Papa Francesco alla CGIL: il sindacato sia sentinella

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Nei giorni precedenti il Natale papa Francesco ha incontrato i delegati della CGIL per riflettere con loro sul tema del lavoro: un evento molto partecipato che ha sancito la necessità di fare squadra tra le forze sindacali e quelle associative e sociali dell’Italia per il bene comune e dei più deboli, ripartendo dai bisogni delle persone, come ha sottolineato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini:

“Ci rivolgiamo a lei perché, seguendo il suo insegnamento, quello che ha detto e in particolare avendo letto attentamente le sue encicliche ‘Laudato Sì’ e ‘Fratelli tutti’, abbiamo trovato una grande consonanza sui problemi, sulle preoccupazioni che oggi travagliano l’umanità ed il mondo”.

Nel discorso il papa ha ricordato che il sindacato ‘è chiamato ad essere voce di chi non ha voce’: “Non c’è sindacato senza lavoratori e non ci sono lavoratori liberi senza sindacato. Viviamo un’epoca che, malgrado i progressi tecnologici (e a volte proprio a causa di quel sistema perverso che si definisce tecnocrazia) ha in parte deluso le aspettative di giustizia in ambito lavorativo.

E questo chiede anzitutto di ripartire dal valore del lavoro, come luogo di incontro tra la vocazione personale e la dimensione sociale. Lavorare permette alla persona di realizzare sé stessa, di vivere la fraternità, di coltivare l’amicizia sociale e di migliorare il mondo”.

Il papa ha sottolineato che il lavoro costruisce la società democratica: “Esso è un’esperienza primaria di cittadinanza, in cui trova forma una comunità di destino, frutto dell’impegno e dei talenti di ciascuno; tale comunità è molto di più della somma delle diverse professionalità, perché ognuno si riconosce nella relazione con gli altri e per gli altri.

E così, nella trama ordinaria delle connessioni tra le persone e i progetti economici e politici, si dà vita giorno per giorno al tessuto della ‘democrazia’. E’ un tessuto che non si confeziona a tavolino in qualche palazzo, ma con operosità creativa nelle fabbriche, nelle officine, nelle aziende agricole, commerciali, artigianali, nei cantieri, nelle pubbliche amministrazioni, nelle scuole, negli uffici, e così via. Viene ‘dal basso’, dalla realtà”.

Per il papa è compito del sindacato educare al senso del lavoro, ma anche quello di denunciare le ‘storture’: “Accanto alla formazione, è sempre necessario segnalare le storture del lavoro. La cultura dello scarto si è insinuata nelle pieghe dei rapporti economici e ha invaso anche il mondo del lavoro.

Lo si riscontra ad esempio là dove la dignità umana viene calpestata dalle discriminazioni di genere…; o ancora nella cultura dell’esubero; e perché i lavori più usuranti sono ancora così poco tutelati? Troppe persone soffrono per la mancanza di lavoro o per un lavoro non dignitoso: i loro volti meritano l’ascolto, meritano l’impegno sindacale”.

Ed ha condiviso alcune preoccupazioni, tra cui la sicurezza sul posto di lavoro: “Ci sono ancora troppi morti (li vedo sui giornali: tutti i giorni c’è qualcuno), troppi mutilati e feriti nei luoghi di lavoro! Ogni morte sul lavoro è una sconfitta per l’intera società. Più che contarli al termine di ogni anno, dovremmo ricordare i loro nomi, perché sono persone e non numeri.

Non permettiamo che si mettano sullo stesso piano il profitto e la persona! L’idolatria del denaro tende a calpestare tutto e tutti e non custodisce le differenze. Si tratta di formarsi ad avere a cuore la vita dei dipendenti e di educarsi a prendere sul serio le normative di sicurezza: solo una saggia alleanza può prevenire quegli ‘incidenti’ che sono tragedie per le famiglie e le comunità”.

Inoltre ha posto attenzione allo sfruttamento delle persone: “Ci sono forme violente, come il caporalato e la schiavitù dei braccianti in agricoltura o nei cantieri edili e in altri luoghi di lavoro, la costrizione a turni massacranti, il gioco al ribasso nei contratti, il disprezzo della maternità, il conflitto tra lavoro e famiglia.

Quante contraddizioni e quante guerre tra poveri si consumano intorno al lavoro! Negli ultimi anni sono aumentati i cosiddetti ‘lavoratori poveri’: persone che, pur avendo un lavoro, non riescono a mantenere le loro famiglie e a dare speranza per il futuro”.

Per questo il sindacato deve essere voce dei più indifesi: “Il sindacato è chiamato ad essere voce di chi non ha voce. Voi dovete fare rumore per dare voce a chi non ha voce. In particolare, vi raccomando l’attenzione per i giovani, spesso costretti a contratti precari, inadeguati, anche schiavizzanti”.

Inoltre ha chiesto di attivare una prevenzione per la qualità del lavoro: “Giovani e meno giovani sono insoddisfatti della loro professione, del clima che si respira negli ambienti lavorativi, delle forme contrattuali, e preferiscono rassegnare le dimissioni.

Si mettono in cerca di altre opportunità. Questo fenomeno non dice disimpegno, ma la necessità di umanizzare il lavoro. Anche in questo caso, il sindacato può fare opera di prevenzione, puntando alla qualità del lavoro e accompagnando le persone verso una ricollocazione più confacente al talento di ciascuno”.

Quindi è necessario che il sindacato sia ‘sentinella’: “Cari amici, vi invito ad essere “sentinelle” del mondo del lavoro, generando alleanze e non contrapposizioni sterili. La gente ha sete di pace, soprattutto in questo momento storico, e il contributo di tutti è fondamentale. Educare alla pace anche nei luoghi di lavoro, spesso segnati da conflitti, può diventare segno di speranza per tutti. Anche per le future generazioni”.

L’incontro è concluso con un ringraziamento ed un affidamento a san Giuseppe: “Grazie per quello che fate e che farete per i poveri, i migranti, le persone fragili e con disabilità, i disoccupati. Non tralasciate di prendervi cura anche di chi non si iscrive al sindacato perché ha perso la fiducia; e di fare spazio alla responsabilità giovanile.

Vi affido alla protezione di san Giuseppe, che ha conosciuto la bellezza e la fatica di fare bene il proprio mestiere e la soddisfazione di guadagnare il pane per la famiglia. Guardiamo a lui e alla sua capacità di educare attraverso il lavoro”.

(Foto: Santa Sede)

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