“Nient’altro che la Verità”, visto da dietro le quinte, promette il successo editoriale e delle scintille

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 08.01.2023 – Vik van Brantegem] – Il libro Nient’altro che la Verità. La mia vita al fianco di Benedetto XVI (Piemme 2022, 336 pagine [QUI]) scritto con Saverio Gaeta dall’Arcivescovo Georg Gänswein, Segretario particolare del Cardinale Joseph Ratzinger, di Papa Benedetto XVI regnante ed emerito, sarò disponibile in tutte le librerie e online dal 12 gennaio 2023. A parte che il libro è destinato ad affermarsi come un bestseller maggiore (su Amazon sta al 2° posto dei Top 100 nella categoria Libri, al 1° posto nella categoria Chiesa Cattolica Romana, al 1° posto nella categoria Istituzioni e organizzazioni cristiane e al 2° posto nella categoria Biografie e autobiografie-Libri), le anticipazioni di questi giorni promettano scintille.

Il Santo Padre Francesco ha ricevuto questa mattina in Udienza S.E. Mons. Georg Gänswein, Arcivescovo tit. di Urbisaglia, Prefetto della Casa Pontificia.

Cooperatores veritatis
Cooperatori della verità


Testimonium perhibere veritati
Rendere testimonianza della verità

«La bussola di Papa Benedetto e prima del Cardinal Ratzinger non era mai l’opinione pubblica ma la verità. La verità è la bussola per tutto l’operato di ogni giorno. E questo è importante» (Arcivescovo Georg Gänswein).

Di seguito riportiamo alcune anticipazioni, iniziando con la presentazione pubblicata da Piemme, seguita da quanto affidato ad una serie di post ieri, 7 gennaio sul suo account Twitter da Sir Philip Pullella, storico corrispondente di Reuters in Italia e in Vaticano e nel suo articolo per Reuters del 6 gennaio 2022 (i pezzi dell’amico e collega leggiamo sempre come uomini molto devoti, ma avendo una speciale devozione alla lente: studiamo punto, virgola, accenti e questo ci dà una sicurezza molto grande, come disse una volta Papa Francesco in riferimento al Cardinale Pietro Parolin, parole in cui ci siamo trovati come fagioli). Condividiamo inoltre le anticipazioni da Nicolaporro.it, Ilgazzettino.it e Ilmessaggero.it.

Nel libro, Mons. Gänswein chiarisce anche che il Papa emerito Benedetto XVI ha sempre considerato Papa Francesco come suo legittimo successore. Sin dalla prima telefonata, quella che Papa Francesco ha fatto al Papa emerito Benedetto XVI subito dopo il Conclave. Quando giunse la telefonata, Mons. Gänswein passò la cornetta e si allontanò. Non poté ascoltare le parole di Papa Francesco ma l’altro Segretario particolare, Mons, Alfred Xuereb sentì la risposta di Benedetto: «La ringrazio, Santo Padre, perché ha pensato a me. Io le prometto fin da subito la mia obbedienza. Io prometto la mia preghiera per lei!».

Secondo Mons. Gänswein, per Benedetto era stato sufficiente chiarire che, pur nell’originalità̀ della situazione del momento, il prescelto dai cardinali sarebbe stato senza dubbio alcuno il 266° Pontefice. E sempre secondo Mons. Gänswein, l’ha fatto in anticipo, in diverse occasioni: «Continuate a pregare per me, per la Chiesa, per il futuro Papa» (Udienza generale, 13 febbraio 2013); «Vi chiedo di ricordarmi davanti a Dio, e soprattutto di pregare per i cardinali, chiamati ad un compito così rilevante, e per il nuovo successore dell’apostolo Pietro: il Signore lo accompagni con la luce e la forza del suo Spirito» (Udienza generale, 27 febbraio 2013); «Continuerò a esservi vicino con la preghiera, specialmente nei prossimi giorni, affinché́ siate pienamente docili all’azione dello Spirito Santo nell’elezione del nuovo Papa. Che il Signore vi mostri quello che è voluto da Lui. E tra voi, tra il Collegio cardinalizio, c’è anche il futuro Papa» (Incontro con i cardinali, 28 febbraio 2013).

