La politica della prossimità di Papa Francesco

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 13.12.2022 – Andrea Gagliarducci] – Papa Francesco ama particolarmente il contatto personale con le persone. E questo non solo quando è nell’udienza generale in piazza ma anche, in genere, quando deve entrare in conversazioni più impegnative. Ai contatti istituzionali preferisce i contatti personali. Invece delle segnalazioni della Segreteria di Stato, gli piacciono i suggerimenti della gente comune. È un tratto caratteristico della sua personalità che si ritrova in vari discorsi.

Fin dall’inizio del suo pontificato, Papa Francesco ha sottolineato che «è dalla periferia che si vede meglio il centro» [QUI], un’affermazione che potrebbe avere un duplice significato. Il primo significato è, che i problemi della Chiesa non si possono capire stando nel cuore del governo della Chiesa e che per questo bisogna invece stare nelle periferie per vedere i problemi concreti. Il secondo significato è che lui, un Papa venuto da lontano, ha saputo capire i problemi nella Chiesa.

Era, insomma, una dichiarazione governativa mascherata come un’affermazione pastorale. E anche questa è una caratteristica di Papa Francesco, che è un Papa che governa, e che tiene sempre a precisare che il suo governo è “pastorale”. Lo si vede nei 49 Motu propri [QUI],  le tante Rescripta ex audientia sanctissimi, la riforma della Curia, la riforma del processo matrimoniale, per non parlare di altre riforme, che Papa Francesco ha ereditato e portato a termine, come la riforma del Codice Vaticano o la riforma finanziaria.

Non capisci Papa Francesco, se non capisci che il Papa ripone la sua fiducia solo in circoli fidati molto ristretti di persone, che cambiano continuamente. Si insospettisce se gli viene presentato un approccio istituzionale alle questioni. Se un funzionario della Santa Sede gli fa notare qualcosa e magari redige un rapporto, non necessariamente lo avalla. Ma se una suora di cui il Papa si fida fornisce la stessa risposta, sicuramente seguirà quella suora.

Così Papa Francesco ha un’agenda di incontri ufficiali, che si tengono al Palazzo Apostolico la mattina, e poi un calendario di incontri ufficiosi, che non passano nemmeno per la Prefettura della Casa Pontificia o per i segretari particolari, ma sono gestiti direttamente da lui. Di questi incontri si sa poco ufficialmente, se non c’è qualcuno che partecipa a far sapere di aver avuto l’incontro. È il governo informale di Papa Francesco, che usa tutti come fonte di informazione, ma senza mai prendere una posizione netta.

Da questo punto di vista diventano più chiare alcune posizioni di Papa Francesco. Ad esempio, la posizione sulla guerra in Ucraina sembrava più influenzata dalle conversazioni del Papa che da quanto gli veniva detto ufficialmente dalla Segreteria di Stato o dai vescovi in Ucraina, di rito latino e greco-cattolico.

La svolta nella posizione del Papa sulla guerra in corso è avvenuta solo dopo un incontro personale con Sua Beatitudine Svjatoslav Ševčuk [QUI], padre e capo della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina [Arcivescovo maggiore di Kiev-Halyč, Arcieparca metropolita di Kiev degli ucraini e Presidente del Sinodo della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina. È stato Vescovo ausiliare di Santa Maria del Patrocinio in Buenos Aires degli Ucraini]. Dopo che era venuto a Roma per una settimana ai primi di novembre, il Papa ha cominciato a prendere una posizione più netta sulla guerra, al punto da commuoversi durante la preghiera per l’Ucraina davanti alla statua della Madonna in piazza di Spagna lo scorso 8 dicembre.

Il cambio di posizione non è avvenuto senza colpi di scena. Il Papa non vuole mettere in crisi nessun rapporto ma mantenere buoni rapporti con tutti. Perciò ha fatto i salti mortali per conciliare la vicinanza al popolo ucraino con l’affermazione [QUI], che “gli atti di guerra più crudeli non sono opera delle etnie russe, ma di ceceni e buriati”. Una dichiarazione che, nel tentativo di salvare i rapporti con la Russia, ha avuto invece l’effetto di far arrabbiare indistintamente Ucraini, Russi, Buriati e Ceceni.

Altre decisioni di Papa Francesco sono logicamente inspiegabili se non vengono ricondotte a una decisione personale scaturita da una richiesta individuale. Ad esempio, il processo vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato è nato da una denuncia di Gianfranco Mammì, Direttore generale dell’Istituto per le Opere di Religione, che Papa Francesco tiene in grande considerazione.

Ma anche la decisione di sottrarre alla Segreteria di Stato la gestione dei fondi ha avuto una nota personale che non poteva non essere suggerita e attuata: il Papa, infatti, ha chiesto esplicitamente di trasferire denaro dal fondo Centurion, un punto unico in una decisione che dovrebbe essere più generica e non riguardare solo uno dei vari fondi della Segreteria di Stato, come se si trattasse di una specifica sanzione.

Papa Francesco non ama avere una corte papale e teme che i cortigiani vogliano solo sopprimerlo o metterlo in imbarazzo. Il Vaticano però è un mondo piccolo, ci sono vari interessi che si incrociano, ma certo a pochi interessa uccidere il re perché è lui che garantisce i beni. Invece, l’istituzione evita di attribuire un peso eccessivo alle consultazioni con i singoli, quindi protegge il Papa.

Il paradosso Francesco risiede anche qui. Ha cercato di evitare che i guardiani decidessero l’accesso a lui, ma così facendo ha permesso ad alcune persone di diventare molto influenti. E anche se queste persone sono intercambiabili agli occhi del Papa, resta il rischio che possano dirigere tutto per il verso sbagliato quando sono vicine.

Così il Papa delle periferie si trova a non capire il centro. E il rischio è che, in questa mancanza di comprensione, si smantelli tutto il lavoro fatto in precedenza, anche quello molto buono, senza sostituirlo. Dopotutto, la vicinanza porta anche alla perpetuazione di certe relazioni. Questi rapporti sono, sì, al di fuori della Curia. Ma hanno un’influenza sul Papa che non può essere sottovalutata.

Questo articolo nella nostra traduzione italiana è stato pubblicato ieri 12 dicembre 2022 in inglese dall’autore sul suo blog Monday Vatican [QUI].

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