43ª Udienza del Processo 60SA in Vaticano. La testimonianza della Chaouqui e della Ciferri, faticosa e molto movimentata

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 13.01.2023 – Ivo Pincara] – È stata molto movimentata l’odierna quarantatreesima Udienza del maxiprocesso in corso nell’Aula allestita nella sala polifunzionale dei Musei Vaticani, sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato. “Un’udienza molto faticosa”. Così l’ha definito il Presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, che ha fatto molta fatica a tenere il dibattimento sui binari processuali, tra accenti polemici, interruzioni, divagazioni, opposizioni delle difese, impulsività, escandescenze e versione contrapposte delle due testimoni, che hanno deposto separatamente, prima Genoveffa Ciferri e poi Francesca Immacolata Chaouqui. Ritorneranno in aula per il confronto.

L’Udienza del 13 gennaio 2023.

In un articolo per The Associated Press dal titolo Il ruolo del Papa nell’indagine finanziaria vaticana di nuovo al centro della scena, Nicole Winfield scrive [QUI]: «Il ruolo di Papa Francesco nell’indagine sugli illeciti finanziari presso la Santa Sede è stato al centro dell’attenzione venerdì al Tribunale vaticano, con testimoni che affermano che ha incoraggiato un indagato chiave a cooperare con i pubblici ministeri e un imputato chiave che lo accusa di interferire nel processo. L’udienza di venerdì è stata una delle più attese nel “processo del secolo” del Vaticano, dato che ha visto la testimonianza di una delle figure più colorate della storia recente del Vaticano, Francesca Chaouqui. L’esperto di pubbliche relazioni è stato convocato dopo che alla fine dell’anno scorso è emerso che aveva svolto un ruolo dietro le quinte nel persuadere un indagato chiave diventato un testimone chiave [Mons. Perlasca] a cambiare la sua storia e coinvolgere il suo ex capo, il Cardinale Angelo Becciu. Ma l’udienza di tutta una giornata si è conclusa con una notizia bomba inaspettata, poiché Becciu ha risposto alla testimonianza di Chaouqui leggendo ad alta voce uno scambio di lettere con il Papa che suggerivano che lo stesso Francesco continuasse a gettare un’ombra sul processo, anche se inavvertitamente».

Religión Digital titola: Chaouqui e le sue stravaganze, di nuovo al centro [QUI].

Sul Faro di Roma in un articolo dal titolo Il processo diventa una farsa con le dichiarazioni della Chaouqui su Becciu. Ma come si è potuto darle questa ribalta?, il Direttore Salvatore Izzo commenta [QUI]: «La prima cosa che emerge dall’udienza di oggi del surreale processo per il Palazzo di Londra è una conferma riguardo alla follia di questo stesso procedimento che chiama come testimoni personaggi chiaramente non credibili e che hanno già compiuto danni immensi alla credibilità della Chiesa Cattolica e della Santa Sede. Noi ci domandiamo come sia stato possibile offrire una ribalta mediatica a due donne che hanno semplicemente manipolato il principale teste di questo processo e indirettamente lo stesso pm, Alessandro Diddi, che come minimo dovrebbe dimettersi. E invece eccoci qui a fare da megafoni a queste calunnie nello stesso modo in cui ci costringono a farlo (dandogli credito contro ogni evidenza) con i deliri di Ali Agca che da 40 anni continua di fatto a sparare contro Giovanni Paolo II, prima proiettili di piombo e poi pallottole di carta sulla tragedia di Emanuela Orlandi della quale blatera da 40 anni senza saperne nulla… E continua a farlo. Analogamente si presta ascolto nel processo sul Palazzo di Londra a chi volutamente lo ha inquinato. Assurdo! (…)
Dunque per sette ore le due suggeritrici di mons. Perlasca (una persona influenzabile e molto immatura) hanno dato la loro versione dei fatti coinvolgendo nuovamente il Card. Becciu, vittima sacrificale di questo rito incomprensibile, il quale ha poi voluto lasciare agli atti una sua dichiarazione spontanea sulla signora Chaouqui, che ha indirettamente partecipato all’istruttoria di Diddi per vendicarsi dei presunti torti ricevuti da Becciu nel processo Vatileaks 2, quando fu condannata a dieci mesi con la condizionale per aver divulgato documenti riservati. (…)».

Andrea Gagliarducci su ACI Stampa rileva [QUI]: «Le domande sulla presenza e l’intervento del Papa nel processo sono, alla fine, un tema centrale da molte udienze».

Comunicato stampa nell’interesse di Sua Eminenza il Cardinale Giovanni Angelo Becciu, 13 gennaio 2023

«All’udienza odierna si è ulteriormente confermato il malanimo nei confronti del Cardinale che sia la Signora Ciferri che la Signora Chaouqui nutrivano all’epoca in cui maturò il cambio di atteggiamento di Monsignor Perlasca nell’ambito del procedimento che lo vedeva indagato.
Le due testimoni hanno ricostruito in modo diametralmente opposto molti fatti e circostanze, al punto che il Tribunale dovrà valutare una richiesta di confronto proprio alla luce dell’assoluta inconciliabilità delle versioni fornite.
Tutto ciò a conferma dell’impossibilità di trarre da queste fonti elementi utili alla ricostruzione della verità, quella che ci sta a cuore e che siamo certi il Giudice terzo riconoscerà.
Quanto agli insistiti riferimenti al Santo Padre della Chaouqui, la semplice lettura da parte del Cardinale di una lettera dell’agosto 2022, scritta di pugno dal Pontefice e depositata in atti, smentisce tutto lo scenario evocato dalla testimone che ha affermato di avere incontri costanti con il Santo Padre».
Avvocati Fabio Viglione, Maria Concetta Marzo

