Papa Francesco racconta il viaggio apostolico

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Concludendo l’udienza generale odierna papa Francesco ha pregato per le vittime del terremoto, che ha colpito la Siria e la Turchia, che ha provocato finora oltre 11.200 morti accertati; in Turchia sono stati estratti dalle macerie 8.574 corpi e in Siria sono stati contati almeno 2.662 morti, secondo le autorità e i medici:

“Il mio pensiero va, in questo momento, alle popolazioni della Turchia e della Siria duramente colpite dal terremoto, che ha causato migliaia di morti e di feriti. Con commozione prego per loro ed esprimo la mia vicinanza a questi popoli, ai familiari delle vittime e a tutti coloro che soffrono per questa devastante calamità.

Ringrazio quanti si stanno impegnando per portare soccorso e incoraggio tutti alla solidarietà con quei territori, in parte già martoriati da una lunga guerra. Preghiamo insieme perché questi nostri fratelli e sorelle possano andare avanti, superando questa tragedia, e chiediamo alla Madonna che li protegga”.

Mentre nell’udienza generale papa Francesco ha ripercorso il viaggio nella Repubblica democratica del Congo ed in Sud Sudan: “La scorsa settimana ho visitato due Paesi africani: la Repubblica Democratica del Congo e il Sud Sudan. Ringrazio Dio che mi ha permesso di compiere questo viaggio, da tempo desiderato. Due ‘sogni’: visitare il popolo congolese, custode di un Paese immenso, polmone verde dell’Africa: insieme all’Amazzonia, sono i due polmoni del mondo. Terra ricca di risorse e insanguinata da una guerra che non finisce mai perché c’è sempre chi alimenta il fuoco. E visitare il popolo sud sudanese, in un pellegrinaggio di pace insieme all’Arcivescovo di Canterbury Justin Welby e al Moderatore generale della Chiesa di Scozia, Iain Greenshields: siamo andati insieme per testimoniare che è possibile e doveroso collaborare nella diversità, specialmente se si condivide la fede in Gesù Cristo”.

Pubblicamente ha rinnovato la sua gratitudine al presidente della Repubblica democratica del Congo per l’accoglienza: “Il Congo è come un diamante, per la sua natura, per le sue risorse, soprattutto per la sua gente; ma questo diamante è diventato motivo di contesa, di violenze, e paradossalmente di impoverimento del popolo.

E’ una dinamica che si riscontra anche in altre regioni africane, e che vale in generale per quel continente: continente colonizzato, sfruttato, saccheggiato. Di fronte a tutto questo ho detto due parole: la prima è negativa: ‘basta!’, basta sfruttare l’Africa!

Ho detto altre volte che nell’inconscio collettivo c’è ‘Africa va sfruttata’: basta di questo! Ho detto quello. La seconda è positiva: insieme, insieme con dignità, tutti insieme, con rispetto reciproco, insieme nel nome di Cristo, nostra speranza, andare avanti. Non sfruttare e andare avanti insieme”.

Ed ha ricordato alcuni punti salienti del viaggio apostolico: “Sempre a Kinshasa si sono svolti poi i diversi incontri: quello con le vittime della violenza nell’est del Paese, la regione che da anni è lacerata dalla guerra tra gruppi armati manovrati da interessi economici e politici.

Non sono potuto andare a Goma. La gente vive nella paura e nell’insicurezza, sacrificata sull’altare di affari illeciti. Ho ascoltato le testimonianze sconvolgenti di alcune vittime, specialmente donne, che hanno deposto ai piedi della Croce armi e altri strumenti di morte. Con loro ho detto ‘no’ alla violenza, ‘no’ alla rassegnazione, ‘sì’ alla riconciliazione e alla speranza. Hanno sofferto tanto e continuano a soffrire”.

Ed ha raccontato l’incontro avuto con i giovani: “Un momento entusiasmante è stato quello con i giovani e i catechisti congolesi nello stadio. E’ stata come un’immersione nel presente proiettato verso il futuro. Pensiamo alla forza di rinnovamento che può portare quella nuova generazione di cristiani, formati e animati dalla gioia del Vangelo!

A loro, ai giovani, ho indicato cinque strade: la preghiera, la comunità, l’onestà, il perdono e il servizio. Ai giovani del Congo ho detto: la vostra strada è questa: preghiera, vita comunitaria, onestà, perdono e servizio. Il Signore ascolti il loro grido che invoca pace e giustizia”.

Poi ha ricordato la visita ecumenica in Sud Sudan: “Si è trattato infatti di un pellegrinaggio ecumenico di pace, compiuto insieme ai Capi di due Chiese storicamente presenti in quella terra: la Comunione Anglicana e la Chiesa di Scozia. Era il punto di arrivo di un cammino iniziato alcuni anni fa, che ci aveva visti riuniti a Roma nel 2019, con le Autorità sud sudanesi, per assumere l’impegno di superare il conflitto e costruire la pace.

Nel 2019 è stato fatto un ritiro spirituale qui, in Curia, di due giorni, con tutti questi politici, con tutta questa gente aspirante ai posti, alcuni nemici tra loro, ma erano tutti nel ritiro. E questo ha dato forza per andare avanti. Purtroppo il processo di riconciliazione non è avanzato tanto, e il neonato Sud Sudan è vittima della vecchia logica del potere, della rivalità, che produce guerra, violenze, profughi e sfollati interni”.

Infine ha ricordato il valore ecumenico di tale visita: “Il carattere ecumenico della visita in Sud Sudan si è manifestato in particolare nel momento di preghiera celebrato insieme con i fratelli Anglicani e quelli della Chiesa di Scozia.

Insieme abbiamo ascoltato la Parola di Dio, insieme gli abbiamo rivolto preghiere di lode, di supplica e di intercessione. In una realtà fortemente conflittuale come quella sud sudanese questo segno è fondamentale, e non è scontato, perché purtroppo c’è chi abusa del nome di Dio per giustificare violenze e soprusi”.

Da tale visita ha raccontato l’incontro con gli sfollati interni: “Fratelli e sorelle, il Sud Sudan è un Paese di circa 11.000.000 abitanti, di cui, a causa dei conflitti armati, due milioni sono sfollati interni e altrettanti sono fuggiti in Paesi confinanti. Per questo ho voluto incontrare un grande gruppo di sfollati interni, ascoltarli e far sentire loro la vicinanza della Chiesa.

In effetti, le Chiese e le organizzazioni di ispirazione cristiana sono in prima linea accanto a questa povera gente, che da anni vive nei campi per sfollati. In particolare mi sono rivolto alle donne, che sono la forza che può trasformare il Paese; ed ho incoraggiato tutti ad essere semi di un nuovo Sud Sudan, senza violenza, riconciliato e pacificato”.

(Foto: Santa Sede)

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