Il 13 dicembre 1250 muore Federico II, il Stupor Mundi

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 13.12.2022 – Vik van Brantegem] – Federico II Hohenstaufen (Jesi, 26 dicembre 1194 – Fiorentino di Puglia, 13 dicembre 1250) fu Re di Sicilia (come Federico I di Sicilia, dal 1198 al 1250), Duca di Svevia (come Federico VII di Svevia, dal 1212 al 1216), Re di Germania (dal 1212 al 1220) e Imperatore dei Romani (come Federico II del Sacro Romano Impero, eletto nel 1211, incoronato ad Aquisgrana nel 1215, incoronato a Roma dal Papa nel 1220), infine Re di Gerusalemme (dal 1225 per matrimonio, autoincoronatosi a Gerusalemme nel 1229). Apparteneva alla nobile famiglia sveva degli Hohenstaufen e discendeva per parte di madre dalla dinastia normanna degli Altavilla, regnanti di Sicilia. Conosciuto con gli appellativi Stupor Mundi (meraviglia del mondo) o Puer Apuliae (fanciullo di Puglia), Federico II era dotato di una personalità poliedrica e affascinante che, fin dalla sua epoca, ha polarizzato l’attenzione degli storici e del popolo, producendo anche una lunga serie di miti e leggende popolari, nel bene e nel male. Il suo regno fu principalmente caratterizzato da una forte attività legislativa e di innovazione artistica e culturale, volte ad unificare le terre e i popoli, fortemente contrastata dalla Chiesa. Egli stesso fu un apprezzabile letterato, convinto protettore di artisti e studiosi. La sua corte fu luogo di incontro fra le culture greca, latina, araba ed ebraica.

Riportiamo di seguito un articolo di Barbara Serafini, pubblicato oggi su Fremondoweb-Sguardi sul Sannio [QUI].

Imperatore di Germania e Re di Sicilia, Federico II è il nome dell’uomo che fece del Mezzogiorno d’Italia una culla di civiltà e cultura. A Napoli fondò l’Università e nella corte di Palermo, grazie a lui, fiorì la scuola poetica siciliana, al cui interno convissero la cultura latina, cristiana e araba, all’insegna di una smisurata tolleranza.

Morì a Castello di Fiorentino il 13 dicembre 1250, a soli 56 anni. Si sentì male già qualche giorno prima, durante una battuta di caccia, colpito da un’infiammazione intestinale a cui presto seguì una serie violenta di attacchi di dissenteria.

Federico II apparteneva alla nobile famiglia sveva degli Hohenstaufen e fu l’ultimo sovrano a regnare in Sicilia appartenente a tale dinastia. Per parte della madre Costanza era discendente dei normanni di Altavilla, conquistatori di Sicilia e fondatori del suddetto Regno di Sicilia. Conosciuto nel mondo con gli appellativi Stupor Mundi (meraviglia del mondo) o Puer Apuliae (fanciullo di Puglia), Federico II era molto amato e apprezzato per la sua personalità poliedrica e affascinante che ha rapito l’attenzione degli storici e del popolo, dando vita anche a una lunga serie di miti e leggende popolari. Uomo dal carisma fuori dal comune al punto che quando morì, il figlio Manfredi, futuro Re di Sicilia, in una lettera indirizzata al fratello Corrado IV scrisse tali parole: “Il sole del mondo si è addormentato, lui che brillava sui popoli, il sole dei giusti, l’asilo della pace”.

Il suo regno fu principalmente caratterizzato da una forte attività legislativa ma specialmente da una grandissima innovazione artistica e culturale, che intendeva unificare le terre e i popoli, azione però fortemente contrastata dalla Chiesa, di cui il sovrano mise in discussione il potere temporale, avvenimento che gli valse ben due scomuniche dal Papa Gregorio IX, che addirittura vide in lui l’anticristo. Federico fu un apprezzabile letterato, carismatico e scomodo, colto e spietato, protettore di artisti e studiosi: la sua corte fu fervida e prolifica come fucina di cultura, luogo di incontro fra il sapere greco, latino, germanico, arabo ed ebraico, studioso egli stesso della cultura islamica. Fu un uomo molto colto ed energico, fu poeta e scienziato, e con il suo carisma riuscì a stabilire in Sicilia e nell’Italia meridionale un’amministrazione efficiente, molto vicina alla politica moderna.

Fu un poliglotta, erano sei le lingue da lui parlate: il latino, il siciliano, il tedesco, il francese, il greco e l’arabo e fu molto abile a promuovere le lettere attraverso la poesia della Scuola siciliana. La sua corte reale siciliana a Palermo vide uno dei primi utilizzi letterari di una lingua romanza, il siciliano appunto, dopo l’esperienza provenzale, e la poesia prodotta dalla Scuola ebbe una notevole influenza sulla letteratura e su quella che sarebbe diventata la moderna lingua italiana. Dante e i suoi contemporanei ne fecero buon uso e anticiparono di almeno un secolo l’uso dell’idioma toscano come lingua d’élite letteraria d’Italia.

L’Impero finì con la sua morte ma rimanere memorabilis posteris, lasciare un segno indelebile, fu la sua più grande ambizione. E più di ciò che è stato non avrebbe potuto desiderare.

Barbara Serafini

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