Le testimonianze della Chaouqui e della Ciferri
(Dalla cronaca del SIR)

“Conosco prima i suoi genitori, Renato Perlasca, e sua moglie, mia madre conosceva famiglia e poi nel 2010 ho conosciuto suo figlio”, ha esordito la Ciferri, amica e sodale di Mons. Alberto Perlasca, testimone chiave del procedimento in corso. “Ci diamo del lei, ma c’è un sodalizio”, ha proseguito: “Ho il massimo rispetto per Mons. Perlasca. Ho fatto a lui una donazione della mia abitazione e di gran parte dei terreni che ho a Greccio. Lui è un religioso, io una donna sola che abita sotto questa montagna. Mia madre pensava che la casa si prestasse bene per un uso religioso. Io stessa sono terziaria francescana, dell’Ordine del Sacro Cuore, il cui carisma è aiutare materialmente e spiritualmente i sacerdoti. Lui viene a casa e celebra spesso nella cappella”. “Parlavamo spesso fatti accaduti, delle indagini”, ha raccontato rispondendo dalle domande del Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi, sul periodo tra aprile 2020 e agosto 2020, e divagando continuamente, riportata poi sui binari delle domande dal Presidente Pignatone. “La Chaouqui mi ha detto che dovevo salvare il Promotore di Giustizia Diddi”, ha riferito, invitata da Pignatone a mantenersi ai fatti.

“Sono la stessa persona che il 10 luglio 2018 è andata dal Cardinal Becciu”, ha proseguito: “Al telefono gli chiedevo ripetutamente se potesse intervenire presso il Pontefice in difesa di Mons. Perlasca”, all’epoca ancora indagato: “Magari vada dal Papa per scagionarlo. Becciu si vantava di essere intimo del Pontefice, addirittura il fratello Mario diceva che era in grado di condizionare il Papa”. Quanto ai rapporti di Becciu con Perlasca, la Ciferri ha dichiarato: “Lo teneva sotto il suo calcagno, in uno stato di soggezione. Esercitava su di lui una pressione psicologica al fine di silenziarlo. E comunque Mons. Perlasca non ha mai parlato male di Becciu. Era stressato, aveva un conflitto interiore, era ancora sotto il giogo del cardinale”. La sera del 10 luglio 2018, quando si è recata a casa di Becciu, la Ciferri ha detto di avergli chiesto conto del motivo per cui gli avesse mandato un medico a Casa Santa Marta, e di avergli detto sull’uscio, al termine della sua visita: “Le sarò nemica come un esercito schierato in battaglia”.

Quanto alla sua qualifica, la Ciferri ha precisato di non essere mai stata un agente segreto, ma di aver avuto una collaborazione come analista, dal 2005 al 2009.

“Dal 9 agosto la signora Chaouqui ha cominciato a telefonarmi”, ha riferito la Ciferri: “Avevo paura che Becciu volesse eliminare Perlasca. Gli aveva somministrato dei barbiturici e lui era rimasto così, come uno zombie, per giorni e giorni”. Cominciano, così, le confidenze della Chaouqui, che a suo dire “aveva messo insieme una strategia con Diddi, Milano, la Gendarmeria e con lo stesso Pontefice”. Queste le parole utilizzate dalla Ciferri durante l’interrogatorio.

“Sento dire che la Chaouqui è come il carbone: chi la tocca si tinge e si sporca”, ha aggiunto lasciando intendere che fosse lei a suggerire al Promotore di Giustizia Diddi la strategia processuale. Da allora, ha sostenuto, viene messa dalla Chaouqui – che usa il “noi” – al corrente di tutte le vicende processuali, usando un “noi”. “Dopo le pressioni, Perlasca si è deciso a dire la verità, spinto, sollecitato, incoraggiato dal Santo Padre, dalla mamma e dalla Chaouqui che affermava di parlare a nome di Diddi”, ha dichiarato la Ciferri, spiegando che “soltanto il Papa ha una copia del memoriale”, a suo dire “caldeggiato” dalla Chaouqui, affermazione questa poi negata nell’interrogatorio successivo della Chaouqui. Quanto ai messaggi con la Chaouqui, la Ciferri ha precisato che non sono a disposizione di nessun altro: “Sono 6000 pagine scrittie, 2 cd e una pennetta”, tutti depositati prima di Natale presso un notaio.

“Ho denunciato per cinque volte all’autorità di questo Stato la Signora Chaouqui, perché avevo molti sospetti”, ha aggiunto, riferendo di aver ricevuto quotidianamente da lei “miriadi di informazioni su Diddi” e sul processo.

“Essere utilizzati tutti e due come gli scemi del villaggio mi ha fatto soffrire”, ha commentato la Ciferri a proposito di lei e Perlasca.

Quanto alla cena al ristorante Lo Scarpone, “è stata un’operazione pilotata dalla A alla Z” da parte della Chaouqui, ha affermato Genoveffa Ciferri, facendo notare che “da avversaria di Mons. Perlasca improvvisamente diventa la paladina di Perlasca. Anche con lo stesso Pontefice è avvenuto lo stesso”.

La Chaouqui ha fatto molto fatica a limitare i raggi delle sue dichiarazioni, tanto che il Presidente Pignatone ha chiesto di limitarsi solo ai suoi rapporti con Mons. Alberto Perlasca. Di altro si parlerà in un’altra udienza, già fissata per il 16 febbraio.

