RD Congo: s’infiamma ancora il Kivu. Migliaia in fuga dalla guerra

Volto di un bambino africano
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I ribelli che avanzano, le forze governative in ritirata e decine di migliaia di civili in fuga. Il Nord Kivu, regione orientale della Repubblica democratica del Congo al confine con il Rwanda, rischia una “crisi umanitaria di dimensioni catastrofiche”, come ha avvertito il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon.

La situazione è davvero difficile, con la missione Onu sul posto che non riesce a garantire sicurezza e la vita di migliaia di persone messa ancora una volta a repentaglio dal gioco di potere e di denaro che da oltre un decennio caratterizza l’est del paese. Gli uomini del Congresso nazionale per la difesa del popolo (Cndp), guidato dall’ex generale di etnia Tutsi, Laurent Nkuda, sono alle porte di Goma, centro di collegamento della regione, e hanno costretto i militari, con cui si scontrano da domenica, a ritirarsi a sud, verso Bukavu. In citta’ sono rimasti solo i ‘caschi blu’ della missione Onu (Monuc) a presidiare – come possono – sulla sicurezza degli abitanti che, in decine di migliaia, hanno abbandonato le loro abitazioni. Dopo aver annunciato l’assalto a Goma, gli uomini di Nkuda hanno poi fatto dietrofront e dichiarato un “cessate-il-fuoco unilaterale” per “non gettare nel panico la popolazione di Goma”. Ma la situazione nella regione al confine col Ruanda e’ comunque drammatica. Secondo l’Agenzia per i rifugiati della Nazioni Unite (Unhcr), il ritiro dell’esercito ha creato panico nella popolazione locale: dal vicino campo profughi di Kibati sono fuggite 45.000 persone, mentre altre 20.000 avevano lasciato nei giorni scorsi i villaggi piu’ a nord. Una missionaria spagnola di 64 anni ha perso entrambe le gambe nell’esplosione di una bomba a Rutshuru. L’esercito congolese non sembra in grado di fermare l’avanzata dei ribelli (ieri si era ritirato da un’altra citta’, Rutshuru) e i ‘caschi blu’ sono accusati di non fare abbastanza per fermarli.

Il Consiglio di sicurezza dell’Onu si e’ riunito d’urgenza per valutare il da farsi. Il segretario Ban si e’ detto “allarmato” per le violenze che potrebbero avere “conseguenze atroci su base regionale”. Il riferimento e’ al vicino Ruanda e al genocidio del 1994 tra Hutu e Tutsi, legato con doppio filo agli scontri esplosi nel nord est della Repubblica democratica del Congo. Kigali ha accusato l’esercito congolese di aver sparato in zone lungo il confine, mentre le truppe di Kinshasa sostengono di essere state attaccate da spari provenienti dal territorio ruandese. Dagli Stati Uniti, il vice segretario di Stato per gli Affari africani, Jendayi Frazer, in partenza per Kinshasa, ha avvertito che Washington “non ha prove che il Ruanda stia combattendo in Congo, ma crede che il territorio ruandese sia usato per fornire sostegno al Cndp”. La Francia, presidente di turno dell’Unione europea, ha fatto sapere per bocca del suo ministro degli esteri Bernard Kouchner, che i Ventisette stanno valutando l’ipotesi di inviare un piccolo contingente (400-1.500) in sostegno alla Monuc.

“Non c’e’ – ha affermato Cristina Gallach – nessuna discussione in merito a un ruolo militare dell’Unione e non c’e’ stata in questo senso nessuna richiesta”. La portavoce ha anche fatto sapere che lo stesso segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha chiesto a Solana in una telefonata un sostegno diplomatico, quindi nessun aiuto militare. Solana comunque, ha aggiunto la portavoce “continua a rimaner ein contatto con il governo Sudafricano che ha molta influenza nella Regione cosi’ come con il presdiente del Congo, Joseph Kabila e quello del Rwanda Paul Kagame”. Poc fa il ministro degli Esteri francese, Bernad Kouchner, aveva reso noto che l’Ue starebbe valutando di inviare un piccolo contingente, dai 400 ai 1.500 uomini, nella Repubblica democratica del Congo anche se diversi Paesi dell’Ue avrebbero bocciato la proposta. La missione Ue dovrebbe aiutare i 17.000 uomini del contingente Onu (Monuc) a mantenere la pace e ad allontanare il rischio di una nuova guerra civile.

Secondo l’opinione di molti, Nkunda risponde ancora oggi agli ordini del Ruanda, che gli garantisce ingenti forniture di armi contro i ‘genocidari’. Secondo uno schema che si ripete da anni, il governo di Kinshasa accusa il Ruanda di inviare truppe a sostegno a Nkunda, mentre Kigali rimprovera a Kinshasa di non intervenire contro i ribelli hutu ruandesi delle Forze democratiche di liberazione del Ruanda (Fdlr). Di fatto, l’assenza di una soluzione negoziata regionale e l’incapacità del governo congolese di affermare la propria autorità nell’est del Paese lasciano campo libero a diversi gruppi armati, interessati alle ricchezze minerarie di cui il Kivu è ricco, a scapito della popolazione civile. I gruppi armati si sono costituiti dei santuari. Dettano legge, gestiscono centinaia di cave dove si estraggono i minerali che arricchiscono i loro capi, sostengono alcuni esperti della regione. E nei rapporti Onu è scritto che Kinshasa è informato dei traffici dei minerali, saccheggiati ed esportati attraverso gli stati vicini, spesso con la complicità di alti responsabili dei servizi di sicurezza di questi paesi.

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