Rupnikgate. I gesuiti fanno retromarcia. Il Consiglio Episcopale della Diocesi di Roma si spacca. Il devastante copione del Papa regnante su preti, sesso e abusi

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 22.12.2022 – Vik van Brantegem] – Ritorniamo sulla vicenda del gesuita Marko Ivan Rupnik, portata alla luce da Silere non Possum e da Messa In Latino, con la dichiarazione del Delegato del Preposito Generale della Compagnia di Gesù e Superiore Maggiore per Case e Opere Internazionali di Roma (DIR), Padre Johan Verschueren, S.I., con una Cronologia delle indagini sulle accuse a Rupnik e come funziona il sistema di risposta della DIR alle denunce di vittime e sopravvissuti ad abusi. Segue poi un articolo di Silere non possum, sull’aria pesante che si respira in San Giovanni in Laterano e il presbiterio della Diocesi di Roma che è smarrito. Inoltre, da Stilum Curiae una serie di riflessioni gravi e tristi di Marco Tosatti, in particolare sulla fiducia, o la sua crescente mancanza, che i cattolici possono avere nel Pontefice regnante, e nel suo modo di gestire abusi e scandali legati all’attività sessuale dei presbiteri, dei vescovi e dei cardinali. E nel Postscriptum, un commento di Messa in Latino e di Lucetta Scaraffia su La Stampa.

Aceddu nta iagga
‘un canta p’amuri
ma canta pi raggia [*]

Dichiarazione di Padre Johan Verschueren, S.I.

L’attenzione dell’ultima settimana si è concentrata su due indagini riguardanti il ministero di p. Marko Rupnik. Una riguardante il sacramento della riconciliazione di una complice contro il sesto comandamento e un’altra riguardante il comportamento di p. Rupnik nel contesto della sua relazione con le suore della comunità Loyola nel periodo precedente al 1993. Le informazioni condivise in questi giorni hanno suscitato molte domande. Nella speranza di fare un po’ di chiarezza, riporto sotto una cronologia degli eventi relativi alle due indagini.

La mia principale preoccupazione è per coloro che hanno sofferto; ecco perché invito caldamente chiunque desideri presentare un nuovo reclamo o discutere reclami già presentati a contattarci. Vi assicuro che sarete ascoltati con comprensione ed empatia. Già da qualche mese abbiamo creato un team di persone, donne e uomini, con diverse competenze in varie discipline, per affrontare queste situazioni. Sono disponibili ad ascoltare, sostenere e aiutare. Per contattare questo servizio si può inviare una mail a teamreferente.dir@gmail.com nella lingua preferita tra inglese, francese, italiano, spagnolo, olandese e tedesco (vedere più in basso la spiegazione su come funziona il sistema di risposta della DIR alle denunce di vittime e sopravvissuti ad abusi).

Ribadisco quanto detto dal Padre Generale lo scorso mercoledì 14 dicembre: “Il caso in relazione a P. Marko Rupnik è un buon esempio del molto che dobbiamo ancora imparare, soprattutto sulla sofferenza delle persone. Questo caso, come altri, ci riempie di stupore e di dolore, ci porta a comprendere e a sintonizzarci con la sofferenza delle persone coinvolte nell’una o l’altra forma. Ci pone davanti alla sfida di rispettare questo dolore nel medesimo tempo in cui si avviano, scrupolosamente, i procedimenti esigiti dalle leggi civili o canoniche e si comunica in una forma che non nasconde i fatti, mentre, illuminati dal Vangelo e da altre esperienze umane, si aprono cammini verso la guarigione delle ferite prodotte”.

Concludo assicurandovi che la Compagnia di Gesù, come richiesto dalla Congregazione Generale 36, vuole creare una cultura di safeguarding, della protezione e della cura. Ci proponiamo di promuovere i modi migliori per esercitare il nostro ministero. Cerchiamo di escludere che qualcuno corra il rischio di venire danneggiato o ferito, o di soffrire all’interno dell’esercizio dei nostri ministeri.

