Partendo dall’ascolto, dal pellegrinaggio, punto di partenza e di arrivo di una conoscenza, di una vicinanza con le persone più deboli che, come unitalsiani, facciamo sul territorio e durante tutto l’anno, anche attraverso le case di accoglienza di persone in difficoltà che abbiamo un po’ in tutta Italia.

Proprio sul territorio, con una fase di ascolto che per noi è quanto mai importante, ci siamo accorti che c’è un grande e rinnovato bisogno di spiritualità e abbiamo constatato come tutto questo si traduce proprio con una voglia, un grande desiderio di andare in pellegrinaggio, soprattutto a Lourdes per prendersi cura dei malati, il cuore del nostro cammino.

Il primo, di questa stagione 2023, sarà proprio in occasione di sabato 11 febbraio, guardiamo al Santuario di Lourdes come a una profezia, una lezione affidata alla Chiesa nel cuore della modernità. Non vale solo ciò che funziona e non conta solo chi produce. Le persone che noi come Unitalsi accogliamo e serviamo sono al centro del Popolo di Dio che cammina insieme a loro, segno di una umanità in cui ogni essere è prezioso e nessuno è da scartare. E che ha nel Santuario di Lourdes il punto focale di questa visione”.

(Tratto da Aci Stampa)

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