La storia di Rose Busingye, l’infermiera e la sua passione per Dio

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‘I vostri nomi sono scritti nei cieli. Nel mondo di Rose Busingye’: una biografia unica dedicata alla vita e alla straordinaria attività di Rose Busingye, figura di ispirazione dentro e fuori dal mondo religioso, per raccontare l’eccezionale esperienza di solidarietà e aiuto portata avanti da molti anni in Uganda, nel cuore del continente africano.

Davide Perillo, scrittore e giornalista a lungo direttore della rivista ‘Tracce’, racconta la storia di coraggio, di fede e di servizio che ha portato Rose Busingye a essere un punto di riferimento per tutto il mondo degli aiuti allo sviluppo: infermiera professionista, Rose si è dedicata alla cura di donne, vittime di violenza, ed a pazienti affetti da HIV/AIDS aiutandoli a guardare oltre la malattia e la povertà.

Con la sua attività è riuscita a restituire speranza e dignità a chi l’aveva perduta: grazie all’incontro con don Luigi Giussani ed all’aiuto di organizzazioni missionarie e realtà come AVSI, Rose Busingye ha dato vita al ‘Meeting Point International’ di Kampala, creando non solo un luogo di cura per i malati, ma anche due scuole, un centro di formazione per gli insegnanti e soprattutto uno spazio di dialogo e accoglienza, aperto a chiunque voglia avvicinarsi.

La famiglia di Rose Busingye è di origine ruandese, sono tutsi e si erano spostati in Uganda negli anni ‘70, al riparo dalle violenze etniche che già si profilavano. Cattolici, con una fede profonda, come dimostrano i nomi dei suoi fratelli e della sorella maggiori: Francesco Saverio, Emanuel e Goretti. Rose nasce nel 1968, in un paese che vive le doglie della decolonizzazione.

In quella famiglia molto religiosa cresce tranquilla, timida, ‘non ho mai pensato che Dio non esistesse: però non era roba per me’. Finché non incontra p. Pietro Tiboni, missionario comboniano, che aveva scelto la missione in Africa nel 1957. Qualche anno dopo aveva incontrato un gruppo di giovani italiani, arrivati per progetti di volontariato, appartenenti a Comunione e Liberazione.

All’autore Davide Perillo chiediamo di raccontarci come è nato il libro: “Il libro è nato dal desiderio di vedere da vicino, di vivere, qualcosa di cui avevo sentito parlare molte volte. Rose la conoscevo da tempo, siamo amici. Molte storie sulle ‘sue’ donne e su ciò che succedeva in Uganda le avevo già sentite raccontare. Ma vedere è un’altra cosa: capisci molto di più cosa c’è all’origine di tutto e che peso ha un’esperienza così straordinaria. Alla Rizzoli hanno capito subito la portata di una storia come quella di Rose. E li ringrazio per come hanno accompagnato il progetto”.

Chi è Rose Busingye?

“E’ un’infermiera ugandese di 54 anni, specializzata in malattie infettive. E’ una ‘Memor Domini’, i ‘laici consacrati’ di Comunione e Liberazione. Ed è la donna che negli anni Novanta ha fondato il ‘Meeting Point International’, un’associazione nata per aiutare i malati di Aids degli slum di Kampala e che oggi assiste circa 5.000 persone, in gran parte donne e bambini.

Oltre alla cura della malattia, fanno corsi di inglese, di igiene, di micro-impresa… Hanno fondato due scuole, nate per volontà delle stesse donne, e un centro di formazione per insegnanti. Soprattutto, si aiutano ad approfondire di continuo il significato della vita. A riscoprire il valore infinito della persona, di sé”.

Ed allora per quale motivo ha creato il ‘Meeting Point International’ di Kampala?

“All’inizio, appunto, per aiutare i malati di Aids, vera emergenza nei primi anni Novanta. Poi, man mano il campo di intervento si è allargato ad altri problemi: l’educazione, le scuole per i bambini, l’accompagnamento a trovare un lavoro o a crearselo… Ma prima di tutto, l’aiuto a non perdere mai di vista il proprio valore umano. Il lavoro vero di Rose e dei suoi amici, in fondo, è questo”.

Quanto è stato determinante il suo incontro con don Giussani?

“E’ stato decisivo. E’ imbattendosi in un testo di don Giussani che Rose, allora poco più che adolescente, rimane colpita da una frase che, in fondo, è la sintesi del cristianesimo: ‘Il Verbo si è fatto carne’. Vuol dire, sottolineava don Giussani, che ‘la Verità si è fatta carne, la Giustizia, la Bellezza si è fatta carne… Quello che il mio cuore desidera è diventato qualcosa di concreto, reale, incontrabile nella storia’. Rose racconta che dopo aver letto quelle righe andò da padre Pietro Tiboni, il missionario comboniano che aveva incontrato da piccola, e gli chiese: ‘Ma questa carne che dice, c’entra con la mia carne?’

Da lì il percorso che l’ha portata ad incontrare don Giussani ed entrare, giovanissima, nei ‘Memores Domini’. Ma il fondatore di CL è stato ancora più importante qualche anno dopo, quando Rose è andata in crisi: il ‘Meeting Point’ funzionava, era tutto ben organizzato ed efficiente, ma i malati rifiutavano le medicine, i ragazzi non volevano andare a scuola… In fondo, non avevano un motivo per vivere. E lei non capiva.

E’ allora che Giussani la chiama con sé, a Milano. Rose ci passa sei mesi. Lui appena può va a incontrarla e fa la cosa più semplice: sta con lei. Mangiano insieme, parlano, le racconta di sé e del movimento… E in Rose scatta qualcosa.

Viene colpita dal modo in cui Giussani vive la fede. Scopre cosa succede quando ti rendi conto di essere voluto e amato fino in fondo da Dio, di avere un valore infinito. Quando torna in Uganda, cambia tutto. Per lei, e per gli altri a cui comunica quell’esperienza. E il Meeting Point decolla”.

Chi sono oggi ‘le donne di Rose’?

“Sono anzitutto donne che hanno riscoperto la loro dignità profonda, il loro valore. E che per questo vivono senza essere schiacciate da storie tremende (tante di loro, oltre ad avere l’Hiv, sono state rapite dai ribelli, violentate, costrette a uccidere) e dalla miseria degli slum.

Campano spaccando pietre in una cava o vendendo la frutta per strada, ma le vedi cantare, ballare, aiutarsi tra loro. Sono felici. Hanno una coscienza di sé potentissima e uno sguardo sul mondo altrettanto profondo. Per fare un esempio, quando è scoppiato l’uragano Katrina, negli Stati Uniti (era il 2005), hanno fatto una colletta tra loro per raccogliere soldi da mandare a chi aveva perso la casa a New Orleans. E lo stesso con i senzatetto dell’Aquila, dopo il terremoto, o qualche mese fa, per il popolo ucraino. Sono povere, ma potentissime”.

(Tratto da Aci Stampa)

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