Johan Verschueren SJ
Delegato del Superiore Generale per Case e Opere Internazionali di Roma

Cronologia delle indagini sulle accuse a p. Marko Rupnik

Assoluzione di una complice nel peccato contro il sesto comandamento

  • Ottobre 2018: Un accusa di assoluzione di una complice da parte di p. Rupnik nel peccato contro il sesto comandamento viene ricevuta dal delegato per Case e Opere Internazionali di Roma, p. Johan Verschueren. La Compagnia avvia un’indagine preliminare.
  • Maggio 2019: L’indagine ritiene credibili le accuse. Viene inviato un dossier alla CDF [Congregazione per la Dottrina della Fed].
  • Giugno 2019: P. Verschueren impone a p. Rupnik delle restrizioni cautelari.
  • Luglio 2019: La CDF chiede alla Compagnia di istituire un processo amministrativo penale.
  • Gennaio 2020: I giudici (tutti esterni alla Compagnia di Gesù) affermano all’unanimità che c’è stata effettivamente l’assoluzione di una complice.
  • Maggio 2020: La CDF dichiara che l’assoluzione di una complice è avvenuta e quindi dichiara che p. Rupnik è in stato di scomunica latae sententiae; la scomunica viene revocata da un decreto della CDF nello stesso mese dopo che p. Rupnik ha ammesso i fatti e chiesto perdono.

Accuse riguardanti p. Rupnik da parte di consacrate della Comunità Loyola

  • Giugno 2021: La CDF contatta la Curia Generalizia della Compagnia in merito alle accuse riguardanti p. Rupnik da parte di alcune consacrate della Comunità Loyola (segnalate all’interno del processo di Commissariamento della stessa Comunità Loyola).
  • Luglio 2021: Il Padre Generale avvia un’indagine preliminare condotta da una persona esterna alla Compagnia. P. Verschueren, Delegato e Superiore Maggiore della DIR, impone delle restrizioni cautelari.
  • Gennaio 2022: L’indagine conclude con la costatazione dell’effettiva consistenza delle accuse. I risultati vengono inviati alla CDF con la raccomandazione di istruire un processo penale a carico di p. Rupnik.
  • Ottobre 2022: La CDF dichiara che i fatti segnalati sono da considerarsi prescritti per decorrenza dei termini; non è quindi possibile procedere col processo. La Compagnia trasforma le restrizioni cautelari al ministero di p. Rupnik di luglio in restrizioni amministrative.

Nota sul ruolo del Delegato per Case e Opere Internazionali di Roma – Nota esplicativa

Il Delegato per le Case romane è il superiore maggiore delle seguenti comunità e istituzioni:

  • Collegio del Gesù
  • Collegio San Roberto Bellarmino
  • Centro Aletti
  • Università Gregoriana
  • Pontificio Istituto Biblico di Roma
  • Pontificio Istituto Biblico di Gerusalemme
  • Pontificio Istituto Orientale
  • Residenza San Pietro Canisio
  • Specola Vaticana
  • La Civiltà Cattolica
  • Collegio Russicum

Roma, 20 dicembre 2022

“Siamo determinati a continuare a migliorare la nostra risposta davanti alle denunce di abusi”
Il delegato di P. Sosa spiega come funziona il sistema di risposta della DIR alle denunce di vittime e sopravvissuti ad abusi

Faccio questa dichiarazione per spiegare come funziona il nostro sistema di risposta alle vittime e a sopravvissuti ad abusi. È stato istituito nel settembre di quest’anno un “Team referente” competente per tutte le comunità e opere internazionali dei gesuiti a Roma che sono sotto la mia guida – che è una guida delegata da padre Sosa.

Quando qualcuno ci contatta tramite l’e-mail dedicata (teamreferente.dir@gmail.com), la richiesta viene immediatamente inoltrata al nostro team di risposta composto da psicologi, guide spirituali ed esperti legali. Una persona designata del team contatta poi il o la denunciante per raccogliere una testimonianza completa. Se i fatti lo giustificano, viene avviata un’indagine preliminare.

In base al caso specifico, il team offre tutto l’aiuto e il sostegno necessari al o alla denunciante e consiglia riguardo alle fasi successive. Se è necessaria una procedura formale contro un gesuita, l’indagine formale si istruisce secondo le procedure del diritto canonico, o di quello civile o penale.
Sicuramente tutti noi dobbiamo ancora impegnarci per trovare i modi migliori per affrontare queste situazioni difficili e per garantire riconoscimento dei fatti, giustizia e un percorso di possibile riparazione (sapendo che questo può comportare un percorso lungo e faticoso). Siamo determinati a migliorare costantemente la nostra risposta a qualsiasi situazione di abuso e a ricevere tutte le denunce in modo aperto ed equo.