Mons. Gänswein ricorda che Papa Benedetto XVI in quest’ultima occasione al testo già preparato ha unito una significativa aggiunta a braccio, che non era presente nel discorso preparato: «al quale già oggi prometto la mia incondizionata reverenza e obbedienza».

Mons. Gänswein afferma che questa disponibilità il Papa emerito la ribadì successivamente, rivolgendosi a Papa Francesco – negli incontri o per lettera – con l’espressione “Santo Padre”. “E poi ha sempre celebrato la Santa Messa, durante la settimana in italiano e la domenica in latino, utilizzando il Messale romano di Paolo VI e pronunciando ovviamente la preghiera eucaristica con l’esplicita menzione della comunione con il Papa regnante, Francesco, come possono testimoniare tutti quelli che hanno concelebrato con lui”.

La presentazione della casa editrice

Nel libro troverete importanti chiarimenti su alcune vicende di questi anni. L’arcivescovo, sempre fedele a Benedetto XVI, ha sempre taciuto per il bene della Chiesa e per amore al Pontefice Emerito. Ora, però, con la morte di Joseph Ratzinger, molte cose devono trovare la luce.

Quello tra Joseph Ratzinger e Georg Gänswein è stato un lungo e significativo rapporto di profondo rispetto e stima reciproca, sin da quando, nel 2003, il futuro Papa nominò Segretario particolare il giovane sacerdote tedesco. E ancor più dopo l’elezione del Cardinal Ratzinger come Benedetto XVI, Don Georg ha vissuto costantemente al suo fianco quale suo più stretto collaboratore, ma anche confidente e consigliere, accompagnandolo durante il pontificato e nel tempo successivo alla storica rinuncia del 2013. Oggi, dopo la scomparsa del Papa Emerito, per l’attuale Prefetto della Casa Pontificia è giunto il momento di raccontare la propria verità riguardo le bieche calunnie e le oscure manovre che hanno cercato invano di gettare ombre sul magistero e sulle azioni del Pontefice tedesco, e di far conoscere così, finalmente, il vero volto di uno dei più grandi protagonisti degli ultimi decenni, troppo spesso ingiustamente denigrato dai critici come “Panzerkardinal” o “Rottweiler di Dio”. Un racconto autentico e schietto in cui, coadiuvato dalla esperta penna del vaticanista Saverio Gaeta, Monsignor Gänswein propone l’autorevole ricostruzione di un particolarissimo periodo per la Chiesa Cattolica Romana, affrontando anche gli interrogativi su enigmatiche vicende, quali i dossier di Vatileaks e i misteri del caso Orlandi, lo scandalo della pedofilia e i rapporti fra il Papa Emerito e il successore Francesco. Ne scaturisce l’intensa testimonianza della grandezza di un uomo, cardinale, Papa che ha fatto la storia del nostro tempo e che emerge qui come un faro di competenza teologica, chiarezza dottrinale e saggezza profetica.

I commenti di Philip Pullella (Reuters)
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Papa Francesco ha spesso paragonato il fatto che l’ex Papa Benedetto vivesse in Vaticano all’avere un nonno in casa, ma un libro del più stretto collaboratore di Benedetto mostra le tensioni familiari mentre due uomini vestiti di bianco vivevano nella piccola città-stato.

Per gli “inside the chalice types” [letteralmente tipi all’interno del calice] ci sono molte cose interessanti nel libro di Ganswein per le quali non c’è spazio nei media generali: chiarisce che crede che Bertone fosse un Segretario di Stato inefficiente e assente; interroga Bertone sulla gestione dello IOR.

Sodano non era d’accordo con la scelta di Bertone da parte di Benedetto per succedergli come Segretario di Stato perché non aveva esperienza diplomatica. Sarah ne esce come ambiguo sull’imbroglio del libro sul celibato.

