Ventinovesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Mancano cibo, medicinali e corrente che va e viene in Artsakh, con le temperature sotto zero

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 09.01.2023 – Vik van Brantegem] – Nessun cambiamento al blocco illegale del Corridoio di Berdzor (Lachin). Tutto il traffico (di persone e merce) da e per la parte ancora libera della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh rimane interrotto dal 12 dicembre 2022. La #StradaDellaVita, lungo il segmento di Shushi dell’autostrada interstatale Stepanakert-Goris, è chiuso da sedicenti “eco-attivisti” organizzati e pagati dal regime autoritario dell’Azerbajgian, sostenuti dalla polizia azera e sotto l’occhio vigile delle forze armate azere. La bandiera russa continua a sventolare con le forze di mantenimento della pace russe che presidiano le postazioni nel Corridoio… il blocco. Ciò significa che i 120.000 cittadini Armeni Cristiani (tra cui 30.000 bambini e 20.000 anziani) dell’Artsakh sotto assedio vengono tenuti in ostaggi, con mancanza di cibo, carburante, medicine e altri beni di prima necessità.
Ricordiamo, che le uniche merci che arrivano attraverso il blocco, vengono portate con i camion del contingente di mantenimento della pace della Federazione Russa, ovviamente non in quantità necessaria.

PapaFrancesco oggi ai diplomatici: no al totalitarismo ideologico delle organizzazioni internazionali e la necessità di una riforma delle Nazioni Unite.

Come le immagini diffuse dai media statali dell’Azerbajgian dimostrano, le forze armate azere e russe continuano ad affrontarsi al blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) e la #StradaDellaVita dell’Arsakh rimane chiusa.

Ricordiamo, che fin dall’inizio del blocco azero del Nagorno-Karabakh giunto al 29° giorno, l’esercito e la polizia dell’Azerbajgian sono stati accanto agli “eco-attivisti”, che in pratica sono militari azeri che si travestono da manifestanti civili (con l’aggiunto di dipendenti di ONG, in realtà organizzazione statali azeri che vengo portati con degli autobus da Baku) e cantano “il miglior soldato è quello azero” ai numerosi soldati in uniforme presenti alla “manifestazione” che da 29 giorni blocca il Corridoio di Berdzor (Lachin), intrappolando 120mila persone nel Nagorno-Karabakh.

Ormai è chiaro anche per le pietre, che il blocco azero del Corridoio di Berdzor (Lachin) non è una questione ambientale condotta da civili. Invece è un un’operazione condotta dai militari azeri in un tentativo di pulizia etnica dei 120.000 Armeni dell’Artsakh e impossessarsi delle miniere.