P. Johan Verschueren, SJ

Delegato DIR

Papa Francesco è affiancato dal Preposito Generale della Compagnia di Gesù, Padre Arturo Sosa Abascal, all’uscita dalla Chiesa del Gesù, chiesa madre dei gesuiti in Roma, dopo aver presieduto una Santa Messa il 12 marzo 2022 (Foto di Domenico Stinellis/AP Photo).

De Donatis sceglie la via del silenzio e Libanori non ci sta. Si spacca il Consiglio Episcopale
Silere non possum, 19 dicembre 2022


C’è aria pesante in San Giovanni in Laterano e il presbiterio di Roma è smarrito. In queste ore Silere non possum ha reso pubbliche alcune scelte del Vicario di Sua Santità in merito alla vicenda di Marko Ivan Rupnik. La percezione è questa: mentre la Congregazione per la Dottrina della Fede e la Compagnia di Gesù lavoravano per accertare i fatti, la diocesi di Roma dava sempre più incarichi a Rupnik e al Centro Aletti.

Come abbiamo spiegato, questo sistema era favorito dall’amicizia di Angelo De Donatis con il gesuita sloveno. Oggi, però, il silenzio del Cardinale Vicario diventa imbarazzante a seguito delle nostre rivelazioni sul Rupnik Case.

Il consiglio espiscopale si spacca

Venerdì 16 dicembre 2022, durante un incontro riservato ai membri del consiglio episcopale, il vescovo ausiliare per il settore Est, S.E.R. Mons. Riccardo Lamba ha chiesto spiegazioni al Cardinale Vicario in merito alle notizie che abbiamo pubblicato.

De Donatis ha risposto dicendo che si tratta di calunnie rivolte a Rupnik e nulla di più. I vescovi erano sconcertati. Difatti, non si tratta di “illazioni o chiacchiere da salotto”, ma vi sono dei provvedimenti di ordini religiosi e di Tribunali della Santa Sede che affermano, nero su bianco, che il gesuita ha assolto il complice nel peccato contro il sesto comandamento. Ci sono denunce, circostanziate, che riferiscono che alcune religiose sarebbero state abusate da Rupnik. Come si può tacere di fronte a tutto questo?

Fu proprio Angelo De Donatis a dire, durante il convegno “Dalla parte delle vittime” di novembre 2022, a dire “C’è un grande desiderio di proteggere, prevenire e formare”. Come si può agire per proteggere se, prima, non si dimostra di non fare favoritismi?

Il vescovo ausiliare per il settore Centro, S.E.R. Mons. Daniele Libanori S.I., dopo aver ascoltato la risposta di De Donatis, ha detto ai vescovi presenti che le cose non stavano proprio così ed ha lasciato l’incontro. Il presule, infatti, si è occupato di tutta l’indagine che ha riguardato la Comunità Loyola in cui Rupnik esercitava il ministero. Nonostante questo, De Donatis non ha mostrato alcuna preoccupazione e, impassibile, è andato avanti nell’incontro. I vescovi ausiliari erano sbigottiti.

La richiesta di Lamba era più che legittima, un confratello nell’episcopato, peraltro arrivato da poco in Vicariato, quindi all’oscuro di tutto, chiede al Vicario di Sua Santità cosa sta accadendo. Se non si tratta almeno di essere sinceri con i propri stretti collaboratori, almeno si dica cosa bisogna fare con il clero che chiede, anch’esso legittimamente, spiegazioni.

De Donatis, invece, sceglie di prendere le parti del suo “maestro”, piuttosto che preservare il clima di comunione e fraternità. Sceglie di calpestare le decisioni di Santa romana chiesa e le parole delle vittime di Rupnik. Sceglie, ancora una volta in questi cinque anni, la via del silenzio.

Il vescovo ausiliare Libanori, il quale ha mostrato grande rigore in questa vicenda, non ci sta. Ieri ha preso carta e penna e ha scritto ai sacerdoti del settore centro della diocesi di Roma. “Scrivo dopo lunga riflessione perché sento il dovere di sostenere, per quanto posso, la fede dei piccoli scossa dallo scandalo dei fatti attribuiti a P. Marko Rupnik, mio fratello nella comune appartenenza alla Compagnia di Gesù” dice Libanori.