La Chaouqui ha esordito di aver cominciato a frequentare il Vaticano nel 2009 come professionista, ma già nel 2006 era stata presentata dal Cardinal Tauran (deceduto, quindi non può confermare o negare), che l’ha “formata” per conoscere la Città del Vaticano e le sue relazioni internazionali. Al momento della rinuncia di Papa Benedetto XVI, lo stesso Cardinal Tauran l’ha chiamata perché c’era bisogno di informazioni esterne che lei era in grado di fornire, ha affermato.

Poi l’esperienza nella COSEA, dove è stata incaricata di tenere i rapporti con la Segreteria di Stato. È stato quello il momento con cui ha cercato un contatto con Mons. Perlasca. Un rapporto quasi inesistente, lo ha definito: “io lo inseguivo e lui scappava. Poi ho saputo che gli era stato dato mandato di non rispondere e non farsi trovare da me”.

“Non siamo a disposizione della teste, questa non è uno show della teste”, ha sbottato a questo punto l’Avvocato Caiazzo, il difensore di Raffaele Mincione: “Non ho mai visto una teste che fa una conferenza stampa prima di venire in aula, una vera buffonata”. “L’unica verità processuale è quella in aula, noi decideremo su quello che viene dichiarato in quest’aula”, ha precisato il Presidente Pignatone.

Quanto alle “pressioni” esercitate su Mons. Perlasca, affinché “dicesse la verità”, la Chaouqui ha affermato di non averlo mai inviato messaggi minatori, né di aver fatto riscorso a minacce: “Il mio interesse era portare all’attenzione del Santo Padre quello che era accaduto, ovvero far capire la truffa a cui era stato sottoposto”.  “Non ho mai chiesto una grazia al Papa”, ha puntualizzato riguardo ai suoi rapporti con il Cardinal Becciu, dopo il processo per lo scandalo relativo a Vatileaks 2 in seguito al quale era stata in parte condannata: voleva che il porporato facesse da tramite con il Papa affinché la riabilitasse. Ha detto di aver chiesto a Don Paolo Lojudice, che conosce da quando era parroco, di farsi portatore al Papa della richiesta di riabilitazione, e di aver ricevuto in risposta una lettera in cui il Santo Padre le negava tale richiesta. “Ma non era il suo linguaggio”, ha commentato, e così nel 2018, ha riferito la Chaouqui, è andata personalmente dal Santo Padre per chiedergli se avesse scritto lui quella lettera. Il Papa gli avrebbe risposto che non era una lettera scritta da lui, e che non avrebbe mai negato una richiesta di perdono. Da lì, ha spiegato la teste, sono ricominciati i rapporti con Papa Francesco.

Sempre riguardo ai suoi rapporti con il Cardinal Becciu, la Chaouqui ha riferito di avergli inviato anche alcuni messaggi via Messenger, dichiarando che “era Cecilia Marogna a gestirli”.

La Chaouqui ha inoltre chiesto di depositare agli atti 26 podcast registrati da Mons. Perlasca, le cui ”aree tematiche” erano state suggerite da lei nelle chat con la Ciferri. Richiesta accolta.

Infine, alcune difese (gli Avvocati Intrieri per Tirabassi e Viglione e Marzo per Becciu) hanno chiesto un confronto all’americana tra le due (Intrieri ha chiesto di estenderlo anche a Perlasca).

La quarantatreesima udienza con gli interrogatori della Chaouqui e della Ciferri sui rapporti con Monsignor Perlasca. Dichiarazione spontanea del Cardinal Becciu: un piano contro di me
(Dalla cronaca di Vatican News)

Una (la Ciferri) dice che l’altra (la Chaouqui) ha inviato continuamente messaggi e spesso in tono minaccioso, assicurando di agire in concomitanza con inquirenti e gendarmi, di aver suggerito lei l’idea di spacciarsi per un “anziano magistrato” per condizionare il memoriale di Monsignor Perlasca, di aver collaborato alle indagini.

L’altra (la Chaouqui) dice di aver fatto al “99%” telefonate, di non aver millantato niente né minacciato nessuno, di non conoscere neppure la faccia del Promotore di Giustizia o dei membri della Gendarmeria, di non essere mai stata interessata al processo, di aver agito sempre “aggiornando passo passo il Santo Padre” al quale aveva mandato dei “podcast” di Perlasca. Con un unico obiettivo: “Aiutare il Santo Padre a capire la truffa a cui era sottoposto da anni”.

Versioni contrastanti

Interrogatori in tempi diversi con versioni totalmente contrastanti per Francesca Immacolata Chaouqui e Genoveffa Ciferri. Udienza non particolarmente lunga rispetto ad altre (circa 7 ore) ma particolarmente corposa e caratterizzata dalle intemperanze delle due testimoni, che hanno costretto più volte il Presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, ad alzare la voce e richiamare all’ordine.

L’unico momento di vero silenzio è stato alla fine, quando il Cardinale Giovanni Angelo Becciu ha letto una dichiarazione spontanea per chiarire i suoi interventi come Sostituto della Segreteria di Stato, sulla posizione della Chaouqui in Vaticano, a cominciare dal processo Vatileaks 2, che l’aveva vista protagonista, a fronte delle accuse della lobbista di essere stata distrutta professionalmente e personalmente dal porporato. Il Cardinal Becciu ha anche letto integralmente un messaggio in cui il Papa gli chiede scusa per aver ricevuto l’estate scorsa Chaouqui a un baciamano dell’udienza generale, dopo che Becciu in una lettera gli scriveva: “Lei parla come mia accusatrice, ricevendola ha manifestato solidarietà indiretta con essa e indiretto sostegno alla sua tesi accusatrice nei miei confronti”. Infine, re-elencando tutte le minacce di vendetta ricevute dalla lobbista in questi anni, il Cardinal Becciu ha dichiarato: “La signora è riuscita nel suo piano di vendicarsi nei miei confronti”.