In un rapporto del 2016, basato su documenti trapelati da uno studio legale panamense, si afferma che le figlie del Presidente azero, Ilham Aliyev, detengono una quota significativamente maggiore di quanto precedentemente noto in un consorzio che ha lavorato insieme al governo per sviluppare una redditizia miniera d’oro. Il 3 aprile 2016, una rete internazionale di giornalisti ha pubblicato una serie di servizi basati su documenti relativi a circa 214.000 società offshore create dallo studio legale panamense Mossack Fonseca. In un altro rapporto pubblicato il 4 aprile 2016, l’OCCRP (Organized Crime and Corruption Reporting Project) con sede a Sarajevo afferma che i documenti mostrano che le figlie di Aliyev, Leyla e Arzu, controllano una quota del 56% nel consorzio per sviluppare il giacimento aurifero di Chovdar, che a un certo punto si stimava che detenesse riserve per un valore fino a 2,5 miliardi di dollari. Questo è considerevolmente maggiore della quota dell’11% detenuta dalle due donne che il servizio azero di RFE/RL e l’OCCRP hanno documentato in un’indagine congiunta del 2012. La coautrice di quel rapporto era la giornalista investigativa azera e collaboratrice di RFE/RL Khadija Ismayilova (allora in prigione con l’accusa di appropriazione indebita ed evasione fiscale, ampiamente ritenuta una punizione per i suoi rapporti sulla corruzione che coinvolgono alti funzionari governativi dell’Azerbajgian). Ismayilova è accreditata come coautrice nel rapporto OCCRP del 4 aprile basato sui documenti trapelati dallo studio legale panamense. Gli Aliyev non hanno risposto alle ripetute richieste di commento, afferma l’OCCRP nel rapporto. I critici di Aliyev lo hanno a lungo accusato di aver utilizzato le risorse dello Stato per arricchire se stesso e la sua famiglia, accuse che il Presidente dell’Azerbajgian ha respinto. Ma i documenti panamensi trapelati hanno aggiunto un quadro più ampio dell’accesso della sua famiglia a lucrosi accordi statali. In due decreti del 2007, il governo azero ha assegnato il diritto di sviluppare il giacimento di Chovdar e altri cinque siti a un consorzio denominato Azerbaijan International Mineral Resources Operating Company, Ltd. (AIMROC). L’AIMROC, costituita con decreto presidenziale l’anno precedente, controllava una quota del 70% nelle miniere, mentre il governo ne controllava il 30%. Stabilire le identità dei beneficiari finali di AIMROC si è da tempo dimostrato difficile, data la natura segreta delle società offshore dietro il consorzio. L’indagine del 2012 del servizio azero di RFE/RL e dell’OCCRP ha rilevato che Leyla e Arzu Aliyeva erano elencate come top manager in tre aziende panamensi che possiedono Globex International con sede nel Regno Unito, che detiene una quota dell’11% in AIMROC. Le altre tre società nella joint venture AIMROC sono oscure entità offshore chiamate Londex Resources, SA, Willy and Meyris SA e Fargate Mining Corporation. Fino alla fuga dei documenti dello studio legale panamense, i veri proprietari di queste società erano rimasti un mistero. Ma secondo i registri, le figlie di Aliyev controllano Londex Resources, che detiene una partecipazione del 45% in AIMROC, ha affermato l’OCCRP nel suo rapporto del 4 aprile 2016. Ciò pone il controllo delle due donne sul consorzio al 56%, conclude l’OCCRP.

Il video QUI.

Decine di famiglie sono divisi tra Artsakh e Armenia a causa del #ArtsakhBlockade. Oggi le madri di famiglie separate hanno tenuto una manifestazione davanti all’ufficio del Comitato Internazionale della Croce Rossa in Artsakh a Yerevan, chiedendo alla Croce Rossa di trasferire i bambini bloccati dall’altra parte del blocco, oltre a portare latte artificiale e medicine.

All’aeroporto di Stepanakert, dimostranti davanti al comando delle forze di mantenimento della pace russe chiedono l’apertura della #StradaDellaVita.

