Papa Francesco invita a parlare con il cuore

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Domenica 21 maggio la Chiesa celebra la 57^ Giornata delle Comunicazioni Sociali e papa Francesco, nel giorno in cui si ricorda san Francesco di Sales, ha scritto un messaggio che invita a ‘parlare con il cuore. Secondo verità nella carità’, frase tratta dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini, sottolineando l’importanza di cercare e proclamare la verità, anche quella scomoda, ma sempre usando la carità:

“Dopo aver riflettuto, negli anni scorsi, sui verbi ‘andare e vedere’ ed ‘ascoltare’ come condizione per una buona comunicazione, vorrei con questo Messaggio per la LVII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali soffermarmi sul ‘parlare con il cuore’. E’ il cuore che ci ha mosso ad andare, vedere e ascoltare ed è il cuore che ci muove a una comunicazione aperta e accogliente.

Dopo esserci allenati nell’ascolto, che richiede attesa e pazienza, nonché la rinuncia ad affermare in modo pregiudiziale il nostro punto di vista, possiamo entrare nella dinamica del dialogo e della condivisione, che è appunto quella del comunicare cordialmente. Una volta ascoltato l’altro con cuore puro, riusciremo anche a parlare seguendo la verità nell’amore”.

Il programma del cristiano, scrive il Papa citando papa Benedetto XVI, ‘è un cuore che vede’: “Non dobbiamo temere di proclamare la verità, anche se a volte scomoda, ma di farlo senza carità, senza cuore. Perché il programma del cristiano, come scrisse papa Benedetto XVI, è ‘un cuore che vede’.

Un cuore che con il suo palpito rivela la verità del nostro essere e che per questo va ascoltato. Questo porta chi ascolta a sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda, al punto da arrivare a sentire nel proprio cuore anche il palpito dell’altro.

Allora può avvenire il miracolo dell’incontro, che ci fa guardare gli uni gli altri con compassione, accogliendo le reciproche fragilità con rispetto, anziché giudicare per sentito dire e seminare discordia e divisioni”.

Ecco il motivo per cui il papa invita a comunicare con cordialità, come indica il Vangelo: “Comunicare cordialmente vuol dire che chi ci legge o ci ascolta viene portato a cogliere la nostra partecipazione alle gioie e alle paure, alle speranze e alle sofferenze delle donne e degli uomini del nostro tempo.

Chi parla così vuole bene all’altro perché lo ha a cuore e ne custodisce la libertà, senza violarla. Possiamo vedere questo stile nel misterioso Viandante che dialoga con i discepoli diretti a Emmaus dopo la tragedia consumatasi sul Golgota.

Ad essi Gesù risorto parla con il cuore, accompagnando con rispetto il cammino del loro dolore, proponendosi e non imponendosi, aprendo loro con amore la mente alla comprensione del senso più profondo dell’accaduto”.

Tale comunicazione è una responsabilità di tutti: “Tutti siamo chiamati a cercare e a dire la verità e a farlo con carità. Noi cristiani, in particolare, siamo continuamente esortati a custodire la lingua dal male, poiché, come insegna la Scrittura, con la stessa possiamo benedire il Signore e maledire gli uomini fatti a somiglianza di Dio”.

Il parlare cordialmente apre il cuore, come è raccontato ne ‘I promessi sposi’: “A volte il parlare amabile apre una breccia perfino nei cuori più induriti. Ne abbiamo traccia anche nella letteratura.

Penso a quella pagina memorabile del cap. XXI dei Promessi Sposi in cui Lucia parla con il cuore all’Innominato sino a che questi, disarmato e tormentato da una benefica crisi interiore, cede alla forza gentile dell’amore.

Ne facciamo esperienza nella convivenza civica dove la gentilezza non è solo questione di ‘galateo’, ma un vero e proprio antidoto alla crudeltà, che purtroppo può avvelenare i cuori e intossicare le relazioni.

Ne abbiamo bisogno nell’ambito dei media, perché la comunicazione non fomenti un livore che esaspera, genera rabbia e porta allo scontro, ma aiuti le persone a riflettere pacatamente, a decifrare, con spirito critico e sempre rispettoso, la realtà in cui vivono”.

Questo nuovo modo di comunicare è stato attuato da san Francesco di Sales: “E’ a partire da questo ‘criterio dell’amore’ che, attraverso i suoi scritti e la sua testimonianza di vita, il santo vescovo di Ginevra ci ricorda che ‘siamo ciò che comunichiamo’…

Francesco di Sales disseminò numerose copie dei suoi scritti nella comunità ginevrina. Tale intuizione ‘giornalistica’ gli valse una fama che superò rapidamente il perimetro della sua diocesi e perdura ancora ai nostri giorni. I suoi scritti, ha osservato san Paolo VI, suscitano una lettura ‘sommamente piacevole, istruttiva, stimolante’”.

E’ anche un invito alla Chiesa a parlare con il ‘cuore’: “Abbiamo un urgente bisogno nella Chiesa di una comunicazione che accenda i cuori, che sia balsamo sulle ferite e faccia luce sul cammino dei fratelli e delle sorelle.

Sogno una comunicazione ecclesiale che sappia lasciarsi guidare dallo Spirito Santo, gentile e al contempo profetica, che sappia trovare nuove forme e modalità per il meraviglioso annuncio che è chiamata a portare nel terzo millennio.

Una comunicazione che metta al centro la relazione con Dio e con il prossimo, specialmente il più bisognoso, e che sappia accendere il fuoco della fede piuttosto che preservare le ceneri di un’identità autoreferenziale. Una comunicazione le cui basi siano l’umiltà nell’ascoltare e la parresia nel parlare, che non separi mai la verità dalla carità”.

Riprendendo l’enciclica ‘Pacem in terris’ di papa san Giovanni XXIII. il papa invita ad essere comunicatori di pace: “Come 60 anni fa, anche ora viviamo un’ora buia nella quale l’umanità teme un’ escalation bellica che va frenata quanto prima anche a livello comunicativo.

Si rimane atterriti nell’ascoltare con quanta facilità vengono pronunciate parole che invocano la distruzione di popoli e territori. Parole che purtroppo si tramutano spesso in azioni belliche di efferata violenza.

Ecco perché va rifiutata ogni retorica bellicistica, così come ogni forma propagandistica che manipola la verità, deturpandola per finalità ideologiche. Va invece promossa, a tutti i livelli, una comunicazione che aiuti a creare le condizioni per risolvere le controversie tra i popoli”.

Infine papa Francesco invita a compiere questo ‘sforzo’ comunicativo di convertire il cuore: “In quanto cristiani, sappiamo che è proprio grazie alla conversione del cuore che si decide il destino della pace, poiché il virus della guerra proviene dall’interno del cuore umano.

Dal cuore scaturiscono le parole giuste per diradare le ombre di un mondo chiuso e diviso ed edificare una civiltà migliore di quella che abbiamo ricevuto.

E’ uno sforzo richiesto a ciascuno di noi, ma che richiama in particolare il senso di responsabilità degli operatori della comunicazione, affinché svolgano la propria professione come una missione”.

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