Papa Francesco tra gli sfollati ha chiesto la fine della guerra

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Papa Francesco, insieme all’arcivescovo di Canterbury ed al moderatore dell’assemblea generale della Chiesa di Scozia,  a Juba incontra gli sfollati interni alla ‘Freedom Hall’, l’edificio costruito nel 2011 dopo l’indipendenza del Paese, sala riunioni dall’Assemblea Legislativa Nazionale di Transizione, ascoltando alcune testimonianze, come quella del sedicenne Joseph Lat Gatmai, che è un cristiano della Chiesa presbiteriana dell’Alto Nilo nord occidentale:

“Sono entrato nel campo PoC all’età di otto anni, dove sono cresciuto. La mia vita nel campo non è piacevole e mi preoccupo di come sarà in futuro, anche quella degli altri bambini. In questi anni, io e i miei genitori, così come altre famiglie sfollate, siamo sopravvissuti grazie agli aiuti umanitari. Se ci fosse stata la pace, sarei rimasto nella mia casa d’origine, avrei vissuto una vita migliore e mi sarei goduto l’infanzia”.

Oppure quella di Nyakuor Rebecca, che ha ringraziato il papa per la visita: “A noi, bambini del Sud Sudan, piace molto ballare e cantare. E’ così che lodiamo Dio che è sempre con noi. Continua ad insegnarci a essere amici di Gesù e continua a parlare al nostro popolo affinché possiamo convivere tutti in pace.

Nel nome di Gesù, voglio chiederLe di darci una benedizione speciale per tutti i bambini del Sud Sudan, per poter crescere insieme in pace ed amore. Grazie di essere un grande messaggero di Dio. Non dimenticheremo mai questo giorno”.

Invece Johnson Juma Ale ha raccontato la ‘vita’ nel ‘campo’: “Frequento la terza elementare. Vivo nel PoC con mia madre e mio padre. Non hanno lavoro, ma uno dei miei zii manda loro degli aiuti da Juba. Quando mi manda un po’ di soldi, posso comprare dei vestiti.

Sono arrivato nel PoC nel 2014 a causa delle distruzioni verificatesi nella città di Malakal. La pace è un bene, i problemi no. Vogliamo la pace perché le persone possano tornare nella città di Malakal, nelle proprie case. La vita nel PoC non è buona perché l’area è piccola e affollata. Non c’è abbastanza spazio per giocare a calcio. Molti bambini non vanno a scuola perché non ci sono abbastanza insegnanti e scuole per tutti”.

Mentre nelle preghiere iniziali  il reverendo Iain Greenshields ha pregato affinchè la verità renda liberi: “Possa la Sua verità permeare tutti i nostri cuori. Che la Sua sapienza, la sua grazia e la sua pace possano fluire nel cuore e nella mente di tutti coloro che sono di passaggio in questo luogo. Aiutaci tutti, con la tua grazia, a trovare la via di casa ad essere in pace gli uni con gli altri; a vivere senza paura;  a conoscere il Vangelo del nostro Signore Gesù Cristo”.

Anche Justin Welby, arcivescovo di Canterbury, ha pregato affinchè ci sia la protezione di Dio in chi abita nel ‘campo’: “Padre Amorevole, accogli i tuoi figli. Accogli tra le tue braccia questi giovani. Restino accanto a te e da te siano consolati. Possono conoscere il Tuo Regno, nonostante le sofferenze di questo mondo. Siano loro a prenderci per mano e a condurci verso la Tua gloria. Concedi ai Tuoi figli la forza e la protezione della Tua presenza…

Spirito Santo, che porti la vita nei luoghi delle tenebre, l’amore nei cuori carichi di odio, la speranza in un mondo di paura e disperazione. Rimani oggi nei nostri cuori, trasforma le nostre vite affinché possiamo trasformare il nostro mondo. Il tuo fuoco bruci tutto l’odio e l’amarezza, la paura e l’inimicizia and ci infiammi con il tuo amore, la tua giustizia e la tua pace”.

Infine papa Francesco ha ripetuto la richiesta della fine del conflitto: “Rinnovo perciò con tutte le forze il più accorato appello a far cessare ogni conflitto, a riprendere seriamente il processo di pace perché abbiano fine le violenze e la gente possa tornare a vivere in modo degno. Solo con la pace, la stabilità e la giustizia potranno esserci sviluppo e reintegrazione sociale.

Ma non si può più attendere: un numero enorme di bambini nati in questi anni ha conosciuto soltanto la realtà dei campi per sfollati, dimenticando l’aria di casa, perdendo il legame con la propria terra di origine, con le radici, con le tradizioni”.

Infatti per il papa l futuro non può essere in questi ‘campi’: “C’è bisogno di crescere come società aperta, mischiandosi, formando un unico popolo attraverso le sfide dell’integrazione, anche imparando le lingue parlate in tutto il Paese e non solo nella propria etnia.

C’è bisogno di abbracciare il rischio stupendo di conoscere e accogliere chi è diverso, per ritrovare la bellezza di una fraternità riconciliata e sperimentare l’avventura impagabile di costruire liberamente il proprio avvenire insieme a quello dell’intera comunità.

E c’è assoluto bisogno di evitare la marginalizzazione dei gruppi e la ghettizzazione degli esseri umani. Ma per tutti questi bisogni c’è bisogno di pace. E dell’aiuto di tanti, di tutti”.

Ed a loro ha detto che sono il ‘seme di un nuovo’ Sud Sudan: “Siete voi, di tutte le diverse etnie, voi che avete patito e state soffrendo, ma che non volete rispondere al male con altro male. Voi, che fin d’ora scegliete la fraternità e il perdono, state coltivando un domani migliore.

Un domani che nasce oggi, lì dove siete, dalla capacità di collaborare, di tessere trame di comunione e percorsi di riconciliazione con chi, diverso da voi per etnia e provenienza, vi vive accanto. Siate semi di speranza, nei quali già s’intravede l’albero che un giorno, speriamo vicino, porterà frutto”.

Ricordando un libro di mons. Carlassare ha invitato i giovani a raccontare storie di fraternità: “In Sud Sudan i giovani crescono facendo tesoro dei racconti degli anziani e, se la narrativa di questi anni è stata caratterizzata dalla violenza, è possibile, anzi, è necessario inaugurarne, a partire da voi, una nuova: una nuova narrativa dell’incontro, dove quanto si è patito non sia dimenticato, ma venga abitato dalla luce della fraternità; una narrativa che metta al centro non solo la tragicità della cronaca, ma il desiderio ardente della pace.

Siate voi, giovani di etnie diverse, le prime pagine di questa narrativa! Se i conflitti, le violenze e gli odi hanno strappato via dai buoni ricordi le prime pagine di vita di questa Repubblica, siate voi a riscriverne la storia di pace! Io vi ringrazio per la vostra forza d’animo e per tutti i vostri gesti di bene, che sono tanto graditi a Dio e rendono prezioso ogni giorno che vivete”.

Concludendo ha invitato la popolazione a contribuire allo sviluppo del Paese: “In conclusione, desidero rivolgere un pensiero ai tanti rifugiati sud sudanesi che stanno fuori dal Paese e a quanti non possono rientrare perché il loro territorio è stato occupato. Sono loro vicino e auspico che possano tornare a essere protagonisti del futuro della loro terra, contribuendo al suo sviluppo in modo costruttivo e pacifico”.

(Foto: Santa Sede)

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