Il Rettor maggiore dei salesiani invita ad essere lievito

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In occasione della festa di san Giovanni Bosco il rettor maggiore, don Ángel Fernández Artime, ha inviato a tutti i salesiani una ‘strenna’ dal titolo ‘Come lievito nella famiglia umana di oggi’ per riscoprire la propria dimensione laicale, con particolare riguardo per i giovani:

“Per la Famiglia di Don Bosco questo vuole essere un messaggio che vigorosamente la sprona nella riscoperta della sua dimensione laicale. Infatti, è una famiglia dove la maggioranza dei membri è costituita da laici: uomini e donne di numerose nazioni e distribuiti in tutti i continenti. Questa varietà che ci contraddistingue è già in sé un dono ed è una responsabilità che non possiamo eludere.

Essere così ricchi di culture e così capillarmente presenti nel mondo è frutto della storia della missione e del carisma nei quali siamo stati generati e che sono dono dello Spirito. L’essere insieme come popolo di Dio (laós = popolo, da cui laico, cioè membro del popolo) per il bene dei giovani dall’Est all’Ovest del globo, dal Sud al Nord, è in piena sintonia con quanto la Chiesa chiede insistentemente da tempo, ed è ciò di cui il nostro mondo così frammentato ha sempre più bisogno”.

Lo spunto iniziale della lettera è offerto dalla parabola del lievito: “Chi, infatti, ha potuto ascoltare il lievito mentre agisce sulla farina e sulla pasta in cui è stato messo, mentre fa lievitare l’intera massa? Questa immagine permette di comprendere l’azione del Regno di Dio.

Lo stesso apostolo Paolo presenta il Regno a partire richiamando l’essenziale: ‘Il Regno di Dio, infatti, non è cibo o bevanda, ma giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo’. Ebbene, questo è il modo di agire interiormente e invisibilmente dello Spirito; è il lievito messo nel cuore. E come il lievito svolge la sua azione per contatto diretto, così accade per il Vangelo”.

Un po’ di lievito fermenta tutta la pasta: “E’ sorprendente come una porzione di farina raddoppi o triplichi il proprio volume, grazie all’aggiunta di una piccola porzione di lievito. Il Signore dice che il Regno di Dio è come il lievito con cui si fa lievitare la farina impastata con cui si prepara il pane.

Il lievito, come sottolinea Gesù, non l’elemento presente in grande quantità. Al contrario, se ne usa pochissimo. Ma ciò che lo distingue è di essere l’unico ingrediente vivo e, poiché è vivo, ha la forza di influenzare, condizionare e trasformare l’intera pasta”.

Il rettor maggiore si sofferma sulla compiutezza del tempo: “Anche oggi riconosciamo che è tanto il bene che si fa e che cresce a tutte le latitudini, in questo Regno in costruzione. Riconosciamo altresì la presenza di tanto dolore: un’afflizione che spesso è conseguenza diretta del nostro modo di stare e di agire all’interno della famiglia umana.

Siamo chiamati ad aprire i nostri occhi e i nostri cuori al modo di agire di Dio che stabilisce il suo Regno secondo le sue vie. E’ sintonizzandoci con il suo modo di essere e di agire che collaboriamo con Lui, come operai nella sua vigna. Diversamente cessa di essere ‘di Dio’ e diventa soltanto opera nostra”.

E specifica in cosa consiste la missione salesiana: “A volte il nostro contributo umano o il nostro piccolo sforzo possono sembrare insignificanti, ma sono sempre preziosi davanti a Dio. Non dobbiamo e non possiamo misurare l’efficacia o i risultati dei nostri sforzi calcolando quanto investiamo in essi, la fatica che ci richiedono, come se fossero gli unici fattori in gioco, poiché la ragione e il movente di tutto è Dio.

Non perdiamoci in scuse che paralizzano la missione e la costruzione del Regno. Anche per don Bosco l’ottimo poteva essere nemico del bene: non occorre attendere circostanze ideali per muovere un primo passo.

Essere coscienti del nostro limite, liberi da trionfalismi e autoreferenzialità sterili, e allo stesso tempo pieni di fiducia, sicuri che sempre ‘avvi un punto accessibile al bene’: questo è lo stile del Regno vissuto secondo il carisma salesiano”.

Il compito è quello di essere lievito nella società: “Perciò come membri della Famiglia di don Bosco e ispirandoci alla dinamica evangelica del lievito, intendiamo approfondire e riconoscere la ricchezza dell’essere parte di questa Famiglia, umana e salesiana, dove tanti in questa famiglia di Don Bosco sono laici e laiche, e dove come consacrati dobbiamo arricchirci con questa complementarità”.