“Sembra, continua il presule, che le notizie riportate dai giornali corrispondano al vero, dal momento che i Superiori della Compagnia hanno ammesso l’esistenza di misure cautelari nei suoi riguardi in relazione a quei fatti. Sono stati fatti nomi importanti e, come sempre accade in presenza di notizie gravi, l’atteggiamento verso presunti protettori è severo o apertamente accusatorio”.

Libanori, poi, volge il suo sguardo alle vittime: “Mi sforzo di fare tacere i sentimenti che provo dinanzi a testimonianze sconvolgenti, provocate da silenzi arroganti, che spiattellano davanti al mondo il putridume di cui sono impastate talune scuole spirituali”.  Con le parole di un Padre che vuole rassicurare i suoi figli, il vescovo afferma: “Le persone ferite e offese, che hanno visto la loro vita rovinata dal male patito e dal silenzio complice, hanno diritto di essere risarcite anche pubblicamente nella loro dignità, ora che tutto è venuto alla luce. La Chiesa – noi – abbiamo il dovere di un serio esame di coscienza e chi sa di avere delle responsabilità deve riconoscerle e chiedere umilmente perdono al mondo per lo scandalo”.

Difatti, oltre al silenzio del Cardinale Vicario, è vergognoso anche quello di Marko Ivan Rupnik e del Centro Aletti che continuano, senza alcuna remora, la loro attività.  “Tutti noi vogliamo la verità, protesta Libanori. Ne abbiamo diritto. Cercarla è un preciso dovere. C’è la verità tremenda dei fatti contestati che impone alla Chiesa di assumere la propria responsabilità dichiarando senza ambiguità chi è la vittima e chi l’aggressore e assumendo le misure necessarie perché il ministero della Chiesa non venga profanato”.

“La Chiesa, continua la lunga lettera, specie negli ultimi anni, ha condannato gli abusi con il massimo rigore. Ci si aspetta che anche in questo caso essa sia coerente con il suo stesso insegnamento”. Il riferimento è chiaramente rivolto anche a quei soggetti, oltre allo stesso Vicario, che si sono riempiti, per anni, la bocca di parole come “trasparenza, apertura, ascolto” ma, su Rupnik, hanno taciuto.

Fra questi primeggia il gesuita Hans Zollner, definito dalla stampa “uno dei maggiori esperti mondiali nel campo della salvaguardia e della prevenzione degli abusi sessuali”. L’uomo, sul Rupnik case ha taciuto ed ha rilasciato qualche timida dichiarazione alla stampa solo a seguito dei nostri articoli in cui lo chiamavamo in causa. Tralasciando il fatto che non è chiaro dove abbia acquisito le competenze di “maggiore esperto mondiale”, e quali titoli abbia, come mai Zollner non ha risposto alla suora che gli ha inviato una lettera il 5 giugno 2022? Come mai il gesuita tedesco non ha riferito ai quotidiani servi che lo hanno intervistato che lui era al corrente del caso perché era in copia nella lettera?

Nel Rupnik Case emerge tutta l’ipocrisia contro la quale anche Cristo si è scagliato. La lettera del vescovo gesuita Libanori sembra proprio dire questo.

Solo facendo verità, scrive Libanori, “più liberi e forse più credibili, potremo riprendere la nostra missione di fare conoscere il Signore che viene per gli ingiusti e siede a tavola con i peccatori”.

O cchiù pulit ten’ a rogn [**]

“Papa di Parole” di Marco Matteucci/Stilum Curiae.

Caso Rupnik. Il devastante copione del Papa su preti, sesso e abusi
di Marco Tosatti
Stilum Curiae, 17 dicembre 2022


Immaginate se invece di Papa Bergoglio ci fosse Benedetto XVI, al centro dello scandalo legato al Padre gesuita Rupnik, scomunicato e poi graziato (da chi? Mistero) per aver assolto in confessionale una suora, complice con lo stesso Rupnik di aver peccato contro il sesto comandamento… I giornali sarebbero pieni di titoloni scandalizzati.