Sarah aveva preparato un comunicato stampa e aveva pregato Benedetto di firmarlo, ma la proposta è stata respinta. Francesco in seguito non acconsentì a nessuna dichiarazione. Gänswein usa la parola “patetico” per descrivere una cosa che Sarah ha fatto sul libro del celibato. Dice che i tweet di Sarah erano “inopportuni”.

Mentre Giovanni Paolo II era al tramonto, il Cardinal Ratzinger guardava ai margini, mentre altri combattevano tra loro per influenza e potere. Benedetto si è dimesso, in parte, perché “non voglio fare la sua fine”. Benedetto ha dato istruzioni scritte a Gänswein di distruggere i documenti privati.

Anche Giovanni Paolo II aveva chiesto al suo Segretario, Dziwisz, di bruciare tutte le sue carte private [puntualmente disatteso da quest’ultimo, che come Gänswein per Benedetto XVI era l’esecutore testamentario per Giovanni Paolo II].

P.S. E per “outside the chalice stuff” [letteralmente, le cose fuori dal calice], leggete il mio pezzo di ieri mattina (Il libro del principale aiutante di Benedetto rivela tensioni in Vaticano) [QUI]):

L’aiutante descrive in dettaglio ciò che dice essere disaccordi su questioni
È stato sostituito nel ruolo di “gatekeeper” (supervisore degli accessi) di Papa Francesco nel 2020
Un libro che sarà pubblicato pochi giorni dopo la morte di Benedetto


CITTÀ DEL VATICANO, 6 gennaio (Reuters) – Anche se Papa Francesco ha spesso paragonato il fatto che l’ex Papa Benedetto vivesse in Vaticano all’avere un nonno in casa, un libro del più stretto collaboratore di Benedetto mostra quelle che secondo lui erano tensioni mentre due uomini vestiti di bianco vivevano nella piccola città-stato.

Benedetto è stato sepolto giovedì e poche ore dopo il funerale in piazza San Pietro una casa editrice italiana ha iniziato a inviare ai giornalisti copie anticipate delle 336 pagine “Nient’altro che la Verità. La mia vita al fianco di Benedetto XVI”, dell’Arcivescovo Georg Gänswein.

Gänswein, 66 anni, è stato Segretario particolare di Benedetto dal 2003, quando Benedetto era ancora il Cardinale Joseph Ratzinger, ed è rimasto al suo fianco per quasi 20 anni fino alla sua morte avvenuta sabato. Era il guardiano di Francesco fino a quando non è stato sostituito nel 2020.

Nel libro, che uscirà nelle librerie il 12 gennaio, Gänswein offre una visione dall’interno dell’elezione di Benedetto nel 2005, la sua decisione nel 2013 di diventare il primo papa a dimettersi in 600 anni, i suoi anni successivi al papato, la sua malattia e le suo ultime ore.

Anche se Benedetto ha in gran parte evitato le apparizioni pubbliche dopo le sue dimissioni, è rimasto un alfiere dei conservatori cattolici, che si sono sentiti alienati dalle riforme introdotte da Francesco, inclusa la repressione della Messa latina antica.

Gänswein afferma che Benedetto è stato “sorpreso” dal fatto che Francesco non abbia mai risposto a una lettera pubblica di quattro cardinali conservatori nel 2016, tra cui il Cardinale americano Raymond Leo Burke, che accusava Francesco di seminare confusione su questioni morali.

Il libro dice anche che Benedetto non era d’accordo con alcune posizioni di Francesco.

Dopo che Francesco ha rilasciato una lunga intervista a un giornale dei gesuiti sei mesi dopo la sua elezione nel 2013 [QUI], Francesco ha inviato il giornale a Benedetto per i suoi commenti.

Gänswein dice che Benedetto, nella sua risposta commentata a Francesco, ha criticato il modo in cui Francesco aveva risposto alle domande sull’aborto e l’omosessualità.

Scrive anche che Benedetto ha ritenuto che le decisioni di Francesco di limitare l’uso della Messa latina tradizionale siano state “un errore”.

