Papa Francesco: la fede si comunica per attrazione

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“Ricordo con animo grato la testimonianza coerente e impegnata, la dedizione al Vangelo e alla Chiesa, e particolarmente la solerte collaborazione prestata alla Santa Sede nell’ambito della sua recente riforma economica, della quale egli ha posto le basi con determinazione e saggezza”:

nel telegramma di cordoglio per la morte, avvenuta martedì 10 gennaio, del card. George Pell, arcivescovo emerito di Sydney, prefetto emerito della Segreteria per l’Economia della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano è stato ricordato da papa Francesco, che oggi ha iniziato uno nuovo ciclo di catechesi sull’evangelizzazione ‘La passione per l’evangelizzazione: lo zelo apostolico del credente’

Ed incentrando la meditazione sul tema ‘La chiamata all’apostolato’ il papa ha sottolineato che esso è una dimensione essenziale per la Chiesa: “la comunità dei discepoli di Gesù nasce infatti apostolica, nasce missionaria, non proselitista e dall’inizio dovevamo distinguere questo: essere missionario, essere apostolico, evangelizzare non è lo stesso di fare proselitismo, niente a che vedere una cosa con l’altra. Si tratta di una dimensione vitale per la Chiesa, la comunità dei discepoli di Gesù nasce apostolica e missionaria”.

La Chiesa è il frutto dello Spirito Santo: “Lo Spirito Santo la plasma in uscita, la Chiesa in uscita, che esce, perché non sia ripiegata su sé stessa, ma estroversa, testimone contagiosa di Gesù la fede si contagia, pure, protesa a irradiare la sua luce fino agli estremi confini della terra. Può succedere, però, che l’ardore apostolico, il desiderio di raggiungere gli altri con il buon annuncio del Vangelo, diminuisca, divenga tiepido”.

Inoltre ha sottolineando che senza zelo apostolico la Chiesa si ‘ammala’: “A volte sembra eclissarsi, sono cristiani chiusi, non pensano agli altri. Ma quando la vita cristiana perde di vista l’orizzonte dell’evangelizzazione, l’orizzonte dell’annuncio, si ammala: si chiude in sé stessa, diventa autoreferenziale, si atrofizza. Senza zelo apostolico, la fede appassisce”.

Infatti la missione è la spinta che fa vivere la Chiesa: “La missione è invece l’ossigeno della vita cristiana: la tonifica e la purifica. Intraprendiamo allora un percorso alla riscoperta della passione evangelizzatrice, iniziando dalle Scritture e dall’insegnamento della Chiesa, per attingere alle fonti lo zelo apostolico. Poi ci accosteremo ad alcune sorgenti vive, ad alcuni testimoni che hanno riacceso nella Chiesa la passione per il Vangelo, perché ci aiutino a ravvivare il fuoco che lo Spirito Santo vuole far ardere sempre in noi”.

Per far comprendere meglio lo zelo apostolico ha ripreso il passo evangelico della ‘chiamata’ di Matteo: “Tutto inizia da Gesù, il quale ‘vede’ (dice il testo) ‘un uomo’… Era, infatti, esattore delle tasse: uno, cioè, che riscuoteva i tributi per l’impero romano, che occupava la Palestina. In altre parole, era un collaborazionista, un traditore del popolo. Possiamo immaginare il disprezzo che la gente provava per lui: era un ‘pubblicano’, così si chiamava”.

Però Gesù vede l’uomo prima della sua funzione: “Ma, agli occhi di Gesù, Matteo è un uomo, con le sue miserie e la sua grandezza. State attenti a questo: Gesù non si ferma agli aggettivi, Gesù sempre cerca il sostantivo… Gesù va alla persona, al cuore, questa è una persona, questo è un uomo, questa è una donna, Gesù va alla sostanza, al sostantivo, mai all’aggettivo, lascia perdere gli aggettivi…

Questo sguardo di Gesù che è bellissimo, che vede l’altro, chiunque sia, come destinatario di amore, è l’inizio della passione evangelizzatrice. Tutto parte da questo sguardo, che impariamo da Gesù”.

E dopo tale chiamata Matteo resta nella propria città con un’altra visione: “Matteo torna nel suo ambiente, ma ci torna cambiato e con Gesù. Il suo zelo apostolico non comincia in un luogo nuovo, puro, un luogo ideale, lontano, ma lì, comincia dove vive, con la gente che conosce. Ecco il messaggio per noi: non dobbiamo attendere di essere perfetti e di aver fatto un lungo cammino dietro a Gesù per testimoniarlo; il nostro annuncio comincia oggi, lì dove viviamo.

E non comincia cercando di convincere gli altri, convincere no: ma testimoniando ogni giorno la bellezza dell’Amore che ci ha guardati e ci ha rialzati e sarà questa bellezza, comunicare questa bellezza a convincere la gente, non comunicare noi, ma lo stesso Signore”.

Annunciare il Vangelo però non è proselitismo, ricordando un episodio avvenuto in Argentina: “Noi siamo quelli che annunciano il Signore, non annunciamo noi stessi, né annunciamo un partito politico, una ideologia, no: annunciamo Gesù.

Bisogna mettere in contatto Gesù con la gente, senza convincerli, ma lasciare che il Signore convinca… La Chiesa cresce non per proselitismo, cresce per attrazione… Non comunicare se stessi, ma con lo sguardo, con i gesti, comunicare Gesù. Questa è l’attrazione, il contrario del proselitismo”.

(Foto: Santa Sede)

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