L’essere laico è una vocazione: “L’essere laico è uno stato di vita, una vocazione che caratterizza in modo così preponderante tutte le presenze nel mondo che in vario modo si identificano o sintonizzano con la Famiglia di Don Bosco.

Riconoscenti e uniti come un’autentica famiglia vogliamo valorizzare al meglio nelle diverse culture e società, il dono della loro vita, la forza della loro fede, la bellezza della loro famiglia, la loro esperienza di vita e di lavoro, il loro talento nell’interpretare e vivere il carisma e la missione di don Bosco per i giovani e il mondo di oggi”.

E’ compito del laico tradurre il messaggio della salvezza in un linguaggio comprensibile: “L’antropologia cristiana deve cercare oggi, come in passato, di tradurre i valori e il messaggio di salvezza trasmessi dal Vangelo nel linguaggio delle diverse società e culture del mondo. Si tratta di armonizzare la legittima autonomia dell’uomo con la validità, l’autenticità e la coerenza della fede cristiana.

Questa è la sfida per il credente, per i fedeli cristiani e per noi nella nostra missione come Famiglia di don Bosco: rispetto per tutti, ma paura e vergogna per la nostra condizione di credenti, ¡mai e con nessuno! La Chiesa, con la voce del Concilio Vaticano II, ci ricorda che è un grave errore separare la vita quotidiana dalla vita di fede”.

Per questo è necessario esercitarsi a compiere il bene senza vanto: “E, come il lievito nella pasta passa quasi del tutto inosservato, così la nostra collaborazione all’edificazione della Chiesa e alla costruzione di una società più umana, più giusta e più conforme alla volontà di Dio, ci chiede di considerare che è più importante fare il bene rispetto al fatto che il bene che viene fatto sia attribuito a noi; la cosa più importante sarà sempre contribuire al bene della società e del mondo, anche ‘senza copyright’, senza confondere l’azione efficace con il protagonismo, riconoscendo anche che il bene fatto dagli altri vale almeno quanto il nostro”.

E’ un invito a leggere la realtà in modo ‘altro’: “Dobbiamo esercitarci a fare una lettura credente della realtà che includa gli altri, promuovendo il dialogo con gli altri, con la cultura, con i media, con gli intellettuali, con chi la pensa diversamente e anche in opposizione a noi. Sono le abitudini virtuose che il nostro modo di stare nel mondo richiede, lo ‘stile cristiano e salesiano’ che possiamo portare alla visione del mondo e delle cose”.

Ed è questo stile che invita alla relazione: “Questo stile ci permetterà di intrecciare relazioni con altre persone consacrate, con altri ministri ordinati, con altri fedeli laici, con altri cristiani e con altri uomini e donne di altre religioni. Sembra che questo sia un buon modo di essere ‘chiamati a contribuire, quasi dall’interno come lievito, alla santificazione del mondo’.

Un modo di fare che ci mette in sintonia con ‘la vocazione universale alla santità nella Chiesa’. E poiché la Chiesa è coinvolta nel mondo nella duplice dimensione trascendente e immanente, ogni cristiano deve essere segno del Regno di Dio già presente nella storia umana. Se la pietà e la devozione, la vita di preghiera e la vita sacramentale sottolineano il profilo trascendente di questa santità, l’impegno sociale a favore della giustizia e della fratellanza umana sottolinea, per noi, la dimensione cristiana immanente”.

E non è mancato un invito ai giovani ad essere lievito: “Queste sfide chiedono che con la vostra vita, la vostra formazione, i vostri studi, il vostro lavoro e la vostra vocazione diciate un sì o un no al vostro impegno per costruire un mondo più giusto e fraterno. Queste sfide vi pongono di fronte al bivio di accettare o rifiutare una vita impegnativa ed entusiasmante in cui mettere tutte le vostre forze ed energie secondo il sogno di Dio per ciascuno di voi…

Mi sembra una proposta preziosa per ogni giovane cristiano e salesiano che voglia essere discepolo missionario del Signore oggi, e anche una sfida e una proposta di tale dignità e portata che, senza alcun pudore, può essere offerta a qualsiasi giovane che voglia vivere in pienezza la propria condizione umana, sia che sia cristiano o che professi altri credi religiosi o che cerchi di vivere di un umanesimo essenziale e autentico, e allo stesso tempo vi porti a vivere fuori dalle ‘zone di comfort’ che, come sirene con i loro canti, possono cullarvi nel sonno”.

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