Immaginate poi se il caso Rupnik non fosse un episodio isolato, ma si presentasse come una perla di una collana che ha avuto per protagonista sempre lo stesso Pontefice, con comprimari diversi.

Ne elenchiamo qualcuno, sicuri di dimenticarne altri (abbiamo scritto un libro, su questo vizietto, ma siamo troppo pigri per andarlo a compulsare).

Cominciamo da Theodore McCarrick, punito da Benedetto XVI, coperto dall’allora arcivescovo di Washington, William Wuerl, riabilitato da papa Bergoglio e usato come suo messaggero diplomatico in varie parti del mondo, Cina compresa, con gli splendidi risultati che abbiamo sotto gli occhi, nonostante la denuncia di mons. Viganò; impunità e onori fino a che l’ombra lunga dei suoi peccati non lo ha raggiunto, e ha costretto i suoi protettori a lasciarlo cadere come un tizzone ardente.

Poi c’è Mauro Inzoli, di CL, “don Mercedes”, scomunicato, condannato, graziato dal Pontefice, infine ridotto allo stato laicale ma sempre senza scomunica.

Non dimentichiamo Mons. Gustavo Zanchetta, che ha affrontato un processo davanti al tribunale civile in Argentina, e che ha trovato rifugio in Vaticano. Le accuse contro di lui sono state tranquillamente trascurate da papa Bergoglio, che ha preferito credere al suo ex pupillo quando era in Argentina, e alle improbabili scuse avanzate. Gli ha addirittura creato un posto – mai esistito prima – all’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica.

E poi Mons. Pineda, il braccio destro di quello che per anni è stato il braccio destro del Pontefice, il Cardinale honduregno Maradiaga, denunciato da una lettera di cinquanta seminaristi per le solite ragioni; lettera pubblicata sui giornali del Paese; non si ha notizia di provvedimenti canonici o disciplinari nei suoi confronti, anzi…

E come dicevo all’inizio, certamente la lista è più lunga, e può cominciare da quando Bergoglio era Arcivescovo a Buenos Aires.

E adesso il caso di Padre Rupnik. Giustamente Franca Giansoldati scriveva ieri sul Messaggero:

«Il copione del caso Rupnik sembra ricalcare una situazione analoga già accaduta in passato
Città del Vaticano – Rischia di avere un devastante effetto domino e coinvolgere direttamente Papa Francesco il brutto caso di abusi di Padre Rupnik, l’artista gesuita conosciuto a livello internazionale per i suoi mosaici che ornano cattedrali, santuari e persino la cappella nel Palazzo Apostolico. Il Generale della Compagnia di Gesù, Padre Arturo Sosa ha dovuto riconoscere pubblicamente – facendo una rovinosa retromarcia – che Rupnik era effettivamente incorso nella scomunica per il reato canonico gravissimo dell’assoluzione di complice, un provvedimento che qualcuno molto in alto ha deciso di cancellare. In queste ore sta crescendo la pressione dentro la Chiesa per avere trasparenza sul “Rupnik gate” e per conoscere chi sia stata l’autorità che ha deciso di intraprendere un passaggio giuridico del genere. Tutti sanno che la revoca di un provvedimento del genere resta un atto straordinario che, tecnicamente, spetterebbe solo al Papa. (…)
È solo a seguito delle pressanti domande della Associated Press [QUI] che il Superiore Generale dei Gesuiti, Padre Sosa, ha riconosciuto obtorto collo che la Congregazione per la Fede ha perseguito Rupnik per un caso separato e precedente del 2019, conclusosi con la sua condanna e scomunica temporanea per uno dei crimini più gravi contemplati dal diritto canonico: l’assoluzione del complice. In questo caso aver assolto una donna in confessione con la quale Rupnik aveva avuto in precedenza relazioni sessuali. Il caso risale al 2015. Rupnik ha ammesso le circostanze e si è formalmente pentito, e la Congregazione ha revocato la sua scomunica. Resta da chiarire se il Papa aveva autorizzato il cardinale gesuita Ladaria, prefetto della Congregazione a cancellare questa pena, oppure se è stata una iniziativa autonoma del prefetto del Dicastero?
Lo scandalo è scoppiato la scorsa settimana dopo che due blog italiani, Silere non possum e Messa in Latino hanno iniziato a parlare del passato scomodo di Rupnik, rivelando le accuse di abusi psicologici, sessuali e spirituali nei confronti di donne e religiose. In un primo tempo i Gesuiti hanno confermato che era stata ricevuta una denuncia nel 2021, ma che il Vaticano aveva derubricato le accuse, risalenti agli anni ’90 in Slovenia, perché andate in prescrizione.
Tuttavia il generale dei Gesuiti – il cosiddetto Papa Nero – ha precisato di aver mantenuto delle restrizioni precauzionali a Rupnik vietandolo di confessare, tenere dei ritiri spirituali. Nella dichiarazione del 2 dicembre Padre Sosa non menzionava però che a carico di Rupnik vi erano altre accuse. Perché non c’era, infatti, solo l’indagine partita nel 2021 e conclusasi con una prescrizione nell’ottobre del 2022 ma vi era anche un’altra indagine precedente per l’assoluzione di complice in confessione. Una circostanza rivelata dal blog Messainlatino.it e ignorata nel comunicato datato 2 dicembre.
”Posso capire come le vittime si sentano tradite”, ha detto alla Reuters Padre Hans Zollner, membro della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori e responsabile del centro di studi sugli abusi dell’Università Gregoriana di Roma. “Per amore della trasparenza, dobbiamo sapere chi sapeva qualcosa, cosa e quando, e cosa è successo dopo. Avremmo potuto scoprire i diversi livelli di responsabilità, il che avrebbe potuto evitare tutto questo” ha aggiunto, riferendosi alla denuncia del 2021. “Mi chiedo e chiedo alla mia comunità, ai Gesuiti: Chi poteva sapere? Chi lo sapeva? Chi ha percepito che qualcosa non andava e non è andato oltre?”».

