Papa Francesco ai giovani congolesi: con la mano cambiate la storia del Paese

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Nel penultimo giorno di visita apostolica nella Repubblica democratica del Congo papa Francesco ha incontrato nello Stadio dei Martiri di Pentecoste, che prende il nome da quattro politici (Jerome Anany, Emmanuel Bamba, Alexander Mahamba e Evariste Kimba), che furono impiccati il 1° giugno 1966, perché accusati di cospirazione contro il dittatore Mobutu a Lingwala, i giovani ed i catechisti, esortandoli ad essere linfa vitale per il Paese.

E dopo l’indirizzo di benvenuto del presidente della Commissione Episcopale per i Laici, mons. Timothée Bodika Mansiyai, che ha raccontato le difficoltà dei giovani in Congo, seguita dalle testimonianze di un giovane, di un catechista e l’esecuzione di un ballo tradizionale, il papa ha chiesto ai giovani di guardare le proprie mani:

“Ora vorrei chiedervi, per alcuni momenti, di non guardare me, ma proprio le vostre mani. Aprite i palmi delle mani, fissateli con gli occhi. Amici, Dio ha messo nelle vostre mani il dono della vita, l’avvenire della società e di questo grande Paese. Fratello, sorella, le tue mani ti sembrano piccole e deboli, vuote e inadatte per compiti così grandi?

Vorrei farti notare una cosa: tutte le mani sono simili, ma nessuna è uguale all’altra; nessuno ha mani uguali alle tue, perciò tu sei una ricchezza unica, irripetibile e incomparabile. Nessuno nella storia può sostituirti. Chiediti allora: a che cosa servono queste mie mani? A costruire o a distruggere, a donare o ad accaparrare, ad amare o ad odiare?”.

Tali domande sono state occasioni per spiegare quale scelta attuare nella quotidianità: “Vedi, puoi stringere la mano e chiuderla, diventa un pugno; oppure puoi aprirla e metterla a disposizione di Dio e degli altri. Sta qui la scelta fondamentale, fin dai tempi antichi, fin da Abele, che offrì con generosità i frutti del suo lavoro, mentre Caino ‘alzò la mano contro il fratello […] e lo uccise’.

Giovane che sogni un futuro diverso, dalle tue mani nasce il domani, dalle tue mani può venire la pace che manca a questo Paese. Ma come fare concretamente? Vorrei suggerirvi alcuni ‘ingredienti per il futuro’: cinque, che potete associare proprio alle dita di una mano”.

Ed ha suggerito cinque ‘ingredienti per il futuro’, come le dita della mano, iniziando dal pollice: “il dito più vicino al cuore, corrisponde la preghiera, che fa pulsare la vita. Può sembrare una realtà astratta, lontana dalla concretezza dei problemi. Invece la preghiera è il primo ingrediente, quello fondamentale, perché da soli non ce la facciamo.

Non siamo onnipotenti e, quando qualcuno crede di esserlo, fallisce miseramente. E’ come un albero sradicato: anche se grande e robusto, non si regge in piedi da solo. Ecco perché bisogna radicarsi nella preghiera, nell’ascolto della Parola di Dio, che ci permette di crescere ogni giorno in profondità, di portare frutto e di trasformare l’inquinamento che respiriamo in ossigeno vitale. Per farlo, ogni albero ha bisogno di un elemento semplice ed essenziale: l’acqua”.

E’ stata un’esortazione a pregare: “Non rivolgerti a Gesù come a un essere distante e lontano di cui avere paura, ma come al più grande amico, che ha dato la vita per te. Egli ti conosce, crede in te e ti ama, sempre. Guardandolo appeso in croce per salvarti, capisci quanto vali per Lui. E puoi affidargli, gettandole sulla sua croce, le tue croci, i tuoi timori, i tuoi affanni.

Li abbraccerà… Allora, alza ogni giorno le mani a Lui per lodarlo e benedirlo; gridagli le speranze del tuo cuore, confidagli i segreti più intimi della vita: la persona che ami, le ferite che porti dentro, i sogni che hai nel cuore.

Raccontagli del tuo quartiere, dei vicini, degli insegnanti, dei compagni, degli amici e dei colleghi; del tuo Paese. Dio ama questa preghiera viva, concreta, fatta col cuore. Gli permette di intervenire, di entrare nelle pieghe della vita in un modo speciale”.

Dopo il pollice arriva l’indice: “Con esso indichiamo qualcosa agli altri. Gli altri, la comunità, ecco il secondo ingrediente. Amici, non lasciate che la vostra gioventù sia rovinata dalla solitudine e dalla chiusura. Pensatevi sempre insieme e sarete felici, perché la comunità è la via per stare bene con sé stessi, per essere fedeli alla propria chiamata. Invece, le scelte individualiste all’inizio sembrano allettanti, ma poi lasciano solo un grande vuoto dentro”.

E’ un invito ad essere comunità: “E guardatevi dalla tentazione di puntare il dito contro qualcuno, di escludere qualcuno l’altro perché è di un’origine diversa dalla vostra, dal regionalismo, dal tribalismo, che sembrano rafforzarvi nel vostro gruppo e invece rappresentano la negazione della comunità…

Certo, è più facile condannare qualcuno che capirlo; ma la via che Dio indica per costruire un mondo migliore passa dall’altro, dall’insieme, dalla comunità. È fare Chiesa, allargare gli orizzonti, vedere in ognuno il proprio prossimo, prendersi cura dell’altro. Vedi qualcuno solo, sofferente, trascurato? Avvicinalo. Non per fargli vedere quanto sei bravo, ma per donargli il tuo sorriso e offrirgli la tua amicizia”.

