A Padova presentato un libro di mons. Antonio Riboldi

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A quasi 100 anni dalla nascita di monsignor Antonio Riboldi (1923-2017), l’Associazione Editoriale ‘Promozione Cattolica’ nelle scorse settimane ha presentata, nel trentesimo anno dalla pubblicazione, la riedizione del libro ‘Tempo di coraggio – Oggi come ieri’, che raccoglie riflessioni e discorsi del vescovo di Acerra-Napoli (1978-1999), mons. Antonio Riboldi.

Il libro è stato presentato a Padova da Luciano Lincetto, direttore dell’Associazione Editoriale ‘Promozione Cattolica’ di Padova, durante un convegno che vuole essere la prima tappa di un cammino per la valorizzazione della figura di mons. Riboldi che, da sacerdote prima e vescovo poi, si è battuto a favore della legalità e della giustizia.

A tal proposito, va ricordato che fu anche direttore responsabile del mensile ‘Amici di Follereau’, dell’Associazione Italiana (AIFO), organizzazione non governativa fondata nel 1961 da un gruppo di missionari comboniani allo scopo di operare per i diritti degli ultimi della terra, ispirati dal messaggio di amore e giustizia del giornalista francese Raoul Follereau.

I lavori sono stati aperti da p. Alvaro Grammatica, rappresentante della ‘Koinonia Giovanni Battista’, a cui hanno partecipato don Vito Nardin, già padre generale dei rosminiani, vicino a mons. Riboldi fino alla morte; Luigi Accattoli, già giornalista del Corriere della Sera, che ha raccontato aneddoti relativi alle interviste con il vescovo di Acerra, con la testimonianza di Ernesto Olivero, fondatore del Servizio Missionario Giovani (Sermig) di Torino.

Nel  racconto don Nardin ha ricordato l’esperienza che mons. Riboldi fece prima in Sicilia eppoi ad Acerra, invitando la gente a rialzarsi ed a mobilitarsi: “Don Antonio Riboldi è da ricordare con gratitudine perché si è impegnato proprio in questo. In Sicilia a ad Acerra si continua ancora oggi a trarre stimolo dal suo esempio.

Le iniziative che sono in corso in occasione del quarantesimo del suo impegno civile contro la camorra nel 1982, in corrispondenza con il quinto anniversario della sua scomparsa il 10 dicembre 2017, del centenario della sua nascita il 16 gennaio prossimo stanno a testimoniare che il suo invito a risorgere è tuttora patrimonio condiviso e apprezzato”.

Raccontando la sua vita don Nardin ha ricordato il suo ‘spostamento’ in Sicilia, che non accolse con favore: “Nella nuova missione, all’inizio si sentì ridimensionato a causa della situazione della vita parrocchiale ferita per precedenti problemi, che avevano indotto il vescovo ad affidarla a noi rosminiani.

Ben presto fu apprezzato, tanto che il vescovo di Mazara del Vallo lo proponeva come padre spirituale del Seminario e parroco di una nuova parrocchia a Castelvetrano. A Santa Ninfa la vita cristiana nelle famiglie, nelle associazioni cresceva. Per tre anni, durante l’estate, visitò gli emigrati in Svizzera, Germania, Stati Uniti, Venezuela munito di una cinepresa per portare e riportare i saluti, le immagini e unire mondi così lontani e aiutare a vivere uniti”.

E giunse il terremoto e mons. Riboldi fu soprannominato ‘don terremoto’: “Non, quindi il parroco in una grande città, ma quello della risurrezione dalle macerie continuando nel piccolo paese disastrato. Lo aspettavano altri dieci anni di vita pastorale ancora più attiva in una baracca, ricominciando tutto da capo.

Le famiglie fino a 6 membri vivevano in 24 metri quadrati. La ricostruzione delle opere pubbliche si perdeva in opere faraoniche, mentre della ricostruzione delle case dei proprietari non si avevano che annunci ripetuti di anno in anno.

La prima sveglia avvenne con la marcia di Pax Christi, guidata da mons. Luigi Bettazzi il 31 dicembre 1972. Oggi anch’egli minimo mezzo, è l’unico vescovo vivente tra quelli che hanno partecipato al Concilio. L’unico anche, allora, a nominare Rosmini durante il suo intervento nella Basilica san Pietro”.

Proprio da questa esperienza tra i terremotati fu chiamato a portare la testimonianza al Convegno ecclesiale del 1976 sul tema ‘Evangelizzazione e Promozione umana’: “Il binomio ‘Evangelizzazione e Promozione umana’ fu il titolo del primo grande Convegno ecclesiale, ove il parroco don Riboldi fu scelto, tra tutti i parroci d’Italia, a narrare l’esperienza in atto tra la nostra gente in baracca.

In quell’occasione i vescovi siciliani presenti si congratularono con lui e da quel momento fu avviato l’iter per la sua nomina a vescovo. Non in Sicilia, però in quanto si era già deciso precedentemente che i nuovi vescovi dovessero essere siciliani.

I mezzi di comunicazione interpretarono questo fatto usando il detto ‘promoveatur ut amoveatur’. Era una promozione, ma nel senso rosminiano, cioè di un maggiore spazio di servizio, date le sue assodate e cresciute capacità, appunto la sua sfera di attività”.

E fu nominato vescovo ad Acerra: “Anche la sua consacrazione episcopale è avvenuta nello spirito del minimo mezzo. A cielo aperto, in mezzo alle baracche, su un palco formato dai banchi di formica e lamierino delle aule della scuola abbandonata da otto anni, legati col filo di ferro e coperti con i pochi tappeti recuperati a suo tempo dalle chiese lesionate o distrutte.

Una consacrazione episcopale insolita, qualificata, oltre che per la presenza di tutti i vescovi della Sicilia, anche del presidente della Regione Piersanti Mattarella, e del generale Alberto Dalla Chiesa, di tutti i sindaci”.

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