Se la scomunica a Padre Rupnik è stata tolta, a tempo di record, chi l’ha deciso? Conoscendo un po’ i meccanismi vaticani, dubitiamo fortemente che il Prefetto Ladaria (gesuita anche lui, come Rupnik e il Pontefice) abbia agito in maniera autonoma, in un caso di tale gravità, senza informare il Papa, e, molto probabilmente chiedere l’autorizzazione ad agire.

Torniamo ora allo spunto iniziale. Se di tutte queste belle cose fosse stato responsabile Benedetto XVI, che cosa sarebbe accaduto? E perché invece ora è tutto quieto, a parte qualche blog cattolico rompiscatole, e qualche isolato giornalista?

Scrive Messa in Latino: “Intanto il blog Messa in Latino chiede la testa di Padre Sosa. Non dovrebbe dimettersi per avere mentito?”. Forse non solo lui, prima che il danno compiuto da questi comportamenti diventi una vera e propria devastazione dell’orbe cattolico.

[*] L’uccello in gabbia non canta per amore ma canta per rabbia.
[**] Il più pulito c’ha la rogna.

Postscriptum

1. Il 16 dicembre 2022 è uscito su Domani a firma Federica Tourn l’articolo che racconta rivelazioni oscene dei rapporti sessuali che Padre Rupnik imponeva alle suore (abusando del proprio ruolo di padre spirituale) con dettagli blasfemi. Commenta il sito Messa in Latino [QUI, con l’articolo di Domani]: «La (presunta) vittima racconta rivelazioni oscene dei rapporti sessuali che p. Rupnik imponeva a lei e alle altre suore (abusando del proprio ruolo di padre spirituale) con dettagli blasfemi! Chi avesse lo stomaco di leggere l’articolo fino in fondo, troverà (tra omertà di superiori – pure suore e cardinali – e  denunce ignorate) particolari, che se confermati, sono al limite del sesso satanico, violazione di segreto confessionale e abuso di coscienza. (qui il testo dell’articolo-intervista trascritto da Il Sismografo). A quanto pare avrebbe abusato di 20 suore, imponendo loro di farsi vedere nude, di essere toccate e abusare con pratiche schifose, denigrandole delle proteste, sicuro della propria impunità. Se vero, sarebbe davvero scandaloso e sacrilego! Sostegno ancor maggior alle vittime per le violenze anche psicologiche e le punizioni (roba da matti) che hanno dovuto subire durante e dopo. E a questo hanno tolto una scomunica, perché pentito in tre ore??? E la Sala Stampa della Santa Sede e S. Marta tacciono ancora. E p. Sosa non si è ancora dimesso. E non osiamo andar oltre ma, ha ragione Tosatti, immaginatevi se sul trono di Pietro sedesse ancora Benedetto XVI, che cataclisma sarebbe per il Papa con uno scandalo del genere!? (Cfr. Tosatti). E, aggiungiamo noi: cosa sarebbe, visto che questo di Rupnik sarebbe solo l’ultimo: ricordate quello di McCarrick? Quante ne direbbero a Benedetto XVI? E a Loreto, p. Rupnik farà ancora i ritiri per religiosi  il 13-17 febbraio 2023?».

