Alver Metalli racconta papa Benedetto XVI visto dal Sud America

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“Ecco il tesoro inestimabile di cui è ricco il Continente latinoamericano, ecco il suo patrimonio più prezioso: la fede in Dio Amore, che in Cristo Gesù ha rivelato il suo volto. Voi credete in Dio Amore: questa è la vostra forza, che vince il mondo, la gioia che nulla e nessuno potrà togliervi, la pace che Cristo vi ha conquistato con la sua Croce! E’ questa fede che ha fatto dell’America il ‘Continente della speranza’. Non un’ideologia politica, non un movimento sociale, non un sistema economico; è la fede in Dio Amore, incarnato, morto e risorto in Gesù Cristo, l’autentico fondamento di questa speranza che tanti frutti magnifici ha portato, dall’epoca della prima evangelizzazione fino ad oggi, come attesta la schiera di Santi e Beati che lo Spirito ha suscitato in ogni parte del Continente”.

Da questo spunto dell’omelia di papa Benedetto XVI della santa messa inaugurale della quinta conferenza inaugurale dell’episcopato latino – americano e dei Caraibi abbiamo scambiato alcune opinioni con il giornalista italiano Alver Metalli, da anni residente a Buenos Aires, per comprendere il giudizio di papa Benedetto XVI sull’America Latina: “Un ricordo legato al pontificato di Benedetto XVI mi riporta in Uruguay nell’aprile del 2005.

Ero alla fine della lunga intervista al filosofo Methol Ferré, una conversazione ininterrotta durata un anno che aveva l’America Latina come asse tematico. La iniziammo con papa Giovanni Paolo II già entrato nell’ultimo  tratto del suo pontificato e si stava concludendo con l’inizio del conclave dopo la morte del Papa polacco. Una transizione che naturalmente entrò nelle conversazioni di quei giorni.

Quando stavo redigendo la versione finale di quello che diventerà anche il testamento intellettuale di Methol Ferré una giornalista del quotidiano argentino ‘La Nación’ lo intervistò sul papa futuribile. Era il 6 aprile per l’esattezza, dunque 13 giorni prima della fumata bianca di martedì 19 che portò Ratzinger sulla cattedra di Pietro.

Ascoltai dal vivo le considerazioni di Methol Ferré sul futuro della Chiesa e sul papa che avrebbe dovuto guidarla, il quale spezzò una lancia a favore del prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede dichiarando di essere ‘un grande sostenitore di Joseph Ratzinger’.

Di più: ‘Penso, aggiunse, che sia l’uomo più indicato per essere Papa in questo momento della storia’. Argomentò la sua convinzione così: ‘Perché è una delle ultime grandi espressioni di quella generazione che ha raggiunto uno splendore intellettuale equiparabile ai secoli XII e XIII del Medioevo, paragonabile anche alla migliore epoca della patristica greca e latina, quando ha inizio la gigantesca epopea dell’evangelizzazione dei popoli’”.

Per quale motivo Methol Ferrè è stato un ‘sostenitore’ di Benedetto XVI?

“Quando fece queste dichiarazioni, Methol Ferré, che aveva auspicato il pontificato di Benedetto XVI, non considerava ancora giunto il momento di un Papa latino-americano: ‘La Chiesa sta andando fuori dall’Europa; ma si tratta di un processo recente, che ha ancora bisogno di maturare. L’Europa è stata il centro del mondo fino a 50 anni fa. Con gli inizi della decolonizzazione comincia a sorgere tutto un mondo di nuove chiese, in India, in Asia, ma si tratta di processi ancora incipienti’.

Methol Ferré era convinto che la chiesa latino-americana fosse la più matura, perché la più antica tra quelle non europee: ‘Ha 5 secoli, contro il secolo delle chiese d’Africa, ma non mi sembra che ancora le chiese della periferia europea siano in condizione di esercitare una leadership mondiale’.