Il Portavoce della Santa Sede Matteo Bruni ha detto di non avere commenti sul libro, scritto con il giornalista italiano Saverio Gaeta e pubblicato da Piemme, un marchio di Mondadori.

AL SERVIZIO DI DUE PADRONI

Per i primi sette anni dopo che Francesco fu eletto Papa, Gänswein mantenne i suoi due incarichi: Prefetto della Casa Pontificia e Segretario particolare dell’ex Papa.

Gänswein scrive di non essere mai riuscito a raggiungere un “clima di fiducia” con il nuovo Papa e che probabilmente Francesco gli ha lasciato mantenere così a lungo l’incarico di prefetto per rispetto di Benedetto.

L’ascia è caduta nel gennaio 2020, quando Gänswein è stato al centro di un episodio incasinato riguardante un libro sul celibato sacerdotale scritto principalmente dal Cardinale conservatore Robert Sarah.

Sarah ha detto che Benedetto ne era coautore. Benedetto l’ha negato e ha chiesto che il suo nome fosse rimosso dalla copertina.

Gänswein è stato preso nel mezzo e Francesco, che secondo fonti ufficiali vaticane all’epoca non era contento di come era stato gestito l’episodio, ha effettivamente licenziato Gänswein dal suo incarico di Prefetto.

Gänswein scrive che Francesco gli ha ordinato di “non tornare al lavoro domani”, ma di occuparsi a tempo pieno del malato Benedetto.

Benedetto ha scritto due lettere a Francesco chiedendogli di fare o dire qualcosa per chiarire la situazione perché Gänswein ne soffriva ed era “sotto attacco da tutte le parti”. Francesco non ha mai reintegrato Gänswein nell’incarico.

Gänswein ha scritto che Benedetto gli aveva detto il 25 settembre 2012 che aveva deciso di dimettersi – circa cinque mesi prima – e ha detto che il Papa lo aveva detto a una manciata di alti funzionari vaticani in seguito.
Ha detto che ha cercato di convincere il Papa a rallentare piuttosto che a dimettersi, ma Benedetto non l’avrebbe voluto sapere e ha iniziato a pensare al momento migliore per un evento che sapevano sarebbe stato storico.

“Francesco non si fida di me”. La rivelazione su Benedetto XVI
Monsignor Georg Gänswein: “Io prefetto dimezzato”. La sfida tra tradizionalisti e bergogliani
Nicolaporro.it, 5 gennaio 2023

Il dibattito su Benedetto XVI non finirà oggi. Certo, le spoglie mortali del papa emerito sono state deposte nella tomba che fu di Giovanni Paolo II. Ma ora che l’uomo vestito di bianco non vive più al Mater Ecclesiae, è probabile che riprenderà vigore quella lotta intestina all’interno della Chiesa. Tradizionalisti contro progressisti, ratzingeriani contro bergogliani. E qualcosa, in queste ore, si sta già muovendo.

Anche il funerale di Ratzinger è stato diverso dal solito. Sobrio, come chiesto dal defunto. Ma forse un po’ poco solenne per un vicario di Cristo in terra, già vescovo di Roma e sovrano in Vaticano. La Santa Sede in questi giorni non ha fermato le sue attività, visto che il lutto totale lo si rispetta solo in caso di morte del papa regnante. E tutto sommato la cerimonia funebre si è conclusa senza grandi sussulti. L’omelia di Francesco, per quanto il presidente della Conferenza episcopale tedesca, monsignor Georg Baetzing, la definisca “molto nello stile di Benedetto”, ha lasciato l’amaro in bocca ad alcuni tradizionalisti. Nel testo Bergoglio “cita” alcune riflessioni del defunto, ma lo nomina solo nelle battute finali. Senza affrontare da vicino l’eredità spirituale, teologica e papale del predecessore. L’omelia dell’allora cardinal Ratzinger in occasione della messa funebre di Wojtyla, sussurrano alcuni, fu ben diversa.