2. La Chiesa, gli abusi e la scomunica fantasma
di Lucetta Scaraffia
La Stampa, 20 dicembre 2022


Un nuovo scandalo legato agli abusi sta scuotendo il Vaticano: quello del gesuita sloveno Marko Rupnik, affermato artista autore di mosaici che ha decorato importanti edifici di culto nel mondo e nel cuore dello stesso Vaticano, ma anche riconosciuto esperto delle tradizioni cristiane orientali e dunque richiestissimo predicatore di esercizi spirituali. Due suore, che lo avevano denunciato anni fa per abusi sessuali e di potere, hanno parlato con i media, rendendo in questo modo nota al pubblico una questione incresciosa che era stata accuratamente tenuta sotto silenzio. Nonostante il processo avviato dai gesuiti per verificare le accuse avesse concluso che il comportamento di Rupnik era effettivamente stato quello denunciato dalle religiose, il fatto che fosse intervenuta la prescrizione aveva permesso di nascondere tutto. Così almeno si sperava.
E si può capire la ragione di questa scelta: Rupnik non è un prete qualunque, e neppure solo un artista famoso, ma viene anche considerato un religioso di grande profondità spirituale al quale molti si rivolgevano fiduciosi. Dal punto di vista ecclesiastico, però, la colpa più grave del gesuita non era tanto per gli abusi sessuali, quanto per avere assolto in confessione una suora considerata complice delle trasgressioni sessuali, colpa che comporta automaticamente la scomunica. A questo punto bisogna porsi una domanda: come mai Rupnik non ha subito gli effetti della scomunica? Da più parti, anche tra i gesuiti, si è sottolineato che solo l’autorità papale poteva sollevarlo da questa condanna, e dunque ci si è domandati se Francesco, di cui il religioso artista è amico, per lui abbia fatto un’incomprensibile eccezione assolvendolo dalla scomunica.
Ma non si tratta solo di questo, un fatto molto grave. Il caso Rupnik rivela crudamente come le gerarchie ecclesiastiche fatichino a capire il problema dell’abuso sessuale sulle religiose: se le suore, come si deduce dalla loro denuncia, sono state abusate sessualmente dall’autorevole gesuita, non avevano colpe da confessare. Loro erano solo vittime, perché la colpa era unicamente quella del loro abusatore. Ma per l’istituzione ecclesiastica l’abuso sessuale nei confronti di donne adulte, quali sono le religiose, non esiste: queste vicende vengono infatti catalogate come trasgressioni sessuali commesse da ambo le parti, tanto più che secondo un’assurda concezione del piacere sessuale ancora viva nelle gerarchie cattoliche si suppone sempre che anche le vittime degli abusi provino piacere, e con questo divengano complici della violazione del sesto comandamento. È evidente da tutto ciò che in proposito non hanno mai ascoltato una donna.
L’abuso spirituale commesso da Rupnik senza dubbio c’è stato, ma – a mio parere – è aggravato dalla sua richiesta alle vittime di confessare come peccato l’abuso subito. Certo, in questo modo il gesuita le faceva sentire complici di un peccato, ed era sicuro che non l’avrebbero denunciato. E, più in generale, è questo l’atteggiamento che finora è stato tenuto nei confronti delle numerose suore abusate in diverse parti del mondo.
Per fortuna i tempi sono cambiati, perché oggi le religiose prendono coraggio, arrivano a denunciare potenti prelati, che godono di appoggi alti nella chiesa, e finalmente chiedono giustizia.
Speriamo davvero che ottengano l’ascolto e il rispetto che è loro dovuto.

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