Nel fiume in piena che è stato l’interrogatorio alla Chaouqui si è ripercorsa la carriera della donna e il suo ingresso in Vaticano come commissario della commissione COSEA. Di quel periodo la testimone ha dichiarato di possedere ancora dei documenti in archivio [*]. A lungo si è parlato anche della richiesta della grazia che la lobbista avrebbe presentato al Papa, dopo aver tentato una riconciliazione con Becciu contro il quale si era scagliata sui suoi account social. La spinta era venuta da un tale Piergiorgio Bassi, che “all’epoca si occupava di Ufo”, mentre tramite erano stati il suo padre spirituale, Don Carmelo, e l’allora Vescovo ausiliare Paolo Lojudice, ora Cardinale e Arcivescovo metropolita di Siena-Colle di Val d’Elsa-Montalcino. A tali richieste Becciu avrebbe risposto suggerendole di chiedere scusa a lui e di scrivere una lettera al Papa. Secondo la ricostruzione, Chaouqui avrebbe inviato al Pontefice un messaggio chiedendo non la grazia ma una riabilitazione: “Santità, ho iniziato una guerra col cardinale. Ho sbagliato, ho bisogno del perdono”. Ma in una lettera “mi viene negata la grazia che non avevo chiesto”. Per Chaouqui questa lettera, con risposta negativa era tutta opera di Becciu, è la molla che la induce a indagare in proprio sulla vicenda oggetto del processo.

La dichiarazione spontanea di Becciu

In una dichiarazione spontanea in aula alla fine dell’interrogatorio della testimone Francesca Immacolata Chaouqui, il Cardinale Angelo Becciu ha detto di riconoscere “che non mi è facile dopo questa giornata parlare in maniera serena. Avrei voluto dire che nutro quasi un sentimento di gelosia nei suoi confronti, è così facile dire io il Santo Padre, io vado, io ritorno, io a nome del Santo Padre. Io ho fatto il sostituto non ho avuto questa facilità di andare dal Papa, di portare ordini”.

“Riferendosi alla COSEA – ha proseguito -, dice che veniva in Segreteria di Stato, si imponeva a Perlasca. Mi pare strano… Di solito chi viene è il Presidente della COSEA e chiede prima al Sostituto se può incontrare i collaboratori e avere documenti dell’ufficio, è strano e non molto veritiero. Com’è possibile che ha del materiale? Io da quando ho lasciato l’ufficio non ho più nulla – ha sottolineato -, non posso mantenere un foglio dell’ufficio, tutti devono andare via con la borsa vuota i doc si lasciano, mi meraviglio che sia in possesso di questi fogli. È contro tutte le regole. Come può, una così disporre di documenti se sono delicati?” [*].

“Accennava i messaggi, io ce li ho ancora tutti qui, come può dire che sono della Signora Marogna che gestisce i miei account? – ha continuato Becciu – Ce li ho tutti qui, senza una risposta. E sapete perché? Perché quando ne parlavo con il Santo Padre mi diceva le consiglio di non rispondere. Una volta solo ho risposto per Natale, faccina del figliolo, auguri le dissi. Non può dire che sono gestiti chissà da chi”. “Sono messaggi in cui fa lodi, in cui mi presenta il migliore di tutti, e messaggi in cui mi distrugge totalmente”, ha osservato.

“Invece mi prendo responsabilità di due atti per i quali si può arrabbiare e risentire – ha detto ancora -. Quando nel 2013, fu composta la commissione COSEA e alla Segreteria di Stato fu inviata la lista dei nomi, io a vedere il nome trasalii perché avevo avuto segnalazioni gravi sulla sua persona. Di solito era prassi che la Segreteria di Stato desse il beneplacito alle nomine, per fare il ‘de more’. Eravamo a inizi pontificato e le regole stavano saltando. Il nominativo… fummo messi davanti al fatto compiuto. Qualche mese prima ebbi segnalazioni che non deponevano a favore di questa signora, corsi da chi di dovere e dissi: questa signora non è degna di lavorare qui in Vaticano. Non mi ascoltarono”.

“Altro atto, Vatileaks – ha aggiunto Becciu -, presenziai commissione in Segreteria di Stato che doveva decidere se procedere a denuncia degli autori della pubblicazione dei documenti segreti o procedere al licenziamento, in via amministrativa. La commissione, tutti, si pronunciarono per la denuncia ai magistrati. Il Comandante portò il risultato al Papa e il Papa autorizzò la denuncia. Possono essere motivi di astio, ma sono gli unici con cui mi sono posto con la Chaouqui in Vaticano”.

Il Cardinal Becciu ha smentito l’accusa di aver dato “l’ordine di arrestarla e di non aver avuto pietà del suo stato di donna incinta”. “È una bugia, falso, avvenne i primi di novembre 2015. Io ero nel mio Paese, in Sardegna. Chi la interrogò fu il Comandante Giani e mi telefonò: ho arrestato la Signora Chaouqui. Gli dissi: ‘Ma sei matto?’. ‘No, avevo tutte le ragioni per farlo’. Poi disse in seguito che era in stato interessante, era di pochi mesi. Come si fa a vedere a tre mesi? La respingo totalmente”, ha detto il Cardinal Becciu.