Le tensioni tra le due “chiese” non si è mai sopita. E certo le dichiarazioni di mons. Georg Gänswein, segretario particolare di Benedetto, che stanno emergendo in queste ore, aiutano ad inasprire le tensioni. Che esistono. Ieri in una intervista ha detto chiaramente che Bergoglio “spezzò il cuore” a Ratzinger quando decise di impedire la celebrazione della messa secondo il rito antico tridentino. E oggi le agenzie di stampa di tutto il mondo danno conto di un’altra rivelazione importante.

I fatti risalgono al 2020, il momento in cui Bergoglio decide di “congedare” proprio Gänswein dalla carica di capo della Prefettura della Casa Pontificia. Nel libro “Nient’altro che la Verità”, a breve in uscita per Piemme, il monsignore racconta di essere rimasto “scioccato e senza parole” di fronte alla decisione di Francesco. “Lei rimane prefetto ma da domani non torna al lavoro”, avrebbe detto il Papa, secondo quanto riferisce Gänswein. Una scelta che Benedetto commentò “tra il serio e il faceto” così: “Penso che Papa Francesco non si fidi più di me e desideri che lei mi faccia da custode…”. Secondo Gänswein, Ratzinger scrisse al papa per intercedere ma nulla cambiò.

Da qui in poi tutto cambierà. C’è chi sostiene che Bergoglio – senza “l’altro papa” in Vaticano sarà più libero di portare avanti le proprie riforme. E chi invece è convinto che ora possa anche lui presentare le proprie dimissioni. Aprendo un nuovo conclave, già “orientato” verso un successore che resti sulle sue orme. Di sicuro sarà da capire il futuro di mons. Gänswein. Per il suo vescovo tedesco tutto dipende “da lui” ma soprattutto “dalle persone che sono deputate a queste scelte nella Curia vaticana”. Le ultime uscite su Bergoglio di certo non lo mettono in un’ottima condizione.

Padre Georg: «Scioccato quando papa Francesco mi congedò. Mi ha reso un prefetto dimezzato»
Le rivelazioni del monsignore nel libro “Nient’altro che la Verità”: «Benedetto XVI ironizzò, “Francesco non si fida di me, lei custode”»
Padre Georg: «Io scioccato quando papa Francesco mi congedò. Mi ha reso un prefetto dimezzato»
Ilgazzettino.it, 5 gennaio 2023

Monsignor Georg Gaenswein, ora orfano di Benedetto XVI del quale si è preso cura per anni, guarda al suo futuro e sa che difficilmente potrà tornare in Curia. È prefetto della Casa Pontificia ma nel 2020 è stato congedato da Papa Francesco, pur mantenendo la sua carica. In un libro, che uscirà la prossima settimana, rivela il retroscena e si autodefinisce un «prefetto dimezzato», prendendo l’immagine, come lui dice, dal titolo del libro di Calvino.

«Restai scioccato e senza parole», dice raccontando il momento in cui Francesco lo ha allontanato. Ricorda che era già stato estromesso da qualche tempo da alcuni appuntamenti ufficiali e che Bergoglio aveva deciso che non avesse l’appartamento nel Palazzo Apostolico. «Lei rimane prefetto ma da domani non torni al lavoro», gli avrebbe poi detto il Papa, secondo quanto riferisce lo stesso Gaenswein nel libro scritto con il giornalista e Saverio Gaeta (edizioni Piemme). Benedetto XVI commentò ironicamente con il suo segretario: «Penso che Papa Francesco non si fidi più di me e desideri che lei mi faccia da custode…»; Ratzinger scrisse al Papa argentino per intercedere in questa situazione che aveva addolorato Gaenswein ma nulla cambiò. È una critica a Francesco anche il passaggio in cui si parla del fatto che Bergoglio scelse di abbandonare l’appartamento apostolico. «Gli spazi personali degli ultimi Pontefici», sottolinea l’arcivescovo tedesco, sono stati «equivalenti a quelli di Francesco nell’appartamento di Santa Marta».

