La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani invita a cercare la giustizia

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Dal giorno dopo la Giornata del dialogo ebraico cristiano si svolge fino al 25 gennaio si svolge la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (SPUC), prendendo spunto dal versetto del profeta Isaia (‘Imparate a fare il bene; cercate la giustizia’) con i testi preparati dal Consiglio delle chiese del Minnesota, con sede negli Stati Uniti.

Il contesto in cui sono stati redatti i testi di accompagnamento per la SPUC 2023 è quello dell’uccisione di George Floyd, come si legge nel documento preparatorio: “Per anni il Minnesota ha patito alcune delle peggiori discriminazioni razziali della nazione: nel 1862 fu teatro, ad esempio, della più grande esecuzione di massa nella storia degli Stati Uniti, quando trentotto indigeni Dakota furono impiccati a Mankato, il giorno dopo Natale, dopo la guerra USA–Dakota. Mentre si preparavano a morire, i trentotto Dakota cantarono l’inno Wakantanka taku nitawa (Molti e Grandi) una cui versione (anche italiana) è inclusa nella celebrazione ecumenica della Settimana.

Più recentemente, il Minnesota è stato l’epicentro della resa dei conti razziale. Quando il Covid–19 ha chiuso il mondo nel marzo del 2020, l’omicidio di un giovane afro–americano, George Floyd, per mano di un agente di polizia di Minneapolis, Derek Chauvin, ha fatto scendere in piazza gente in ogni parte del mondo, uniti nel sentimento di giusta indignazione, per protestare contro l’ingiustizia di cui erano stati testimoni in televisione. Chauvin, licenziato subito dopo l’assalto, è diventato il primo agente di polizia nella storia moderna condannato, in primo grado, per l’omicidio di un afro–americano in Minnesota”.

Ed è stato sottolineato che la storia del maltrattamento delle comunità di colore negli Stati Uniti: “ha creato disuguaglianze di lunga data e fratture relazionali tra le comunità. Di conseguenza, la storia delle chiese negli Stati Uniti include le questioni razziali come un importante fattore di divisione ecclesiale; in altre parti del mondo, questo stesso ruolo è svolto da altre questioni non dottrinali.

Ecco perché il lavoro teologico sull’unità portato avanti dalla Commissione Fede e costituzione del Consiglio ecumenico delle chiese ha tradizionalmente cercato di tenere insieme la ricerca dell’unità delle chiese e la ricerca del superamento dei muri di separazione, come il razzismo, all’interno della famiglia umana.

Ecco perché pregare insieme, specialmente pregare insieme per l’unità dei cristiani, assume un significato ancora più importante quando lo si pone al cuore delle lotte contro ciò che ci separa come esseri umani creati con pari dignità a immagine e somiglianza di Dio”.

Nell’introduzione ai materiali liturgici si sottolinea come pregare insieme per l’unità dei cristiani sia occasione per riflettere su ciò unisce le persone e su come affrontare oppressione e divisione tra esseri umani: “L’unità dei cristiani dovrebbe essere segno e anticipazione dell’unità riconciliata di tutta la creazione. Come cristiani dobbiamo essere disposti a distruggere i sistemi di oppressione e a difendere la giustizia”.

A tal proposito p. Ioan Sauca, Segretario generale ad interim del CEC, ha sottolineato che la preghiera in comunione è una benedizione: “L’opportunità di pregare insieme è una benedizione per tutti noi poiché, nonostante le differenze, ci troviamo insieme in comunione con il Signore Gesù Cristo come Dio e Salvatore, secondo le Scritture.

Quindi cerchiamo di adempiere insieme la nostra comune chiamata alla gloria dell’unico Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo… Insieme stiamo piantando i semi della giustizia e della pace. Mentre ci sforziamo e preghiamo per l’unità dei cristiani, possiamo nutrire la nostra speranza collettiva per il nuovo anno e per affrontare i tempi difficili in cui tutti viviamo”.

Nell’introduzione al testo si sottolinea l’esigenza di non discriminare alcuna persona: “A partire dal testo di Isaia, l’omelia o il sermone dovranno richiamare il rapporto tra l’unità dei cristiani e l’ingiustizia razziale, nella sua dimensione individuale, sistemica e istituzionale.

