Papa Francesco: la pace si costruisce con impegno

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La giornata del pellegrinaggio in Sud Sudan di papa Francesco si è conclusa con la preghiera ecumenica per la pace alla presenza di 50.000 persone, chiedendo di far passare il messaggio della pace nella società con una riflessione su tre verbi:

“Da questa terra amata e martoriata si sono appena levate al Cielo tante preghiere: voci diverse si sono unite, formando una sola voce. Insieme, come Popolo santo di Dio, abbiamo pregato per questo popolo ferito. In quanto cristiani, pregare è la prima e più importante cosa che siamo chiamati a fare per poter bene operare e avere la forza di camminare. Pregare, operare e camminare: riflettiamo su questi tre verbi”.

Innanzitutto ha sottolineato la necessità di pregare Gesù: “Il grande impegno delle comunità cristiane nella promozione umana, nella solidarietà e nella pace sarebbe vano senza la preghiera. Infatti, non possiamo promuovere la pace senza aver prima invocato Gesù, ‘Principe della pace’. Ciò che facciamo per gli altri e condividiamo con gli altri è anzitutto dono gratuito che riceviamo a mani vuote da Lui: è grazia, pura grazia. Siamo cristiani perché gratuitamente amati da Cristo”.

Riprendendo il discorso mattutino sulla figura di Mosè papa Francesco ha sottolineato che la sua ‘fede’ si fondava sulla preghiera: “Ora mi chiedo: da dove veniva a Mosè una simile certezza, mentre il suo popolo continuava a lamentarsi impaurito?

Questa forza gli veniva dall’ascolto del Signore, che gli aveva promesso di manifestare la sua gloria. L’unione con Lui, la fiducia in Lui coltivata nella preghiera, era il segreto con il quale Mosè ha potuto accompagnare il popolo dall’oppressione alla libertà”.

La preghiera annuncia la salvezza: “Di più, la preghiera attira la salvezza di Dio sul popolo. La preghiera di intercessione, che caratterizzò la vita di Mosè, è quella a cui siamo tenuti soprattutto noi, Pastori del Popolo santo di Dio. Affinché il Signore della pace intervenga laddove gli uomini non riescono a costruirla, occorre la preghiera: una tenace, costante preghiera di intercessione…

Nelle nostre parrocchie, chiese, assemblee di culto e di lode preghiamo assidui e concordi perché il Sud Sudan, come il popolo di Dio nella Scrittura, ‘raggiunga la terra promessa’: disponga serenamente ed equamente della terra fertile e ricca che possiede e sia colmato di quella pace promessa ma purtroppo ancora non giunta”.

La preghiera invita all’operosità, perché Cristo ‘è la nostra pace’: “Ecco la pace di Dio: non solo una tregua tra i conflitti, ma una comunione fraterna, che viene dal congiungere, non dall’assorbire; dal perdonare, non dal sovrastare; dal riconciliarsi, non dall’imporsi.

Talmente grande è il desiderio di pace del Cielo, che fu annunciato già al momento della nascita di Cristo: ‘sulla terra, pace agli uomini, che egli ama’. E tanta fu l’angoscia di Gesù per il rifiuto di questo dono che veniva a portare, che Egli pianse su Gerusalemme”.

Ed il cristiano è chiamato ad una scelta: “Carissimi, chi si dice cristiano deve scegliere da che parte stare. Chi segue Cristo sceglie la pace, sempre; chi scatena guerra e violenza tradisce il Signore e rinnega il suo Vangelo. Lo stile che Gesù ci insegna è chiaro: amare tutti, in quanto tutti sono amati come figli dal Padre comune che è nei cieli.

L’amore del cristiano non è solo per i vicini, ma per ognuno, perché ciascuno in Gesù è nostro prossimo, fratello e sorella, persino il nemico; a maggior ragione quanti appartengono al nostro stesso popolo, anche se di etnia diversa”.

Ecco la necessità di camminare insieme: “Qui, lungo i decenni, le comunità cristiane si sono fortemente impegnate nel promuovere percorsi di riconciliazione. Io vorrei ringraziarvi per questa luminosa testimonianza di fede, nata dal riconoscere non solo a parole, ma nei fatti, che prima delle divisioni storiche c’è una realtà immutabile: siamo cristiani, siamo di Cristo. E’ bello che, in mezzo a tanta conflittualità, l’appartenenza cristiana non abbia mai disgregato la popolazione, ma è stata, ed è tuttora, fattore di unità”.

E’ un invito a conservare l’unità ecumenica: “L’eredità ecumenica del Sud Sudan è un tesoro prezioso, una lode al nome di Gesù, un atto di amore alla Chiesa sua sposa, un esempio universale per il cammino di unità dei cristiani.

E’ un’eredità che va custodita nel medesimo spirito: le divisioni ecclesiali dei secoli passati non si ripercuotano su chi viene evangelizzato, ma la semina del Vangelo contribuisca a diffondere una maggiore unità.

Il tribalismo e la faziosità che alimentano le violenze nel Paese non intacchino i rapporti interconfessionali; al contrario, la testimonianza di unità dei credenti si riversi sul popolo”.

Ha terminato la preghiera ecumenica con due ‘parole-chiave’, di cui la prima è la ‘memoria’:  “Memoria: i passi che fate ricalcano le orme dei predecessori.

Non abbiate timore di non esserne all’altezza, sentitevi invece sospinti da chi vi ha preparato la strada: come in una staffetta, raccoglietene il testimone per affrettare il raggiungimento del traguardo di una comunione piena e visibile”.

L’altra parola riguarda l’ ‘impegno’: “E poi impegno: si cammina verso l’unità quando l’amore è concreto, quando insieme si soccorre chi sta ai margini, chi è ferito e scartato.

Voi già lo fate in tanti campi, penso in particolare a quelli della sanità, dell’istruzione, della carità: quanti aiuti urgenti e indispensabili portate alla popolazione! Grazie per questo”.

(Foto: Santa Sede)

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