Sulla questione della grazia, “è vero lei mi ha mandato Lojudice, il suo parroco che io accolsi, e dissi: ‘Presenti formalmente la richiesta e la porterò al Santo Padre’. Io la presentai, la sua risposta fu questa: ‘Eccellenza, non mi faccia più questo nome qui dentro’. ‘Santo Padre manca poco tempo, accontentiamola’. Lui ripete: ‘Non mi faccia più questo nome qui dentro, io non intendo concedere la grazia. E inoltre è ancora valido il biglietto che non entri in Vaticano, questa donna non deve entrare”. Eravamo nel 2017″.

Per convalidare le sue affermazioni, Becciu ha letto una lettera scritta il 19 agosto 2022 a Papa Francesco e la sua risposta.

“Santo Padre – ha scritto Becciu al Papa dopo le foto che hanno ritratto la Chaouqui all’udienza generale – sono spiacente, ma non posso non manifestarLe la mia profonda costernazione di fronte alla pubblicazione delle foto che ritraggono la sig.ra Chaouqui ammessa al baciamano nell’udienza di ieri. Ecco i motivi del mio disappunto:
1. Quando nel 2017 Le presentai, caldeggiandola, la domanda di grazia di detta signora per condonarle i pochi mesi che le mancavano all’estinzione della pena, Lei mi rispose, in un tono severo che mai Le avevo visto, in questi termini: “La mia risposta è negativa e Lei non mi deve mai più menzionare questo nome. Inoltre rimane valido per sempre il divieto di farla entrare in Vaticano”.
In tali termini, come Sostituto, io risposi a nome Suo alla signora. Questa reagì pesantemente accusandomi di essere stato io ad oppormi alla grazia e minacciandomi vendetta crudele nei miei confronti.
La vendetta la sto pagando da due anni ed è sotto gli occhi del mondo intero.
2. Con il baciamano di ieri io sono stato smentito pubblicamente e la signora acquisterà maggiore forza per continuare a demolirmi con tutti i satanici mezzi di cui è capace.
3. Il fatto più grave é il seguente e si inserisce nel contesto del Processo penale in corso nei miei confronti. Con il gesto di ieri Lei, Santo Padre, ha rotto il tanto conclamato Suo impegno di neutralità nel Processo. Lei saprà che detta signora appare dagli atti giudiziari come una delle mie accusatici, ora ricevendola Lei ha manifestato solidarietà con essa e indiretto sostegno alle sue tesi accusatorie nei miei confronti. In termini processuali il Suo atto non sarà visto come promanante dal Papa ma dal Primo Magistrato dell’ordinamento giuridico dello Stato del Vaticano, e quindi come un’ingerenza nel Processo.
Tanto mi sono sentito in dovere di comunicarLe e nel mentre Le porgo devoti ossequi.
Card. Angelo Becciu” (19 agosto 2022).

La risposta di Papa Francesco:
“Caro Fratello,
Grazie tante per la sua e-mail.
Mi dispiace che questo gesto di saluto possa fare del male. Mi hanno domandato se la Signora poteva venire con i suoi figli alla Udienza Generale ed avere un baciamano…, e pensai che se le farà bene, che venga.
Poi, le dico che ho quasi dimenticato la “avventura” di questa Signora. Neppure so che è immischiata nel giudizio (non entro in quello).
Le chiedo scusa e perdono se questo l’ha offesa. È solo colpa mia, anche dell’abitudine di dimenticare le cose brutte. Per favore mi perdoni se l’ho offesa. Prego per lei, per favore lo faccia per me.
Che il Signore La benedica e la Madonna La custodisca. Fraternamente, Francesco”.

[*] Che la Chaouqui ha fotocopiato e portato via l’archivio della COSEA (Pontificia commissione referente di studio e di indirizzo sull’organizzazione della struttura economico-amministrativa, istituita da Papa Francesco con chirografo del 18 luglio 2013, al fine di raccogliere informazioni, in cooperazione con il Consiglio dei cardinali per lo studio dei problemi organizzativi ed economici della Santa Sede, con lo scopo di preparare le riforme delle istituzioni curiali, finalizzate “ad una semplificazione e razionalizzazione degli Organismi esistenti e ad una più attenta programmazione delle attività economiche di tutte le amministrazioni vaticane, e soppresso il 22 maggio 2014), lo ha affermato lei stessa in intervista a più riprese negli anni, confermato anche dalla perquisizione della Guardia di finanza. E oggi l’ha addirittura sottolineato in Tribunale.

Della questione ci siamo occupati diverse volte in passato, per essempio:
La GdF di Roma avrebbe trovato timbri e documenti del Vaticano e della Santa Sede in casa della pierre-lobbista Chaouqui. Il resoconto di TgCom24… Gutta cavat lapidem non vi sed saepe cadendo – 7 dicembre 2020
L’archivio della COSEA (Commissione defunta della Santa Sede) fu copiato, trafugato e “depositato presso un notaio” e ai Promotori di Giustizia vaticani non interessano le dichiarazioni della reo confessa? – 8 gennaio 2022, da cui riportiamo:

