Il messaggio della pace è un invito alla cura di tutti

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“Perciò, anche se gli eventi della nostra esistenza appaiono così tragici e ci sentiamo spinti nel tunnel oscuro e difficile dell’ingiustizia e della sofferenza, siamo chiamati a tenere il cuore aperto alla speranza, fiduciosi in Dio che si fa presente, ci accompagna con tenerezza, ci sostiene nella fatica e, soprattutto, orienta il nostro cammino… E’ un invito a restare svegli, a non rinchiuderci nella paura, nel dolore o nella rassegnazione, a non cedere alla distrazione, a non scoraggiarci ma ad essere invece come sentinelle capaci di vegliare e di cogliere le prime luci dell’alba, soprattutto nelle ore più buie”.

Così inizia il messaggio di papa Francesco per la 56^ Giornata Mondiale della Pace, intitolato ‘Nessuno può salvarsi da solo. Ripartire dal Covid-19 per tracciare insieme sentieri di pace’, presentato nei giorni scorsi dal card. Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, che ha sottolineato che nei primi momenti della pandemia “il mondo era sottoposto ad uno stress enorme, non era preparato ad affrontare un simile evento”;

in questo contesto, il desiderio di papa Francesco era “che la Chiesa fosse al servizio del mondo per aiutarci tutti a rispondere ‘come un’unica famiglia umana, come compagni di viaggio che condividono la stessa carne, come figli della stessa terra che è la nostra casa comune”. Per questo l’istituzione della Commissione vaticana Covid-19.

Mentre suor Alessandra Smerilli, segretario del dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ha evidenziato che con questo messaggio “papa Francesco vuole farci ritornare ai momenti spaventosi, duri e dolorosi degli inizi della pandemia da Covid-19, e ci chiede di riflettere coraggiosamente su che cosa abbiamo imparato e su quali occasioni non abbiamo saputo cogliere. Da una crisi non si può uscire uguali, ci aveva detto il Papa sin dall’inizio: o se ne esce migliori o peggiori. Questo è il momento per chiederci, come singoli e come comunità: tre anni dopo siamo migliori o peggiori?”

Ed ha illustrato i progressi effettuati in questi anni: “A proposito di pace, sul modello della Commissione Covid è nato anche il gruppo di lavoro ‘Catholic Response For Ucraine’ (CR4U), promosso dal nostro Dicastero. Questo gruppo si è costituito come spazio di dialogo strutturato e coordinamento tra i tanti attori cattolici che si stanno prodigando per assistere la popolazione ucraina nei bisogni più impellenti.

Ci aveva infatti chiesto ‘concretezza’ papa Francesco e cercheremo di continuare su questa strada. Nel contesto della pandemia ‘concretezza’ sono stati gli aiuti a chi ne aveva più bisogno nei momenti più difficili dell’emergenza, ad esempio attraverso il progetto ‘Sister Ambassadors network’, che ha riconosciuto tante donne, religiose, come leader affidabili nelle loro comunità in materia di salute, in una fase in cui le comunità stesse erano immerse in tanta confusione”.

Mentre nel video intervento il dott. Maximo Torero, Chief Economist della FAO, ha sottolineato che la pandemia si è trasformata in crisi alimentare: “Durante la pandemia di Covid-19, una crisi sanitaria si è rapidamente trasformata in una crisi alimentare, in quanto il virus ha causato una carenza di lavoratori agricoli e ha minacciato di interrompere le catene di fornitura alimentare.

Ci ha insegnato l’importanza di comprendere le sfide interconnesse per soddisfare la crescente domanda di cibo, proteggendo al contempo la sostenibilità ambientale, sociale ed economica, come previsto dagli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals)”.

Ed i poveri sono aumentati: “L’80% dei poveri del mondo vive nelle aree rurali e dipende dall’agricoltura per sopravvivere. Molti di loro – donne, bambini, popolazioni indigene e persone con disabilità – non hanno accesso al cibo e devono fare i conti con raccolti scarsi, sementi e fertilizzanti costosi e mancanza di servizi finanziari. Sono direttamente colpiti dai rischi e dalle incertezze che affliggono i nostri sistemi agroalimentari.

La gravità della situazione richiede un approccio olistico per affrontare il problema della fame. Dobbiamo capire che queste crisi sono interconnesse. Dobbiamo capire che abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri e che se non agiamo con fraternità e solidarietà non saremo in grado di risolvere le immense sfide che stiamo affrontando oggi”.

Infine il cantautore Simone Cristicchi ha sottolineato il valore della parola ‘cura’, che è anche il titolo di uno dei suoi lavori: “Nadia Maria, una suora di clausura che è diventata mia amica, ascoltò la canzone in anteprima: ‘Abbi cura di me’ può essere interpretata come una preghiera di Dio all’uomo! Perché Dio ha bisogno che ci prendiamo cura di lui e del creato, per portare a compimento la sua Opera.

In ognuno di noi esiste questa fragilità, questo senso di separazione da qualcosa. Da quando veniamo gettati nel mondo, dal momento in cui usciamo dalla pancia materna, cerchiamo quel senso di completezza, che si può trovare nell’amore, nell’abbraccio di un amico o del Divino… Non abbiamo bisogno di urla, ma di sussurri. Non ci servono schiaffi, ma carezze. Non dobbiamo apparire forti a tutti i costi, ma nella fragilità sentire la nostra potenza. Perché non siamo al mondo per essere perfetti, ma per essere veri”.

Ed il messaggio del papa si conclude con un auspicio: “Nel condividere queste riflessioni, auspico che nel nuovo anno possiamo camminare insieme facendo tesoro di quanto la storia ci può insegnare. Formulo i migliori voti ai Capi di Stato e di Governo, ai Responsabili delle Organizzazioni internazionali, ai Leaders delle diverse religioni. A tutti gli uomini e le donne di buona volontà auguro di costruire giorno per giorno, come artigiani di pace, un buon anno! Maria Immacolata, Madre di Gesù e Regina della Pace, interceda per noi e per il mondo intero”.

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