Sono necessari sforzi immediati per far funzionare l’aeroporto di Stepanakert per trasportare con un ponte aereo gli aiuti umanitari di emergenza a Stepanakert, ha affermato in una nota il Consiglio di Fondo Hayastan. “Il blocco completo del popolo del Nagorno-Karabakh da parte dell’Azerbajgian, iniziato il 12 dicembre 2022, in grave violazione del regime stabilito per il Corridoio di Lachin nella Dichiarazione Trilaterale del 9 novembre 2020, e chiudendo la strada della vita che collega il Nagorno-Karabakh con l’Armenia e il resto del mondo, rappresenta una seria minaccia esistenziale per circa 120.000 Armeni che vi abitano. In tal modo, l’Azerbajgian sta almeno creando le condizioni per lo sfollamento forzato, conducendo così una chiara politica di pulizia etnica”, ha affermato il Fondo Hayastan. “La popolazione del Nagorno-Karabakh rimane ostaggio nelle mani di un Paese che, nonostante la sua aspirazione ad essere più vicino all’Europa, attraverso tali azioni sta violentemente violando e trascurando i valori universali della civiltà”, ha aggiunto. “Il prolungato blocco del Corridoio di Lachin ha portato a una crescente crisi umanitaria che può trasformarsi in una catastrofe umanitaria. La carenza di beni di prima necessità, cibo e medicinali è diventata tangibile. In effetti, l’intera popolazione del Nagorno-Karabakh è stata privata del diritto alla libertà di movimento; migliaia di persone, compresi i bambini, sono bloccate durante i freddi mesi invernali e molte famiglie sono state divisi, trovandosi su lati opposti del blocco”, si legge nella dichiarazione. “L’Azerbajgian deve interrompere immediatamente il blocco del Corridoio di Lachin e, in linea con i suoi impegni, garantire la libera circolazione dei residenti del Nagorno-Karabakh e mettere in sicurezza il traffico di veicoli e merci lungo questa ancora di salvezza”, ha sottolineato il Fondo Hayastan. Ha esortato tutta l’umanità avanzata e le rispettive organizzazioni internazionali a compiere ogni sforzo per prevenire un potenziale nuovo genocidio e per difendere tutti i diritti fondamentali della popolazione del Nagorno-Karabakh. Il Fondo Hayastan ha anche esortato il Segretario Generale delle Nazioni Unite, altre organizzazioni internazionali e gli stati interessati a compiere sforzi immediati per gestire l’aeroporto di Stepanakert e mettere in atto garanzie per la fornitura di aiuti umanitari di emergenza alla popolazione del Nagorno-Karabakh per via aerea. “Ribadiamo il continuo impegno del Fondo Hayastan per la sua missione, che è interamente basata su valori universali e principi umanitari”, ha affermato il Consiglio della fondazione.

Secolo diverso, stesso crimine: fame uguale genocidio. Gli Azeri vogliono far morire di fame gli Armeni dell’Artsakh nel 2023, ancora una volta. Le potenze mondiali sono complici, ancora una volta. Guardando con indifferenza (a parte le parole di circostanza), ancora una volta. Come nel 1915.

Dei media statali dell’Azerbajgian hanno pubblicato il filmato di un pastore armeno smarrito, che è stato restituito ieri, 8 dicembre attraverso la mediazione del contingente di mantenimento della pace della Federazione Russa al posto di blocco dell’Azerbaigian. Le autorità della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh riferiscono che il mandriano, Toros Gazaryan, un residente di Chartar con problemi di salute, non era tornato dal pascolo del bestiame il 1° gennaio. Era stato attivato un gruppo di ricerca, ma non è stato possibile trovarlo. Alcuni ipotizzano – riferisce il Nagorno Karabakh Observer – che sia stato rapito e successivamente consegnato al posto di blocco nel Corridoio per scopi di pubbliche relazioni, poiché non vi è stata alcuna spiegazione dalla parte azera su dove è stato da quando è scomparso.

Lettera aperta del Consiglio per la Comunità Armena di Roma al Presidente della Commissione Europea

Approfittando della sua visita romana lunedì 9 gennaio 2022, il Consiglio per la Comunità Armena di Roma ha indirizzato a Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, una Lettera aperta nella quale viene sottolineata la grave crisi umanitaria in atto nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh. L’enclave armena dal 12 dicembre scorso è di fatto isolata dall’Armenia e quindi dal resto del mondo a causa del blocco imposto dall’Azerbajgian sull’unica strada di collegamento attraverso il Corridoio di Berdzor (Lachin). 120.000 Armeni da quasi un mese non ricevono più cibo, medicine e approvvigionamenti. «Qualche mese fa nel corso della sua visita a Baku, – si legge nel testo della Lettera aperta – Lei ha definito l’Azerbajgian dell’autocrate Aliyev un “partner affidabile e degno di fiducia” nonostante le gravissime lacune in tema di rispetto dei diritti umani e della libertà di informazione di quel Paese. La diversificazione delle scelte energetiche da parte dell’Unione Europea ha ovviamente la sua importanza strategica, tuttavia non crediamo che l’approvvigionamento del gas (azero?) debba far passare in secondo piano la difesa di principi e valori che sono elementi fondamentali dell’Unione Europea stessa». Il Consiglio chiede al Presidente della Commissione Europea la necessaria attenzione a quanto sta accadendo nel Caucaso meridionale.