(…) la reo confessa, che – mentre era membro della COSEA (quindi, sotto giuramento, tenuta al segreto d’ufficio e al segreto pontificio, come lei stessa ha ricordato ancora una volta nell’intervista) – ha trafugato l’archivio della COSEA, fatto copiare e portato via in delle valigie depositato “in sicurezza” presso un notaio, violando le relative disposizioni del Regolamento Generale della Curia Romana. Quando d’Esposito le fa presente: «Una sua passione è raccogliere informazioni», lei risponde: «Ma io non faccio dossieraggio. Uso le notizie che ho». Ecco, conferma quella che nega. Poi, la prossima domanda: «Tiene sempre dal notaio gli altri fascicoli della COSEA?». La risposta – penalmente rilevante – della rea confessa: «Certo. E un commissario pontificio non è mai sciolto dal segreto. Quindi non dico più nulla».
All’inizio di dicembre 2020 il TgCom24 ha dato la notizia, che la Guardia di finanza avrebbe trovato timbri e documenti del Vaticano e della Santa Sede in casa della Chaouqui [QUI] (quindi, il materiale non si trovava presso un notaio…).
Documenti del Vaticano su Papa Francesco, sull’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica-APSA (la Banca Centrale dello Stato della Città del Vaticana), faldoni sul caso 60A (l’acquisto dalla Segreteria di Stato di Sua Santità del palazzo al numero 60A di Sloane Avenue a Londra, al centro del processo penale che sta scuotendo i Sacri Palazzi, iniziato e dopo cinque udienze non ancora partito, che vede il Cardinal Becciu e altri nove più quattro società come imputati). E poi timbri con gli stemmi della Santa Sede, sigilli pontifici e pergamene pregiate con in filigrana la parola “Secretum”, utilizzate generalmente dalla Segreteria di Stato o dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. È quanto avrebbero trovato gli uomini del Nucleo Valutario della Guardia di Finanza di Roma, dopo una perquisizione negli uffici e nell’abitazione di Francesca Immacolata Chaouqui, allora indagata per ricettazione nell’inchiesta della Procura di Roma su alcune maxicommesse da 72 milioni di euro per l’acquisto di 801 milioni di mascherine dalla Cina durante la prima ondata dalla pandemia di Sars-CoV-2 (di cui si era subito dichiarata estranea).
I finanziari non avrebbero trovato documenti riguardanti società cinesi, ma, in compenso, numerose carte vaticane, sigilli e timbri della Santa Sede, distinte, bilanci, lettere, un quaderno di appunti con versi di poesie ripetuti centinaia di volte e che contenevano, attraverso la sequenza di Fibonacci, un codice per aprire uno scrigno, antiche copie della Divina Commedia e altri documenti finanziari risalenti anche all’epoca in cui la Chaouqui era membro della COSEA.
A quanto pare – scrisse il TgCom24, però, altre copie di quei documenti, insieme a materiale ad uso esclusivo della Santa Sede, sarebbe rimasto in possesso della Chaouqui dai tempi del suo incarico in Vaticano, nonostante il Regolamento Generale della Curia Romana, in vigore dal 1999, vieti esplicitamente al personale in servizio di “asportare documenti originali, fotocopie, copie elettroniche o altro materiale d’archivio e di lavoro riguardante l’Ufficio e tenere fuori dall’ufficio note o appunti privati circa le questioni che si trattano nei Dicasteri”.
Rimane comunque il dubbio – osservò il TgCom24 -, in particolare per i timbri, sulla loro eventuale autenticità: Chaouqui nel 2016 era stata condannata per falso, tentata truffa e truffa aggravata, pena patteggiata ad otto mesi, per aver utilizzato fino al 2014 il pass di una zia disabile morta nel 2008 con l’obiettivo di attraversare con l’auto la Ztl nel centro storico di Roma. Le indagini evidenziarono che vennero utilizzati anche dei timbri falsificati per rendere credibili i rinnovi dei documenti della zia defunta.
Rebus sic stantibus, ripetiamo il nostro dubium: non è che i Promotori di giustizia vaticani dovrebbero indagare e aprire un procedimento in riferimento all’archivio della COSEA trafugato, aggiungendo la questione dei timbri e documenti del Vaticano e della Santa Sede rinvenuto a casa della reo confessa (…).

Gentile collega,
in allegato l’invito alla convocazione del punto stampa di Francesca Immacolata Chaouqui che si terrà pre e post udienza il giorno 13 gennaio 2023 presso l’ingresso della Porta del Perugino.
Restiamo a disposizione per ulteriori informazioni.
Saluti.
Ufficio Stampa Francesca I. Chaouqui
PUNTO STAMPA – CHAOUQUI
Prima dell’udienza in programma venerdì 13 gennaio 2023 in Tribunale Vaticano, che vede Francesca Immacolata Chaouqui deporre in qualità di testimone, si terrà un punto stampa alle ore 8.45 presso l’ingresso della Porta del Perugino, situato in Via della Stazione Vaticana 6.
Nel corso di questo incontro Chaouqui parlerà dei tempi oggetto della testimonianza che rilascerà durante la mattinata nel corso del processo.
Chaouqui, inoltre, al termine dell’udienza risponderà alle domande dei giornalisti presenti durante il punto stampa previsto sempre presso l’ingresso del Perugino.
#parlachaouqui

Vaticano, lo show della Chaouqui contro Becciu: racconterò il potere occulto alle spalle del Papa
di Roberto Frulli
Il Secolo d’Italia, 13 gennaio 2023


Convocata dal presidente del Tribunale Vaticano, Giuseppe Pignatone, dopo che è emerso che c’era lei, la “papessa” dietro alle accuse al cardinale Angelo Becciu formulate in questi anni da monsignor Perlasca, il testimone che ha ritrattato nel processo pontificio per l’acquisto da parte della Santa Sede del super valutato palazzo londinese di Sloane Avenue, Francesca Chaouqui convoca una conferenza stampa, prima di presentarsi ai magistrati, davanti alla porta del Perugino.

