Papa Francesco ai giornalisti: fermiamo la guerra

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Ieri, ritornando dalla visita apostolica del Repubblica Democratica del Congo e dal pellegrinaggio ecumenico di pace in Sud Sudan, come di consueto al termine di ogni viaggio apostolico, papa Francesco si è recato alla Basilica di Santa Maria Maggiore, sostando in preghiera davanti all’icona della Vergine Salus Populi Romani. Quindi, al termine della visita, ha fatto rientro in Vaticano.

E di ritorno nell’aereo papa Francesco, a fianco dell’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, e del moderatore dell’assemblea generale della Chiesa di Scozia Ian Greenshields, ha dialogato con i giornalisti, ribadendo l’ ‘ingiustizia’ della criminalizzazione delle persone omosessuali, anche per parlare della morte del papa emerito Benedetto XVI, la cui scomparsa è stata accompagnata da ricostruzioni polemiche che lo contrapponevano al successore.

Ad inizio conferenza l’arcivescovo di Canterbury ha spiegato come è sorto questo pellegrinaggio: “Nel 2014 gennaio io e mia moglie abbiamo visitato il Sud Sudan nel quadro di un viaggio alla comunione anglicana, e arrivando l’arcivescovo ci ha chiesto di andare ad una città chiamata Bor, la guerra civile era iniziata da 5 settimane all’epoca ed era molto feroce.

Quando siamo arrivati a Bor all’aeroporto c’erano i primi corpi al cancello, c’erano all’epoca 5.000 cadaveri non seppelliti a Bor, c’erano le Nazioni Unite, siamo andati alla cattedrale dove tutti i preti erano stati uccisi e le mogli violentate e uccise. Era una situazione orribile.

Tornando a casa sia io che mia moglie abbiamo sentito una profonda chiamata a vedere cosa potevamo fare per sostenere la gente del Sud Sudan e da allora in uno degli incontri regolari che ho il privilegio di avere con papa Francesco abbiamo parlato molto di Sud Sudan e abbiamo sviluppato l’idea di un ritiro in Vaticano”.

Ed ha precisato che tale idea è sorta nel 2019: “Il momento cruciale (high point) dell’incontro del 2019 è stato ovviamente l’indimenticabile gesto del Papa che si è inginocchiato ed ha baciato i piedi dei leader per implorare la pace, ed hanno provato a fermarlo. E’ stato un momento estremamente notevole. Abbiamo avuto discussioni dure, ma alla si sono impegnati a rinnovare l’accordo di pace e penso che il momento del Papa sia stato il momento chiave, il punto di svolta.

Ma come dice un allenatore, sei bravo fino alla prossima partita. E il covid ha rinviato la partita successiva. Penso che il risultato sia stato la perdita dello slancio (momentum). Quando siamo venuti a questa visita i team continuavano a lavorare ma avevano meno fiducia che nel 2019.

Ma ho finito questa visita con un profondo sentimento di incoraggiamento, non tanto perché ci sia stata una svolta (breaktrhough) ma perché c’è stato il sentimento, come ha avuto a dire il papa, di cuore che parla al cuore.

Non è a livello intellettuale che ci sono stati contatti nei vari incontri, il cuore ha parlato al cuore. E c’è uno slancio a livello medio e nella base e quel di cui ora abbiamo bisogno è un serio cambiamento del cuore da parte della leadership”.

E le domande si sono concentrate sulla situazione africana: “Il tema della violenza è un tema quotidiano. Lo abbiamo appena visto in Sud Sudan. E’ doloroso vedere come si provoca la violenza. Uno dei punti è la vendita delle armi. Anche l’arcivescovo Welby ha detto qualcosa su questo.

La vendita delle armi: credo che nel mondo questa è la peste più grande. L’affare… la vendita delle armi. Qualcuno che ci capisce mi diceva che senza vendere armi per un anno finirebbe la fame nel mondo. Non so se è vero. Ma oggi al top è la vendita delle armi. E non solo tra le grandi potenze”.

Però non lesina nemmeno ‘critiche’ alle tribù: “Ma è anche vero che si provoca la lotta fra le tribù con la vendita delle armi e poi si sfrutta la guerra di ambedue le tribù. Questo è diabolico. Non mi viene un’altra parola. Questo è distruggere: distruggere il creato, distruggere la persona, distruggere la società.

Non so se anche in Sud Sudan succede ma in alcuni Paesi sì succede: i ragazzini sono reclutati per fare parte della milizia e combattere con altri ragazzini. Riassumendo, credo che il problema più grave è l’ansia di prendere la ricchezza di quel Paese (coltan, litio…) e tramite la guerra, per la quale vendono le armi, sfruttano anche i bambini”.

E non poteva mancare una domanda sulla guerra in Ucraina: “Io sono aperto a incontrare entrambi i presidenti, quello dell’Ucraina e quello della Russia, sono aperto per l’incontro. Se io non sono andato a Kiyv è perché non era possibile in quel momento andare a Mosca, ma ero in dialogo, anzi il secondo giorno della guerra sono andato all’ambasciata russa a dire che volevo andare a Mosca a parlare con Putin, a patto che ci fosse una piccola finestrina per negoziare.

Poi il ministro Lavrov mi ha risposto che valutava bene questo ma ‘vediamo più avanti’. Quel gesto è un gesto che ho pensato, che ‘lo faccio per lui’. Ma il gesto dell’incontro 2019 non so come è successo, non è stato pensato e le cose che non sono state pensate tu non puoi ripeterle, è lo Spirito che ti porta lì, non si può spiegare, punto. E io anche l’ho dimenticato”.

Ed ha invitato a non dimenticare le altre guerre nel mondo: “Oggi siamo a questo punto, ma non è l’unica guerra, io vorrei fare giustizia: da dodici-tredici anni la Siria è in guerra, da più di dieci anni lo Yemen è in guerra; pensa al Myanmar, alla povera gente Rohingya che gira il mondo perché sono stati cacciati via dalla propria patria.

Dappertutto, nell’America Latina, quanti focolai di guerra ci sono! Sì, ci sono guerre più importanti per il rumore che fanno, ma, non so, tutto il mondo è in guerra, e in autodistruzione. Dobbiamo pensare seriamente: è in autodistruzione”.

Quello del papa è un appello a fermare l’escalation bellica: “Fermiamoci in tempo, perché una bomba ti richiama una più grande e una più grande e nell’escalation tu non sai dove finirai. La testa fredda bisogna (avere).

Poi sia Sua Grazia che Mons. Greenshields hanno parlato delle donne, ma le donne, le ho viste nel Sud Sudan: portano avanti i figli, delle volte rimangono sole, ma hanno la forza di creare un Paese, le donne sono brave. Gli uomini vanno alla lotta, vanno alla guerra, e queste signore con due, tre, quattro, cinque bambini vanno avanti, le ho viste in Sud Sudan”.

E le donne sono importanti: “E, parlando di donne, vorrei direi una parola alle suore, le suore che si immischiano, ne ho viste alcune qui in Sud Sudan, e poi nella messa di oggi avete sentito il nome di tante suore che sono state uccise… Torniamo alla forza della donna, dobbiamo prenderla sul serio e non usarla come pubblicità del maquillage: per favore, questo è un insulto alla donna, la donna è per le cose più grandi!”

(Foto: Santa Sede)

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