Papa Francesco: la pace nasce dal perdono

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Oltre 1.000.000 di persone festosi hanno partecipato alla messa di papa Francesco nella prima giornata in terra congolese secondo la liturgia ‘inculturata’ del Messale Romano per le diocesi dello Zaire. La Chiesa della Repubblica Democratica del Congo è tra le più antiche della regione sub-sahariana, considerato che la sua prima evangelizzazione risale alla fine del XV secolo quando il re del Kongo si fece battezzare e il cristianesimo divenne religione ufficiale. Ed il papa ha raccontato la gioia, quella scaturita dalla Resurrezione, come narra il Vangelo giovanneo:

“In quel clima di gioia e di stupore, il Risorto parla ai suoi. E che cosa dice loro? Anzitutto tre parole: ‘Pace a voi!’ E’ un saluto, ma è più che un saluto: è una consegna. Perché la pace, quella pace annunciata dagli angeli nella notte di Betlemme, quella pace che Gesù ha promesso di lasciare ai suoi, ora, per la prima volta, viene consegnata solennemente ai discepoli.

La pace di Gesù, che viene consegnata anche a noi in ogni Messa, è pasquale: arriva con la risurrezione, perché prima il Signore doveva sconfiggere i nostri nemici, il peccato e la morte, e riconciliare il mondo al Padre; doveva provare la nostra solitudine e il nostro abbandono, i nostri inferi, abbracciare e colmare le distanze che ci separavano dalla vita e dalla speranza. Ora, azzerate le distanze tra Cielo e terra, tra Dio e uomo, la pace di Gesù viene data ai discepoli”.

Il papa ha invitato i fedeli ad ‘interpretare’ le paure degli apostoli dopo la crocifissione di Gesù: “Ebbene, Gesù proclama la pace mentre nel cuore dei discepoli ci sono le macerie, annuncia la vita mentre loro sentono dentro la morte. In altre parole, la pace di Gesù arriva nel momento in cui tutto per loro sembrava finito, nel momento più inatteso e insperato, quando non c’erano spiragli di pace. Così fa il Signore: ci stupisce, ci tende la mano quando stiamo per sprofondare, ci rialza quando tocchiamo il fondo. Fratelli, sorelle, con Gesù il male non ha mai la meglio, non ha mai l’ultima parola”.

Tale Parola di Gesù ancora oggi è viva contro ogni fatalismo: “Allora, noi che siamo di Gesù non possiamo lasciare che in noi prevalga la tristezza, non possiamo permettere che serpeggino rassegnazione e fatalismo. Se intorno a noi si respira questo clima, così non sia per noi: in un mondo scoraggiato per la violenza e la guerra, i cristiani fanno come Gesù. Lui, quasi insistendo, ha ripetuto ai discepoli: ‘Pace, pace a voi!’; e noi siamo chiamati a fare nostro e dire al mondo questo annuncio insperato e profetico del Signore, annuncio di pace”.

E’ Gesù che indica ai discepoli tre ‘sorgenti’ di pace, di cui la prima è il perdono: “Vediamo la prima sorgente: il perdono… Mostra cioè le piaghe, le offre loro, perché il perdono nasce dalle ferite. Nasce quando le ferite subite non lasciano cicatrici d’odio, ma diventano il luogo in cui fare posto agli altri e accoglierne le debolezze. Allora le fragilità diventano opportunità e il perdono diventa la via della pace. Non si tratta di lasciarsi tutto alle spalle come se niente fosse, ma di aprire agli altri il proprio cuore con amore”.

E’ un invito a guardare la misericordia di Dio, senza lasciarsi trasportare dal rancore: “Fratelli, sorelle, quando la colpa e la tristezza ci opprimono, quando le cose non vanno, sappiamo dove guardare: alle piaghe di Gesù, pronto a perdonarci con il suo amore ferito e infinito. Lui conosce le tue ferite, conosce le ferite del tuo Paese, del tuo popolo, della tua terra!

Sono ferite che bruciano, continuamente infettate dall’odio e dalla violenza, mentre la medicina della giustizia e il balsamo della speranza sembrano non arrivare mai. Fratello, sorella, Gesù soffre con te, vede le ferite che porti dentro e desidera consolarti e guarirti, porgendoti il suo Cuore ferito”.

In ciò consiste la forza del perdono, che apre alla riappacificazione: “Quanto bene ci fa ripulire il cuore dalla rabbia, dai rimorsi, da ogni rancore e livore! Carissimi, sia oggi il momento di grazia per accogliere e vivere il perdono di Gesù!