Riportiamo di seguito il testo della Lettera aperta a Ursula von der Leyen:

«Illustre Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, dal momento che oggi si trova in visita a Roma cogliamo l’occasione per scriverle questa Lettera aperta.
Come forse Lei saprà, dal 12 dicembre l’Azerbajgian ha isolato l’enclave armena del Nagorno-Karabakh (Artsakh) bloccando l’unica strada che collega questa regione all’Armenia.
Lo ha fatto con ridicoli pretesti e in violazione dell’accordo di tregua del novembre 2020, susseguente alla guerra scatenata dall’Azerbajgian.
Da quasi un mese, 120.000 Armeni sono tagliati fuori dal resto del mondo. Cibo e medicine sono in esaurimento, le operazioni chirurgiche sono sospese e solo pochi gravi malati possono essere trasferiti in Armenia con convogli della Croce Rossa Internazionale.
Una crisi umanitaria è in atto nella quasi indifferenza dei più.
Qualche mese fa, nel corso della sua visita a Baku, Lei ha definito l’Azerbajgian dell’autocrate Aliyev un “partner affidabile e degno di fiducia” nonostante le gravissime lacune in tema di rispetto dei diritti umani e della libertà di informazione di quel Paese.
La diversificazione delle scelte energetiche da parte dell’Unione Europea ha ovviamente la sua importanza strategica, tuttavia non crediamo che l’approvvigionamento del gas (azero?) debba far passare in secondo piano la difesa di principi e valori che sono elementi fondamentali dell’Unione Europea stessa.
Ci aspettiamo dunque, Presidente von der Leyen, che vorrà quanto prima dedicare attenzione a quanto sta accadendo nel Caucaso meridionale e spendere qualche parola per il popolo armeno del Nagorno-Karabakh che ancora una volta si trova ad affrontare giorni difficili causati da un odio etnico che il “partner affidabile” ha eretto a fondamento del proprio regime.
Siamo certi che il compianto Presidente David Sassoli avrebbe condiviso il nostro pensiero.
Cordiali saluti
Consiglio per la Comunità Armena di Roma».

Gli Stati Uniti hanno chiesto nuovamente l’immediata riapertura del collegamento terrestre dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh con l’Armenia, bloccato dall’Azerbaigian da quasi un mese. “Gli Stati Uniti rimangono preoccupati che il Corridoio di Lachin sia stato bloccato per oltre tre settimane, creando una grave situazione umanitaria”, ha twittato Michael Carpenter, l’Ambasciatore degli Stati Uniti presso la sede dell’OSCE a Vienna. “Ringraziamo [il Comitato Internazionale della Croce Rossa] per aver fornito un aiuto fondamentale durante questo periodo, ma chiediamo all’Azerbajgian e alla Russia di ripristinare immediatamente l’accesso”, ha affermato Carpenter. L’Ambasciata degli Stati Uniti a Yerevan ha aggiunto la sua voce oggi. Nei commenti scritti al servizio armeno di RFE/RL, ha ribadito le precedenti dichiarazioni del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti secondo cui il blocco azero “arresta il processo di pace e mina la fiducia internazionale”. Commentando la possibilità di aiuti umanitari statunitensi al Karabakh, l’Ambasciata ha affermato che l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID) sta cercando di affrontare “i bisogni degli sfollati in Armenia”. Non ha approfondito. Il Capo dell’USAID, Samantha Power, ha parlato venerdì con il Ministro degli Esteri armeno, Ararat Mirzoyan. Mirzoyan ha affermato che la comunità internazionale dovrebbe compiere “passi chiari” per riaprire il Corridoio di Lachin e prevenire una “catastrofe umanitaria” in Karabakh. Il Dipartimento di Stato ha dichiarato la scorsa settimana che il Segretario di Stato, Antony Blinken, ha in programma di telefonare ai Ministri degli Esteri dell’Armenia e dell’Azerbajgian, Mirzoyan e Bayramov, “nei prossimi giorni”.

