Papa Francesco in Sud Sudan per un cammino di pace

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Papa Francesco, giunto nel Sud Sudan insieme all’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, ed il moderatore della Chiesa di Scozia, Iain Greenshields, ha incontrato le autorità civili e diplomatiche, chiedendo esplicitamente concrete azioni di pace:

“Vengo come pellegrino di riconciliazione, con il sogno di accompagnarvi nel vostro cammino di pace, un cammino tortuoso ma non più rimandabile. Non sono giunto qui da solo, perché nella pace, come nella vita, si cammina insieme. Eccomi dunque a voi con due fratelli, l’Arcivescovo di Canterbury e il Moderatore dell’Assemblea generale della Chiesa di Scozia, che ringrazio per quanto ci diranno. Insieme, tendendovi la mano, ci presentiamo a voi e a questo popolo nel nome di Gesù Cristo, Principe della pace”.

Infatti tale pellegrinaggio ha uno scopo ben preciso: “Abbiamo infatti intrapreso questo pellegrinaggio ecumenico di pace dopo aver ascoltato il grido di un intero popolo che, con grande dignità, piange per la violenza che soffre, per la perenne mancanza di sicurezza, per la povertà che lo colpisce e per i disastri naturali che infieriscono.

Anni di guerre e conflitti non sembrano conoscere fine e pure recentemente si sono verificati aspri scontri, mentre i processi di riconciliazione sembrano paralizzati e le promesse di pace restano incompiute. Questa estenuante sofferenza non sia vana; la pazienza e i sacrifici del popolo sud sudanese, di questa gente giovane, umile e coraggiosa, interpellino tutti e, come semi che nella terra danno vita alla pianta, vedano sbocciare germogli di pace che portino frutto”.

E’ un caloroso invito alle autorità a ‘rigenerare le sorgenti’ della convivenza civile: “Voi siete chiamati a rigenerare la vita sociale, come fonti limpide di prosperità e di pace, perché di questo hanno bisogno i figli del Sud Sudan: di padri, non di padroni; di passi stabili di sviluppo, non di continue cadute. Gli anni successivi alla nascita del Paese, segnati da un’infanzia ferita, lascino il posto a una crescita pacifica”.

Ricordando l’incontro di Roma il papa ha ‘gridato’ di fermare la violenza: “Basta distruzione, è l’ora della costruzione! Si getti alle spalle il tempo della guerra e sorga un tempo di pace! Torniamo alle sorgenti del fiume, all’acqua che simboleggia la vita. Alle fonti di questo Paese c’è un’altra parola, che designa il corso intrapreso dal popolo sud sudanese il 9 luglio 2011: Repubblica.

Ma che cosa vuol dire essere una res publica? Significa riconoscersi come realtà pubblica, affermare, cioè, che lo Stato è di tutti; e dunque che chi, al suo interno, ricopre responsabilità maggiori, presiedendolo e governandolo, non può che porsi al servizio del bene comune”.

 Fondamentale per la vita civile è lo sviluppo democratico: “Esso tutela la benefica distinzione dei poteri, così che, ad esempio, chi amministra la giustizia possa esercitarla senza condizionamenti da parte di chi legifera o governa.

La democrazia presuppone, inoltre, il rispetto dei diritti umani, custoditi dalla legge e dalla sua applicazione, e in particolare la libertà di esprimere le proprie idee. Occorre infatti ricordare che senza giustizia non c’è pace, ma anche che senza libertà non c’è giustizia”.

Ha chiesto chiaramente che si cambi direzione: “E’ tempo di voltare pagina, è il tempo dell’impegno per una trasformazione urgente e necessaria. Il processo di pace e di riconciliazione domanda un nuovo sussulto. Ci si intenda e si porti avanti l’Accordo di pace, come anche la Road Map! In un mondo segnato da divisioni e conflitti, questo Paese ospita un pellegrinaggio ecumenico di pace, che costituisce una rarità;

rappresenti un cambio di passo, l’occasione, per il Sud Sudan, di ricominciare a navigare in acque tranquille, riprendendo il dialogo, senza doppiezze e opportunismi. Sia per tutti un’occasione per rilanciare la speranza: ciascun cittadino possa comprendere che non è più tempo di lasciarsi trasportare dalle acque malsane dell’odio, del tribalismo, del regionalismo e delle differenze etniche; è tempo di navigare insieme verso il futuro!”

E sempre con l’esempio del fiume Nilo papa Francesco ha chiesto che si lavori per una convivenza civile: “Affinché le acque di vita non si tramutino in pericoli di morte è fondamentale dotare un fiume di argini adeguati. Vale lo stesso per la convivenza umana.

Anzitutto va arginato l’arrivo di armi che, nonostante i divieti, continuano a giungere in tanti Paesi della zona e anche in Sud Sudan: qui c’è bisogno di molte cose, ma non certo di ulteriori strumenti di morte.

Altri argini sono imprescindibili per garantire il corso della vita sociale: mi riferisco allo sviluppo di adeguate politiche sanitarie, al bisogno di infrastrutture vitali e, in modo speciale, al ruolo primario dell’alfabetismo e dell’istruzione, unica via perché i figli di questa terra prendano in mano il loro futuro.

Essi, come tutti i bambini di questo Continente e del mondo, hanno il diritto di crescere tenendo in mano quaderni e giocattoli, non strumenti di lavoro e armi”.

Ed ha concluso il saluto con l’appello fatto nel 1993 da san Giovanni Paolo II: “Sono convinto che, per apportare proficui contributi, sia indispensabile la reale comprensione delle dinamiche e dei problemi sociali. Non basta osservarli e denunciarli dall’esterno; occorre coinvolgersi, con pazienza e determinazione e, più in generale, resistere alla tentazione di imporre modelli prestabiliti ma estranei alla realtà locale. Come disse San Giovanni Paolo II trent’anni fa in Sudan: devono essere trovate delle soluzioni africane ai problemi africani”.

Anche l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, ha ricordato il motivo del pellegrinaggio: “Veniamo per incoraggiare la Chiesa a ricordare il significativo impegno svolto nel costruire la pace e nel riunire le persone. Veniamo ad ascoltare i giovani ed a raccontare ai Capi di Governo le loro speranze di pace e di opportunità. Veniamo per onorare le donne che hanno conosciuto una sofferenza così terribile e che tuttavia sono state il segno della rinascita…

Quando ripenso gli impegni presi nel 2019, mi rattrista vedere e sentire tutto ciò. Volevamo di più.  Voi avete offerto di più. Il popolo del Sud Sudan è amato da Dio. Le vostre storie sono conosciute da Dio.

Le vostre preghiere sono ascoltate da Dio. Insieme, pregheremo per la pace del Signore, testimonieremo il Cristo che è morto perché noi fossimo salvati, e invocheremo lo Spirito Santo affinché entri nei nostri cuori e in quelli di coloro che hanno grandi responsabilità, in modo che la parola di Gesù Cristo possa essere accolta: “perché tutti siano una sola cosa”.

(Foto: Santa Sede)

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