Dice di riferirlo «senza alcuna polemica» ma per spiegare che non era corretto, soprattutto i primi tempi, contrapporre Papa Francesco e Papa Benedetto, per la diversa scelta dell’abitazione. E in fondo il Palazzo Apostolico ha comunque spese di manutenzione: «Per evitare il deterioramento delle stanze e delle suppellettili deve comunque venire tuttora curato, dunque in gioco non c’è per nulla la questione del risparmio economico, quanto appunto quella della psicologia personale». Era stato lo stesso Francesco a dire scherzando con un gruppo di Gesuiti di non volere vivere nel Palazzo apostolico «per motivi psichiatrici». Gaenswein racconta anche che aveva cercato di dire a Francesco che i fedeli cercavano la luce dell’appartamento del Papa quando passavano a San Pietro. «Però ebbi l’impressione che le migliaia di chilometri di distanza da Roma non lo avevano reso partecipe di tale sensibilità».

Parla anche del rapporto tra Francesco e Benedetto, affettuoso, con scambi di vino e dulce de leche, da parte del Papa argentino, con il limoncello fatto dalle memores e i dolci tirolesi, da parte di Ratzinger. «Credo che il futuro di monsignor Georg Gaenswein dipenda innanzitutto da lui e poi naturalmente dalle persone che sono deputate a queste scelte nella Curia vaticana», ha commentato il presidente della Conferenza episcopale tedesca, monsignor Georg Baetzing. È evidente a tutti infatti che difficilmente tornerà ad essere Prefetto a pieno titolo ma, anche se Baetzing non lo dice, Gaenswein non ha grandi ‘fan’ nell’episcopato tedesco. Si parla dunque di un futuro come diplomatico, in America Latina o Asia. Ma il rischio è che il tutto non si limiti al caso di un singolo ma che sia il grimaldello per rinfocolare le divisioni nella Chiesa tra i “bergogliani” e quelli che vedevano in Ratzinger il loro punto di riferimento. E ora che Benedetto non c’è più non è escluso che si riorganizzino per trovare un nuovo leader, anche per giocare un ruolo in un futuro conclave.

Padre Georg, lo scandalo Vatileaks e quei furti di documenti scoperti da Benedetto
Nell’anticipazione del libro di monsignor Georg Gaenswein la confessione di Paolo Gabriele e il perdono del Papa

Pubblicato per Piemme da Mondadori Libri S.p.A. © 2023 Mondadori Libri S.p.A., Milan. Published by arrangement with The Italian Literary Agency
Ilmessaggero.it, 5 gennaio 2023

Si intitola “Nient’altro che la Verità” il libro che monsignor Georg Gaenswein (qui un breve estratto) ha pubblicato con Saverio Gaeta, svelando gli anni a fianco di Benedetto XVI e facendo luce su diversi episodi del pontificato, tra cui lo scandalo Vatileaks.