L’utente Twitter @ilongoni17, condividendo l’articolo de La Stampa del 6 gennaio 2023 “Nagorno Karabakh isolato dall’Azerbaigian: dramma umanitario per 120.000 persone a corto di viveri, medicinali, gas, acqua” (che abbiamo condiviso il 7 gennaio [QUI]), ha pubblicato una serie di post, che riportiamo di seguito:

«Approfitto dell’articolo per dire che la copertura fornita dalla stampa italiana sul blocco contro l’Artsakh è una vergogna assoluta: 120.000 persone, di cui 30.000 bambini, da quasi un mese sono senza rifornimenti di medicinali, viveri e quant’altro.
L’articolo de La Stampa è uno dei pochi che ne parlano e, per fortuna, non è stato pubblicato solo sul sito ma anche sulla pagina Twitter. Purtroppo, però, social che raggiungono più persone, come Facebook, non vengono utilizzati per supportare i diritti degli Armeni.
La Stampa non è l’unico giornale che ha pubblicato un articolo sul blocco dell’Artsakh destinandolo però solo al proprio sito, di norma avente meno impatto rispetto alla pubblicazione sui propri social. Anche L’Osservatore Romano, Avvenire, Il Messaggero e la Repubblica hanno pubblicato un articolo solo sul proprio sito. La domanda sorge spontanea: perché non dedicare un post su piattaforme più social al fine di far conoscere al grande pubblico l’enorme crisi umanitaria e l’ennesimo crimine di cui Aliyev si sta macchiando? Addirittura, tra i giornali sopracitati, solo La Stampa ha ripubblicato l’articolo su Twitter. Facebook invece, che di norma è un grande bacino di utenza per i quotidiani, totalmente ignorato.
Ci sono poi giornali che non si sono degnati neanche di scrivere un articolo per il proprio sito. Tra quelli visionati, Open, Corriere della Sera, Il Manifesto e Libero Quotidiano non hanno neanche un articolo leggibile online. Fatto abbastanza grave, considerando che la crisi va avanti da quasi un mese e che si parla di popolazione civile. E, piccola considerazione personale, non sono particolarmente sorpreso nel vedere il profondo sonno di questi giornali e di alcuni rinomati direttori.
La mia speranza è che il grande silenzio attorno all’Artsakh sia dato dall’ignoranza nostrana verso un territorio considerato lontano e di secondo piano come il Caucaso e che non sia dettato invece dalla vicinanza di Yerevan alla Russia e all’Iran. Perché, deprecabile o meno, per l’Armenia l’alleanza col Cremlino o con Teheran è data dalla mera sopravvivenza, visto che si ritrova circondata da Turchia e Azerbajgian. E tutti noi sappiamo della grande libertà d’azione che godono questi due Stati dinanzi all’Occidente. Basti ricordare il video circolato online intorno ad Ottobre 2022, all’interno del quale prigionieri di guerra armeni, catturati in seguito all’invasione azera dello scorso settembre (già dimenticata dal grande pubblico), vengono trucidati dai soldati di Baku: un chiaro crimine di guerra. E che reazione ha provocato quel video? Qualche sigh reaction su facebook, niente di più. L’Europa intera è fin troppo accomodante con l’Azerbajjan e ignora fin troppo l’Armenia e il suo popolo che, ricordiamo, è il progenitore della storia della cristianità continentale di cui molti partiti europei – e italiani – ad oggi si richiamano».

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI].

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