E lì, di fronte ai giornalisti assiepati in attesa dell’udienza del processo contro l’ex-Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, improvvisa uno show ripetendo la sua intenzione di chiedere la revisione del processo Vatileaks e annunciando e attaccando frontalmente Becciu e l’esperta di intelligence, Cecilia Marogna.

“È arrivato il gran giorno – dice trionfante l’ex-commissario COSEA mostrando una cassetta chiusa a chiave, oltre tremila pagine di prove, dice, da esibire in aula . – Racconterò prima come il cardinale mi ha allontanata dal Santo Padre e poi come il Santo Padre mi ha richiamato al suo fianco – spiega la calabro-marocchina – come ho lottato insieme a lui affinché la trasparenza che era iniziata con la commissione COSEA è continuata. Dimostrerò come ci sia stato un vero e proprio tentativo di mettere in scacco la diplomazia pontificia sostituendola con una diplomazia parallela che veniva svolta attraverso società di intelligence assoldate da un potere occulto, che si muoveva alle spalle del Papa e lo utilizzava”.

Il Promotore di Giustizia Vaticano, Alessandro Diddi, aveva annunciato, nel corso della 39ª udienza di aperto un nuovo fascicolo su di lei, per fare chiarezza sulle accuse formulate contro Becciu da monsignor Perlasca e aveva depositato nuovi documenti ricevuti.

Era stato poi Pignatone a spiegare in aula che dai documenti proposti dal Promotore di Giustizia emergono “messaggi della signora Ciferri che sostiene di aver suggerito lei a Perlasca i temi del memoriale, e allo stesso tempo sostiene che a lei furono suggeriti dalla Chaouqui”.

Perlasca aveva inizialmente sostenuto che le accuse contro Becciu goi erano state suggerite da un anziano magistrato.

E stamattina, appunto, la Chaouqui e la Ciferri sono state convocate in aula da Pignatone per spiegare quello che hanno costruito contro Becciu.

“Ho subito una condanna a 10 mesi per non aver usato la prudenza del buon padre di famiglia nel presentare i giornalisti al monsignore che ha poi rivelato segreti che non avrebbe dovuto rivelare – dice ora la Chaouqui prima di entrare in aula dove è stata convocata. – Oggi si capirà perché ho presentato quei giornalisti”.

“Non mi sono mai finta un anziano magistrato. Sono sempre stata Francesca Chaouqui. E Genovieve Ciferri che non voleva che monsignor Perlasca sapesse che ero io quella che stava cercando di fargli partorire la verità”.

“A me non interessava la verità processuale, era il 2020 e non esisteva un processo ai danni del cardinale – sostiene la Chaouqui. – A me interessava solo che Papa Francesco sapesse qual era la verità e la sapesse dal principale collaboratore del cardinale che lo aveva usato, manovrato e truffato. Non sono alla ricerca di una riabilitazione – assicura – perché nel momento in cui Papa Francesco mi ha richiamato nel 2018 e ha saputo come erano andate le cose ho già vinto. Non sono il cardinale Becciu che ha bisogno di dire ‘il papa mi riammette al conclave, sono riabilitato’. Quello che ho fatto dal 2018 l’ho tenuto per me, perché io lavoro per il Papa, non per me nè per la stampa”.

“Si scoprirà quello che ho fatto per il Papa – assicura – perché aprisse gli occhi e scoprisse la verità. Oggi ci saranno grandi rivelazioni”.
La Chaouqui e la Ciferri saranno probabilmente messe a confronto dai magistrati vaticani sulle dichiarazioni contrastanti e, soprattutto su quanto svelato da monsignor Perlasca.

“Con la Ciferri nessun confronto, non mi confronto con nessuno. Mi confronto con persone che sono sullo stesso piano”, reagisce la Chaouqui parlando ai giornalisti prima di entrare in aula. – Maria Giovanna Maglie è una persona a me molto vicina, è la persona che mi ha presentato Genovieve Ciferri. Ha scritto un memoriale per spiegare al tribunale cosa la Ciferri volesse da lei. Contattò la Ciferri perché riteneva che monsignor Perlasca avesse subito un tentativo di omicidio all’interno della Casa Santa Marta”.

La Chaouqui sostiene poi che lo scambio epistolare fra lei e Becciu, scambio che lei definisce mail ma si tratta, in realtà, di messaggi che ha inviato su Messenger senza ricevere risposta da Becciu “sono testi che girano dal 2018, fabbricati da Cecilia Marogna. Oggi scoprirete chi è Cecilia Marogna – aggiunge – e cosa faceva. Sarà bellissimo”, annuncia la “papessa”.