Appena sfogliai il libro Sua Santità, firmato dal giornalista Gianluigi Nuzzi, mi resi conto che alcuni dei documenti citati, e addirittura fotografati, non erano passati per altri uffici vaticani se non il mio. Li avevo mostrati al Papa, che vi aveva apposto la sua sigla e indicato come procedere, e li avevo conservati sullo scaffale alle spalle del mio tavolo di lavoro. A quel punto feci mente locale su come si svolgesse il nostro lavoro nella stanza della segreteria situata di fianco allo studio del Papa e visualizzai che sostanzialmente, oltre al secondo segretario Xuereb e all’aiutante Gabriele, non vi entrava nessuno.
Per affrontare di petto la situazione, in accordo con Benedetto XVI, convocai per la mattinata del 21 loro due, insieme con le quattro Memores e anche suor Birgit. Chiesi a ciascuno se fosse stato lui a consegnare quei documenti, e tutti negarono con fermezza. A quel punto fui molto duro e, rivolgendomi direttamente a Paolo, lo accusai del furto, approfittando del fatto che nella stanza aveva una scrivania con un computer per lavori di archiviazione. Quando al mattino arrivava la borsa dalla Segreteria di Stato, io smistavo il contenuto e sottoponevo al Papa la documentazione da valutare personalmente; lui leggeva, annotava qualche appunto e talvolta domandava chiarimenti, e alla fine mi restituiva tutto con il suo responso. Documenti e lettere rimanevano in un posto riservato del mio ufficio, nel tempo in cui accompagnavo Benedetto alla Seconda loggia per le udienze, fino a quando, prima di pranzo, un addetto della Segreteria di Stato veniva a riprendere la borsa con il materiale visionato.
Paolo veniva con noi, ma poi spesso risaliva per sbrigare i suoi compiti. Avendo la chiave dell’ascensore Sisto V poteva salire e scendere senza dare nell’occhio e, poiché nel frattempo anche Xuereb si muoveva, lui poteva restare spesso solo. Pensandoci in seguito, mi sono reso conto che, dopo il pranzo, costantemente rientrava in ufficio e se ne andava verso le 15 (in genere, arrivava intorno alle 7 per la Messa), dando l’impressione che dovesse recuperare lavoro arretrato, cosicché aveva tempo disponibile per le sue cose. Ma lui ebbe la prontezza di negare assolutamente il fatto, addirittura facendo l’offeso e chiedendomi come fossero nati in me tali sospetti.
Dopo il pranzo, entrai in cappella e non mi aspettavo di trovarlo lì. Lo avvicinai e gli chiesi di dirmi la verità su cosa avesse combinato. Fu quello il momento in cui cominciò ad ammettere di aver incontrato Nuzzi e di avergli consegnato qualche documento. Io restai scioccato da questa rivelazione. La conferma dei sospetti fu un duro colpo anche per Benedetto, che sotto l’aspetto affettivo lo considerava quasi come un figlio, come per noi membri della famiglia pontificia era praticamente un fratello, oltre che un collega nel lavoro quotidiano. Avevo offerto le mie dimissioni a Benedetto, chiedendogli di assegnarmi un altro incarico esterno alla Casa pontificia, ma lui mi rispose semplicemente che non se ne parlava.
Nonostante per Benedetto fosse stata umanamente una grande delusione, soprattutto perché Paolo aveva avuto costantemente la possibilità di parlargli personalmente e chiarirsi qualsiasi dubbio, la decisione di condonargli la pena venne presa ancor prima che lui chiedesse formalmente la grazia, mediante una lettera a inizio settembre nella quale riconosceva il proprio errore e implorava al Papa perdono per aver tradito la sua fiducia. Benedetto rispose personalmente, inviandogli un libro dei Salmi con la propria benedizione apostolica vergata sul frontespizio del volume.
Per rendere pubblicamente nota la concessione della grazia, si ritenne però opportuno attendere un momento spiritualmente significativo e venne scelto il periodo natalizio. Così, il 22 dicembre successivo, accompagnai il Papa nella caserma della Gendarmeria dove era recluso e poi li lasciai soli. Non ho mai saputo cosa si siano detti, ma ho visto Paolo molto provato e ho avuto la sensazione che si fosse reso conto di quanti danni la sua improvvida iniziativa avesse causato.
Per diversi anni non ne ebbi notizie, finché a metà novembre del 2020 mi telefonò la signora Ingrid Stampa per informarmi che Paolo era gravemente malato e per chiedermi se potessi andare a trovarlo. Per essere certo che fosse opportuno, domandai alla moglie e lei mi confermò questo desiderio. Lo trovai molto dimagrito e affaticato, ma fu molto contento di vedermi. Mi disse che voleva riconciliarsi in pieno con me, parlammo confidenzialmente a quattr’occhi e mi chiese di ricevere il Viatico; poi pregammo insieme con la moglie e i tre figli. Qualche giorno dopo, il 24 novembre 2020, morì e io, il cardinale Harvey e l’arcivescovo De Nicolò abbiamo assistito alla Messa funebre presieduta dal cardinale Konrad Krajewski. Successivamente non abbiamo fatto mancare qualche aiuto alla famiglia, con la discrezione del caso.

Foto di Guglielmo Mangiapane/REUTERS.

Indice – La morte di Benedetto XVI [QUI]

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