Ci voleva altro tempo secondo lui. Non molto, si premuniva di precisare: ‘Tra pochi anni sicuramente sì, lo saranno (in grado di prendere la guida della cristianità), perché l’intensità dei processi di globalizzazione e di compartecipazione interna alla chiesa sono sempre più forti’.

Sappiamo che la fumata bianca annunciò l’elezione di Ratzinger, e dunque la fondatezza del suo auspicio. Non solo, ma l’elezione del ‘Pastore tedesco’, come titolò l’indomani il quotidiano italiano ‘Il Manifesto’, ci convinse a proseguire la riflessione sull’America Latina e ad aggiungere un nuovo capitolo al libro, che titolammo ‘Ratzinger e l’America Latina’.

Methol Ferré vi si diceva convinto che il dialogo del pontefice tedesco con la Chiesa del continente sarebbe servito a far evolvere il meglio della tradizione teologica latino-americana emersa dal Concilio Vaticano II in poi, e a legarlo strettamente al meglio del magistero pontificio: ‘Quando una tradizione di pensiero, quello latinoamericano, diventa il luogo da cui si parte per un lavoro di appropriazione e di assimilazione degli apporti di altre Chiese, allora vuol dire che lì la Chiesa comincia ad essere fonte’.

Per il filosofo uruguayano, infatti, ‘si possono raccogliere con profitto pensieri, pensati in altre circostanze e situazioni, proprio e solo quando si è autocoscienti’. In una Chiesa-riflesso, sosteneva Methol Ferré con convinzione, ‘pesa più la debolezza di una mera imitazione ripetitiva che la forza della scoperta’. E papa Benedetto XVI avrebbe aiutato proprio questo processo di appropriazione”.

E sul rapporto di papa Benedetto XVI  con i teologi della liberazione Alver Metalli ci rimanda ad una sua intervista proprio con Methol Ferrè, in cui il filosofo sudamericano ha spiegato la posizione del papa sulla teologia sudamericana: “Di quella teologia che ha al centro il tema della liberazione, su cui Ratzinger-Benedetto XVI ha condotto una vasta riflessione ben prima di essere eletto papa.

Il cambiamento improvviso dello scenario storico che si è prodotto nel 1989 con il collasso del socialismo reale ha interrotto la continuità di una riflessione su questo tema, iniziata negli anni ’60, proseguita nel 1984 e, più ancora, nel 1986 con la seconda Istruzione vaticana sulla teologia della liberazione.

Adesso mi sembra opportuno riconnettersi a quello che è stato l’ultimo momento  importante della riflessione sulla liberazione maturata in America Latina nel clima della Conferenza di Medellín e che ha avuto una grande incidenza fino a Puebla”.

Inoltre nell’intervista il filosofo latino americano ha spiegato il motivo per cui papa Benedetto XVI è stato il prosecutore della teologia latino-americana:“Con papa Ratzinger mi sembra che l’accento possa essere posto sulla continuità ed il proseguimento più che sul timore della contaminazione  della riflessione latinoamericana sulla liberazione.

Papa Ratzinger stesso riconobbe l’innesto della parola liberazione nella tradizione teologica latinoamericana; nel corso di una riunione con i responsabili delle commissioni dottrinali di tutte le chiese dell’America Latina disse che ‘negli anni ‘80, la teologia della liberazione nelle sue forme radicali appariva come la sfida più urgente per la fede della Chiesa.

Una sfida che richiedeva risposta e chiarificazione, perché proponeva una risposta nuova, plausibile ed allo stesso tempo pratica, alla questione fondamentale del cristianesimo: il problema della redenzione.

La stessa parola liberazione voleva spiegare in un modo diverso e più comprensibile ciò che nel linguaggio tradizionale della Chiesa era stato chiamato redenzione’. E’ una considerazione a cui non c’è altro da aggiungere, e che personalmente sottoscrivo appieno”.

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