Papa Francesco: Dio invita al cambiamento

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Nella festività di san Paolo papa Francesco ha concluso la settimana di preghiera per l’unità tra i cristiani celebrando i vespri nella basilica a lui dedicata con la parola profetica di Isaia, che invita al cambiamento attraverso un ammonimento di Dio, affinchè non si finisca nella strada della sopraffazione:

“Anzitutto, Egli biasima il fatto che nel suo tempio, nel suo nome, non si compie ciò che Lui vuole: non incenso e offerte, ma che venga soccorso l’oppresso, che sia resa giustizia all’orfano, che sia difesa la causa della vedova”.

E’ una società che nei secoli non è cambiata e per questo è in contrasto con Dio: “Nella società del tempo del profeta, era diffusa la tendenza (purtroppo sempre attuale) di considerare benedetti da Dio i ricchi e coloro che facevano molte offerte, e disprezzare i poveri. Ma questo è fraintendere completamente il Signore. Gesù proclama beati i poveri, e nella parabola del giudizio finale si identifica con gli affamati, gli assetati, i forestieri, i bisognosi, i malati, i carcerati.

Ecco dunque il primo motivo di sdegno: Dio soffre quando noi, che ci diciamo suoi fedeli, anteponiamo la nostra visione alla sua, seguiamo i giudizi della terra anziché quelli del Cielo, accontentandoci di ritualità esteriori e rimanendo indifferenti nei riguardi di coloro ai quali Egli tiene maggiormente. Dio dunque si addolora, potremmo dire, per il nostro fraintendimento indifferente”.

Per questo Dio condanna l’adulazione ‘sacrilega’: “Il Signore è ‘irritato’ per la violenza commessa verso il tempio di Dio che è l’uomo, mentre viene onorato nei templi costruiti dall’uomo! Possiamo immaginare con quanta sofferenza debba assistere a guerre e azioni violente intraprese da chi si professa cristiano.

Viene in mente quell’episodio in cui un santo protestò contro l’efferatezza del re andando da lui in Quaresima a offrirgli della carne; quando il sovrano, in nome della sua religiosità, rifiutò sdegnato, l’uomo di Dio gli chiese perché avesse scrupoli a mangiare carne animale mentre non esitava a mettere a morte dei figli di Dio”.

E’ una condanna esplicita ad una fede usata come violenza; è un invito a cercare la giustizia: “Se vogliamo, sull’esempio dell’Apostolo Paolo, che la grazia di Dio in noi non sia vana, dobbiamo opporci alla guerra, alla violenza, all’ingiustizia ovunque s’insinuano.

Il tema di questa Settimana di preghiera è stato scelto da un gruppo di fedeli del Minnesota, consapevoli delle ingiustizie perpetrate nel passato nei riguardi delle popolazioni indigene e contro gli afroamericani ai nostri giorni.

Di fronte alle varie forme di disprezzo e razzismo, di fronte al fraintendimento indifferente e alla violenza sacrilega, la Parola di Dio ci ammonisce: ‘Imparate a fare il bene, cercate la giustizia’. Non basta infatti denunciare, occorre anche rinunciare al male, passare dal male al bene. Ecco che l’ammonimento è volto al nostro cambiamento”.

Ecco il motivo per cui il profeta Isaia chiede un cambiamento: “Carissimi, dai nostri fraintendimenti su Dio e dalla violenza che cova dentro di noi, non siamo capaci di liberarci da soli. Senza Dio, senza la sua grazia, non guariamo dal nostro peccato. La sua grazia è la sorgente del nostro cambiamento”.

Ma il cambiamento può avvenire con l’aiuto di Dio: “Ce lo ricorda la vita dell’Apostolo Paolo, che commemoriamo oggi. Da soli non ce la facciamo, ma con Dio tutto è possibile; da soli non ce la facciamo, ma insieme è possibile. Insieme, infatti, il Signore chiede ai suoi di convertirsi.

La conversione (questa parola tanto ripetuta e non sempre facile da capire) è chiesta al popolo, ha una dinamica comunitaria, ecclesiale. Crediamo dunque che anche la nostra conversione ecumenica progredisce nella misura in cui ci riconosciamo bisognosi di grazia, bisognosi della stessa misericordia: riconoscendoci tutti dipendenti in tutto da Dio, ci sentiremo e saremo davvero, col suo aiuto, ‘una sola cosa’, fratelli sul serio”.

Ed ha ringraziato i rappresentanti cristiani per la partecipazione ai vespri: “Carissimi, ho voluto condividere in spirito fraterno questi pensieri che la Parola mi ha suscitato perché, da Dio ammoniti, per sua grazia cambiamo e cresciamo nel pregare, nel servire, nel dialogare e nel lavorare insieme verso quella piena unità che Cristo desidera.

Ora vorrei ringraziarvi di cuore: esprimo la mia riconoscenza a Sua Eminenza il Metropolita Polykarpos, Rappresentante del Patriarcato Ecumenico, a Sua Grazia Ian Ernest, Rappresentante personale dell’Arcivescovo di Canterbury a Roma, e ai Rappresentanti delle altre Comunità cristiane presenti. Viva solidarietà esprimo ai membri del Consiglio Panucraino delle Chiese e delle Organizzazioni Religiose.

Saluto gli studenti ortodossi e ortodossi orientali, borsisti del Comitato di Collaborazione Culturale con le Chiese Ortodosse presso il Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, e quelli dell’Istituto Ecumenico di Bossey del Consiglio Ecumenico delle Chiese”.

Un saluto particolare a frère Alois: “Un caro saluto, molto fraterno, anche a Frère Alois e ai fratelli di Taizé, impegnati nella preparazione della Veglia ecumenica di preghiera che precederà l’apertura della prossima sessione del Sinodo dei Vescovi. Tutti insieme camminiamo sulla via che il Signore ci ha posto innanzi, quella dell’unità”.

Al termine della celebrazione il card. Kurt Koch, presidente del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani ha ricordato lo ‘sforzo’ della fede per la pace: “Che la pace sia il frutto della giustizia vale anche per i nostri sforzi ecumenici.

Noi cristiani troveremo la pace tra di noi se non guardiamo solo ai nostri diritti, ma se apprezziamo anche con gratitudine i doni e le ricchezze che lo Spirito Santo ha affidato ad altre Chiese e Comunità, che sono doni e ricchezze per tutti quanti noi. In ciò si riconosce il vero amore ecumenico. L’amore, infatti, concilia molteplicità e unità”.

(Foto: Santa Sede)

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