L’emarginazione delle persone a motivo della loro ‘razza’, cultura o lingua lacera il tessuto della comunità umana ed è causa di disunione all’interno della comunità cristiana. L’unità dei cristiani deve essere forte e visibile per mostrare come il medesimo Spirito, ricevuto nel battesimo, crei l’unità nella diversità della creazione di Dio e ne costituisca il piano originario per l’unità dell’umanità”.

Il testo spiega il motivo per cui il profeta Isaia pronuncia tali parole: “Isaia visse e profetizzò nel regno di Giuda durante l’VIII secolo a.C. e fu contemporaneo di Amos, Michea e Osea, in un periodo di grande prosperità economica e stabilità politica, sia per Israele che per Giuda, a motivo del declino delle due ‘superpotenze’ dell’epoca: l’Egitto e l’Assiria. Tuttavia, era anche un periodo in cui in entrambi i regni dilagavano l’ingiustizia, la disparità e le disuguaglianze”.

In questo contesto anche la religione, condannata dal profeta, era parte integrante del potere: “Era anche un’epoca in cui la religione prosperava, come espressione rituale e formale della fede in Dio, incentrandosi sulle offerte e sui sacrifici del Tempio; questa religione formale e rituale era presieduta dai sacerdoti, che erano anche i beneficiari della generosità dei ricchi e dei potenti.

A motivo della vicinanza e delle relazioni intercorrenti tra il Palazzo reale e il Tempio, il re e i sacerdoti esercitavano maggiore influenza e detenevano il potere, senza tuttavia, nella maggior parte dei casi, preoccuparsi per quanti soffrivano ingiustizie ed oppressione, secondo una visione del mondo (propria dell’epoca ma ricorrente anche al giorno d’oggi) per cui i ricchi ed i largitori di congrue offerte erano considerati buoni e benedetti da Dio, mentre coloro che erano poveri e non potevano offrire sacrifici erano ritenuti malvagi e maledetti da Dio. I poveri venivano spesso denigrati per la loro indigenza economica, che non permetteva di partecipare pienamente al culto del Tempio”.

Per questo il profeta Isaia pronuncia tali parole con l’intenzione di ‘risvegliare’ la coscienza di un popolo ‘addormentato’: “In tale contesto, le parole di Isaia tentavano di risvegliare la coscienza del  popolo di Giuda alla realtà in cui si trovava, mostrando come quel tipo di religiosità non fosse una benedizione ma, al contrario, una ferita aperta e un sacrilegio davanti all’Onnipotente.

L’ingiustizia e la disuguaglianza avevano portato a divisioni e discordie; il profeta denunciava le strutture politiche, sociali e religiose e l’ipocrisia nell’offrire sacrifici a Dio mentre si opprimevano i poveri. Isaia si pronunciava vigorosamente contro i capi corrotti ed a favore degli svantaggiati, riponendo la  giustizia e la rettitudine solo in Dio”.

Insomma questa settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è un invito a cercare la giustizia: “Isaia, ai suoi tempi, sfidò il popolo di Dio a imparare a fare il bene insieme; a cercare insieme la giustizia, ad aiutare insieme gli oppressi, a proteggere gli orfani e difendere le vedove insieme.

La sfida del profeta si applica anche a noi oggi: come possiamo vivere la nostra unità di cristiani per affrontare i mali e le ingiustizie del nostro tempo? Come possiamo impegnarci nel dialogo e crescere nella reciproca consapevolezza, comprensione e condivisione delle esperienze vissute?

La nostra preghiera e il nostro incontrarci con il cuore hanno il potere di trasformarci, come individui e come comunità. Apriamoci alla presenza di Dio in ogni nostro incontro, mentre chiediamo la grazia di essere trasformati, di smantellare i sistemi di oppressione e di guarire dal peccato del razzismo. Insieme, impegniamoci nella lotta per la giustizia nella nostra società. Tutti noi apparteniamo a Cristo”.

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