Eppoi li ha invitati a prendersi per mano: “Sentitevi un’unica Chiesa, un unico Popolo. Senti che il tuo bene dipende da quello dell’altro, che viene moltiplicato dall’insieme. Sentiti custodito dal fratello e dalla sorella, da qualcuno che ti accetta così come sei e vuole prendersi cura di te.

E sentiti responsabile per gli altri, parte viva di una grande rete di fraternità dove ci si sostiene a vicenda e tu sei indispensabile. Sì, sei indispensabile e responsabile per la tua Chiesa e per il tuo Paese; appartieni a una storia più grande, che ti chiama a essere protagonista: creatore di comunione, campione di fraternità, indomito sognatore di un mondo più unito”.

Ed ecco arrivati al dito medio: “Preghiera, comunità; arriviamo al dito centrale, che si eleva al di sopra degli altri quasi a ricordarci qualcosa di imprescindibile. È l’ingrediente fondamentale per un futuro che sia all’altezza delle vostre aspettative. E’ l’onestà! Essere cristiani è testimoniare Cristo.

Ora, il primo modo per farlo è vivere rettamente, come Lui vuole. Ciò significa non lasciarsi imbrigliare nei lacci della corruzione. Il cristiano non può che essere onesto, altrimenti tradisce la sua identità. Senza onestà non siamo discepoli e testimoni di Gesù; siamo pagani, idolatri che adorano il proprio io anziché Dio, che si servono degli altri anziché servire gli altri”.

L’appello del papa è un invito a scegliere ed ad indignarsi attraverso l’esempio di un ragazzo come loro: “Mi viene in mente la testimonianza di un giovane come voi, Floribert Bwana Chui: quindici anni fa, a soli ventisei anni, venne ucciso a Goma per aver bloccato il passaggio di generi alimentari deteriorati, che avrebbero danneggiato la salute della gente.

Poteva lasciare andare, non lo avrebbero scoperto e ci avrebbe pure guadagnato. Ma, in quanto cristiano, pregò, pensò agli altri e scelse di essere onesto, dicendo no alla sporcizia della corruzione.

Questo è mantenere le mani pulite, mentre le mani che trafficano soldi si sporcano di sangue. Se qualcuno ti allungherà una busta, ti prometterà favori e ricchezze, non cadere nella trappola, non farti ingannare, non lasciarti inghiottire dalla palude del male”.

Dopo il medio arriva l’anulare: “Lì si mettono le fedi nuziali. Ma, se ci pensate, l’anulare è anche il dito più debole, quello che fa più fatica ad alzarsi. Ci ricorda che i grandi traguardi della vita, l’amore anzitutto, passano attraverso fragilità, fatiche e difficoltà.

Vanno abitate, affrontate con pazienza e fiducia, senza caricarsi di problemi inutili, come ad esempio trasformare il valore simbolico della dote in un valore quasi di mercato. Ma, nelle nostre fragilità, nelle crisi qual è la forza che ci fa andare avanti? Il perdono.

Perché perdonare vuol dire saper ricominciare. Perdonare non significa dimenticare il passato, ma non rassegnarsi al fatto che si ripeta. È cambiare il corso della storia. E’ rialzare chi è caduto. E’ accettare l’idea che nessuno è perfetto e che non solo io, ma tutti quanti, hanno il diritto di poter ripartire”.

Ed anche a questo dito collega un santo: “Penso al beato Isidoro Bakanja, un vostro fratello che fu torturato a lungo perché non aveva rinunciato a testimoniare la sua pietà e aveva proposto il cristianesimo ad altri giovani. Non cedette mai a sentimenti di odio e nel dare la vita perdonò il suo carnefice. Chi perdona porta Gesù anche dove non viene accolto, immette amore dove l’amore è rifiutato. Chi perdona costruisce il futuro. Ma come diventare capaci di perdono? Lasciandoci perdonare da Dio”.

Ed infine c’è il mignolo: “Siamo all’ultimo dito, il più piccolo. Tu potresti dire: sono poca cosa e il bene che posso fare è una goccia nel mare. Ma è proprio la piccolezza, il farsi piccoli che attira Dio. C’è una parola chiave in questo senso: servizio. Chi serve si fa piccolo.

Come un minuscolo seme, sembra sparire nella terra e invece porta frutto. Secondo Gesù il servizio è il potere che trasforma il mondo… Servire non è restare con le mani in mano, è mobilitarsi. Tanti si mobilitano perché calamitati dai propri interessi; voi non abbiate paura a mobilitarvi nel bene, a investire nel bene, nell’annuncio del Vangelo, preparandovi in modo appassionato e adeguato, dando vita a progetti organizzati, di lungo respiro”.

E’ un invito a non scoraggiarsi ed a cambiare la storia del Paese: “Nella vita, come nella circolazione stradale, è spesso il disordine a creare ingorghi e blocchi inutili, che fanno sprecare tempo ed energie, e alimentano la rabbia. Ci fa bene, invece, anche nella confusione, dare al cuore e alla vita punti fermi, direzioni stabili, per avviare un futuro diverso, senza inseguire i venti dell’opportunismo.

Cari amici, giovani e catechisti, vi ringrazio per quello che fate e per quello che siete: per il vostro entusiasmo, la vostra luce e la vostra speranza. Vorrei dirvi un’ultima cosa: non scoraggiatevi mai! Gesù crede in voi e non vi lascia mai soli. La gioia che avete oggi custoditela e non lasciate che si spenga… Uscite insieme dal pessimismo che paralizza.

La Repubblica Democratica del Congo attende dalle vostre mani un futuro diverso, perché il futuro è nelle vostre mani. Il vostro Paese torni a essere, grazie a voi, un giardino fraterno, il cuore di pace e di libertà dell’Africa!”

(Foto: Santa Sede)  

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