Sia il momento giusto per te, che porti un fardello pesante sul cuore e hai bisogno che sia tolto per tornare a respirare. E sia il momento propizio per te, che in questo Paese ti dici cristiano ma commetti violenze; a te il Signore dice: Deponi le armi, abbraccia la misericordia”.

L’invito chiaro è quello di prendere nelle mani il Crocifisso: “Facciamolo, fratelli e sorelle; non abbiate paura di togliere il Crocifisso dal collo e dalle tasche, di prenderlo tra le mani e di portarlo vicino al cuore per condividere le vostre ferite con quelle di Gesù. Tornati a casa, prendete pure il Crocifisso che avete e abbracciatelo.

Diamo a Cristo la possibilità di risanarci il cuore, gettiamo in Lui il passato, ogni paura e affanno. Che bello aprire le porte del cuore e quelle di casa alla sua pace! E perché non scrivere nelle vostre stanze, sui vostri abiti, fuori dalle vostre case, le sue parole: Pace a voi? Mostratele, saranno una profezia per il Paese, la benedizione del Signore su chi incontrate. Pace a voi: lasciamoci perdonare da Dio e perdoniamoci tra di noi!”

La seconda sorgente è la comunità, che è linfa vitale del cristianesimo: “Gesù risorto non si rivolge ai singoli discepoli, ma li incontra insieme: parla loro al plurale e alla prima comunità consegna la sua pace. Non c’è cristianesimo senza comunità, come non c’è pace senza fraternità. Ma come comunità, verso dove camminare, dove andare per trovare la pace?

Guardiamo ancora ai discepoli. Prima di Pasqua andavano dietro a Gesù, ma ragionavano ancora in modo troppo umano: speravano in un Messia conquistatore che avrebbe cacciato i nemici, compiuto prodigi e miracoli, aumentato il loro prestigio e il loro successo. Ma questi desideri mondani li hanno lasciati a mani vuote, anzi hanno tolto pace alla comunità, generando discussioni e opposizioni”.

Lo Spirito Santo che ‘soffia’ unisce: “Grazie allo Spirito Santo non guarderanno più a ciò che li divide, ma a ciò che li unisce; andranno nel mondo non più per sé stessi, ma per gli altri; non per avere visibilità, ma per dare speranza; non a guadagnare consensi, ma a spendere la vita con gioia per il Signore e per gli altri”.

L’invito del papa è quello di condividere la strada con i poveri: “La via è condividere con i poveri: ecco l’antidoto migliore contro la tentazione di dividerci e mondanizzarci. Avere il coraggio di guardare i poveri e ascoltarli, perché sono membri della nostra comunità e non estranei da cancellare dalla vista e dalla coscienza. Aprire il cuore agli altri, invece di chiuderlo sui propri problemi o sulle proprie vanità.

Ripartiamo dai poveri e scopriremo che tutti condividiamo la povertà interiore; che tutti abbiamo bisogno dello Spirito di Dio per liberarci dallo spirito del mondo; che l’umiltà è la grandezza del cristiano e la fraternità la sua vera ricchezza. Crediamo nella comunità e, con l’aiuto di Dio, edifichiamo una Chiesa vuota di spirito mondano e piena di Spirito Santo, libera da ricchezze per sé stessi e colma di amore fraterno!”

Ed infine la terza ‘sorgente’ è la missione: “Ci manda come il Padre ha mandato Lui. E come il Padre lo ha mandato nel mondo? Lo ha inviato a servire e a dare la vita per l’umanità, a manifestare la sua misericordia per ciascuno, a cercare i lontani.

In una parola, lo ha inviato per tutti: non solo per i giusti, ma per tutti. Risuonano ancora, in questo senso, le parole di Isaia: ‘Pace, pace ai lontani e ai vicini – dice il Signore’. Ai lontani, anzitutto, e ai vicini: non solo ai ‘nostri’, ma a tutti”.

E’ un invito ad essere ‘missionari della pace’: “E’ una scelta: è fare posto a tutti nel cuore, è credere che le differenze etniche, regionali, sociali, religiose e culturali vengono dopo e non sono ostacoli; che gli altri sono fratelli e sorelle, membri della stessa comunità umana; che ognuno è destinatario della pace portata nel mondo da Gesù.

E’ credere che noi cristiani siamo chiamati a collaborare con tutti, a spezzare il circolo della violenza, a smontare le trame dell’odio. Sì, i cristiani, mandati da Cristo, sono chiamati per definizione a essere coscienza di pace del mondo: non solo coscienze critiche, ma soprattutto testimoni di amore; non pretendenti dei propri diritti, ma di quelli del Vangelo, che sono la fraternità, l’amore e il perdono; non ricercatori dei propri interessi, ma missionari del folle amore che Dio ha per ciascun essere umano”.

(Foto: Santa Sede)

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