Il procuratore in atti di Cecilia Marogna: “Gravi parole Chaouqui, si potrebbe configurare reato calunnia”
(Silvia Mancinelli, Adnkronos) –
In relazione alle rivelazioni di questa mattina di Immacolata Chaouqui sulle chat fra la stessa Chaouqui e Becciu, “definite un falso”, interviene all’Adnkronos Riccardo Sindoca, procuratore in atti di Cecilia Marogna, imputata insieme al cardinale Becciu nel processo incardinato presso il tribunale vaticano.
 “Affermazioni tanto gravi andrebbero provate e non così divulgate, considerato che a breve si farà in aula, luogo deputato e unico per dirimere questioni del tipo. Forse la dottoressa Chaouqui “stranamente” imputa a Becciu fatti relativi al venir meno del decreto di Grazia che lei richiese al Santo Padre, ma quell’atto è appannaggio del solo Papa che del resto ha dato ampia dimostrazione, quando necessario, di esercitare vari motu proprio, senza troppi indugi”. Sindoca aggiunge: “Spiace dunque riscontrare a tutt’oggi ancora tanta acredine nei confronti di chi ne poteva solo essere portavoce, al limite come il Cardinale Becciu, del diniego contro l’istanza volta al Santo Padre”.
Per Sindoca, “se verranno riproposte in aula e non supportate idoneamente dalla dottoressa Chaouqui, le sue affermazioni potrebbero configurare ipotesi di reato di calunnia e non solo di diffamazione, potendo dar adito alla pubblica opinione di un verosimile disegno fatto, con azioni e mezzi di dubbia legittimità”. Una strategia attuata “fin dai tempi proprio per colpire il Cardinale Becciu e suoi accoliti, “rei” a tal punto di non aver perorato i suoi desiderata – come lei desiderava e tanto agognava – in ordine al provvedimento di clemenza che tanto auspicava , ancorché magari , pure dovuto o meno da parte del Santo Padre” per il quale – conclude – la dottoressa Chaouqui “continua a sostenere di aver operato nell’esclusivo interesse , facendone trasparire anche il plauso implicito dello stesso Pontefice verso l’opinione pubblica, ma di cui a tutt’oggi non vi sono riscontri di merito pubblici, degni di nota da chi deputato ad avallare la sua tesi ed il suo dire”.

Un venerdì farcesco al processo vaticano cattura il caso della separazione dei poteri
di John L. Allen jr.
Crux, 15 gennaio 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Marx disse notoriamente che la storia si ripete, prima come tragedia e poi come farsa. Il Vaticano sembrava fornire un venerdì classico, ad esempio, con una performance di ritorno di Francesca Immacolata Chaouqui, la femme fatale al centro dello scandalo Vatileaks 2 (…).

Forse il momento più melodrammatico è arrivato durante la testimonianza di Ciferri, quando ha affermato che a un certo punto nel 2018 temeva che Becciu volesse far uccidere Perlasca, dopo che a Perlasca erano stati somministrati barbiturici “che lo hanno lasciato come uno zombi per giorni”. (Un articolo di Vatican News, l’agenzia di stampa statale del Vaticano, ha affermato che ciò che è realmente accaduto è che un medico del servizio sanitario vaticano ha prescritto alcune gocce di valium a Perlasca dopo una “crisi isterica”).

Alla fine, Ciferri e Chaouqui sembravano annullarsi a vicenda, rendendo difficile sapere chi avesse realmente plasmato la testimonianza di Perlasca e perché – forse, quindi, mettendo in discussione il suo valore probatorio. (…)

Se c’è una riflessione non farsesca su tutto questo, forse è perché lo spettacolo di venerdì ha probabilmente confermato l’opportunità di una vera separazione dei poteri nel sistema giudiziario vaticano.

Allo stato attuale, il Papa è sia la suprema autorità esecutiva che giudiziaria. In passato non è mai sembrato un problema, dal momento che il Tribunale vaticano era un’operazione sonnolenta occupata principalmente da casi di borseggio in Piazza San Pietro. Francesco, a suo merito, sembra volere che il sistema faccia di più, ritenendo responsabili anche i più alti funzionari se violano la legge.

Di conseguenza, il sistema è sottoposto a maggiore attenzione e qualsiasi interferenza percepita da parte del Papa crea grattacapi legali in termini di giusto processo e diritto a un giusto processo. Naturalmente, un Papa non può smettere di governare perché è in corso un processo, ed è probabilmente inevitabile che parte di ciò che fa possa essere percepito come “ingerenza”.

Ad esempio, a settembre Francesco ha nominato Alessandro Didi, uno dei pubblici ministeri nel caso in esame, nuovo Promotore di giustizia vaticano. Per quanto il Vaticano possa inquadrarla come una mossa di routine del personale, quando arriva nel bel mezzo di un processo di alto profilo non può fare a meno di sembrare un’approvazione papale per l’accusa.

L’unico modo per evitare l’impressione di bastone infilato è che la magistratura civile del Vaticano sia veramente indipendente. Il Papa potrebbe ancora nominare i suoi giudici, ma in seguito il Tribunale stesso sarebbe l’autorità giudiziaria suprema del Vaticano, compreso il potere di rivedere (e, se giustificato, respingere) gli atti pontifici per inosservanza della legge.

Naturalmente, tale potere sarebbe limitato alle questioni civili come la finanza e il personale. Il Tribunale non avrebbe giurisdizione sulla fede e la morale, che rimarrebbero di esclusiva competenza del pontefice.

Con una riforma del genere non importerebbe più se il Papa fa due chiacchiere con chi è coinvolto in un processo, o se fa una mossa personale, perché non sarebbe lui a dettare legge giudiziaria e quindi non ci sarebbero eventuali problemi di giusto processo.

Di per sé, una tale riforma non farebbe molto per aiutarci a capire chi sta mentendo nell’attuale processo vaticano, o dove risieda veramente la colpa del disastro di Londra.

Tuttavia, eliminerebbe almeno una lamentela cronica sull’integrità del processo e, così facendo, porterebbe anche la pratica interna del Vaticano in conformità con l’insegnamento sociale cattolico sulla legittima autonomia della magistratura ovunque.

Indice – Caso 60SA [QUI]

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