Don Renato Sacco: l’obiezione di coscienza converte

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A fine anno nella diocesi Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti si svolge la 55^ marcia della pace, organizzata dalla Cei, in collaborazione con Pax Christi, Caritas italiana, Azione Cattolica Italiana e molte altre organizzazioni; mentre il giorno precedente è previsto un seminario sul tema ‘Obiezione di Coscienza: ieri, oggi e domani’, a 50 anni dall’approvazione della legge, che riconosce per la prima volta in Italia l’obiezione di coscienza al servizio militare (odc), e avvia il servizio civile sostitutivo, approvata nel dicembre 1972 con la legge ‘Marcora’, dal nome del relatore, che è il primo riconoscimento giuridico dell’obiezione di coscienza in Italia. Il 31 dicembre 1972 tutti gli obiettori ancora in carcere sono scarcerati.

“Del resto anche in Italia c’è una legge che riconosce un’obiezione di coscienza. E’ proprio quel Concordato che voi volevate celebrare. Il suo terzo articolo consacra la fondamentale obiezione di coscienza dei Vescovi e dei Preti.

In quanto agli altri obiettori, la Chiesa non si è ancora pronunziata né contro di loro né contro di voi… Aspettate a insultarli. Domani forse scoprirete che sono dei profeti. Certo il luogo dei profeti è la prigione,ma non è bello star dalla parte di chi ce li tiene”.

Partendo dalla lettera che don Lorenzo Milani scrisse ai cappellani militari a don Renato Sacco, consigliere nazionale di Pax Christi, chiediamo di spiegarci il motivo per cui l’obiezione di coscienza è un ‘dovere’ cristiano: “Le motivazioni sono molte, perché c’è l’incompatibilità tra il messaggio del Vangelo ed uccidere le persone. Non dimentichiamo che c’è tutta la storia dei primi cristiani che sono uccisi per essersi opposti ad essere arruolati nell’esercito dell’Impero romano.

Famoso è quello di san Massimiliano, che è ricordato il 12 marzo, come patrono degli obiettori di coscienza, di cui ci sono anche gli atti del martirio, perché, rifiutandosi, ha detto che era un cristiano e non poteva uccidere. Per i cristiani, che lavorano nel mondo insieme ad altri, è un impegno.

Per l’Italia il convegno è importante, perché sono trascorsi 50 anni da questa legge, ricordando un testimone come Mario Gozzini, che ha avuto la solidarietà di p. Ernesto Balducci, oppure don Lorenzo Milani, che è stato denunciato per aver criticato i cappellani militari  in congedo, che dichiaravano un insulto l’obiezione di coscienza.

C’è tutta una storia importante, che parte dai primi secoli fino al 1972, anno dell’entrata in vigore della legge. Fino ad oggi, per essere attuali, se pensiamo alla guerra in Ucraina. In questo convegno e durante la marcia della pace, ascolteremo le testimonianze di obiettori di coscienza russi ed ucraini per affermare l’importanza dell’obiezione di coscienza alla luce di quello che papa Francesco ha scritto ai giovani nello scorso 6 luglio, in cui citava come modello un grande testimone come Franz Jaggerstater, un contadino austriaco, che si oppose ad Hitler; per questo fu ghigliottinato il 9 agosto 1943.

C’è una storia che parte dal Vangelo, con tutta la tradizione della Chiesa, ed arriva ai nostri giorni. In poche ore cercheremo di fare tesoro di tale storia durante il convegno attraverso le testimonianze di mons. Luigi Bettazzi, il prof. Marco Labbate, Gianni Novello ed altri, che vissero quegli anni, in cui fu approvata la legge”.

Dopo 50 anni quale valore oggi ha l’obiezione di coscienza?

“Oggi ha un valore ancora più grande. Da una parte sembrerebbe superata, perché in Italia non c’è più obbligo della leva militare e quindi viene meno anche l’impegno dell’obiezione di coscienza; però dall’altra parte in Italia l’obbligo del servizio militare non è cancellato, ma solo sospeso e chi ne ha l’autorità potrebbe reintrodurlo.

Per questo abbiamo sostenuto il Movimento nonviolento, che ha lanciato una campagna sull’obiezione di coscienza: ‘Se  mi chiamano a servire la Patria in armi io obietto’. Oggi, come affermava mons. Tonino Bello, è importante riscoprire la coscienza dell’obiezione a tutto ciò che è sistema di guerra.

Per questo c’è un’obiezione di coscienza alle banche armate, perché sempre più c’è un’economia armata, una politica armata ed un’informazione armata. Allora è importante obiettare verso il mondo militare.

Il Qatar, in cui si sono conclusi i campionati mondiali di calcio, è stato il primo acquirente di armi dall’Italia nel 2021 con quasi un miliardo di euro investiti in armi. Oggi sempre più la guerra, ripudiata dalla Costituzione italiana, entra in tutte le fessure della società civile. Quindi l’obiezione di coscienza è più che mai attuale”.

Allora, in quale modo l’obiezione di coscienza può convertire?

“E’ un richiamo alla coscienza. La logica militare vorrebbe far scomparire la coscienza a chi si arruola: non devi pensare. Anni fa veniva raccontato come al servizio militare i giovani venissero obbligati nelle caserme a fare lavori insensati, come caricare un mucchio di sabbia e portarlo da una parte e scaricarlo; poi ricaricarlo di nuovo e riportarlo dove era prima.

Qualcuno di buon senso si domandava il motivo; l’ordine era che non doveva pensare ma obbedire. Oggi, in questa situazione, è fondamentale riscoprire la coscienza e non delegare ad altri. Se uno rinuncia alla propria coscienza, rinuncia alla propria identità.

Invece se mette la propria coscienza al primo posto, anche con qualche rischio, riscopre la dignità della persona. Penso ai lavoratori portuali di Genova, che, chiamati a caricare sulle navi le armi, si sono rifiutati in base alla loro coscienza. Quindi è doveroso questa riscoperta del valore della coscienza dell’obiezione”.

In quale modo l’obiezione di coscienza prepara ad una cultura della cura, come ha scritto papa Francesco nel messaggio per la pace del prossimo 1^ gennaio?

“Papa Francesco lo ripete sempre; basta ricordarlo in quella sera del 27 marzo 2020, quando nella preghiera da solo in piazza san Pietro ha affermato: ‘credevamo di vivere sani in un mondo malato’. Siamo stati sordi alle guerre e non abbiamo curato la relazione.

Se non si ha cura della relazione con gli altri e con il creato diventiamo corresponsabili di una tragedia che distrugge il mondo. Allora, la cura non è una parola vuota, ma mette in primo piano l’impegno di ognuno al contrario della guerra. La guerra non ha cura; la guerra distrugge. Invece diciamo: vogliamo coltivare la cura; con la cura l’altro non è un nemico, ma una persona”.           

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