Aparecida e Emmaus: la Chiesa in Brasile secondo Papa Francesco
Riparte da Aparecida Papa Francesco, da quella pesca miracolosa che svela la pazienza dell’uomo che attende lo svelamento del mistero. Una pazienza che hanno avuto i pescatori che hanno ritrovato la immagine di Maria e che oggi in molti, troppi, hanno perso lasciandosi attrarre da “caricature” che li hanno delusi. A loro occorre ridare luce e speranza, camminare con loro con semplicità e seguendo la via di Dio che è “incanto e fascino”.
Il Papa parla ai vescovi del Brasile e lo fa a tavola. Un incontro fraterno che il cardinale Damasceno Assis presidente della Conferenza episcopale saluta come occasione per dire la gioia e la responsabilità per l’ America Latina di avere un Papa del continente: “In un certo senso gli sguardi della Chiesa universale si sono rivolti verso la Chiesa dell’America Latina, cioè, verso di noi.”
É il documento di Aparecida il grande protagonista del lungo discorso di Papa Francesco. Una sintesi delle proposte che furono fatte. Una delle novità del documento è il suo intento di rivitalizzare la vita dei battezzati affinché rimangano nella Chiesa e proseguano nella sequela di Gesù. E questo che spiega il Papa, usando spesso frasi di grande impatto emotivo, come il racconto del ritrovamento della Aparecida . “Le acque sono profonde e tuttavia nascondono sempre la possibilità di Dio; e Lui è arrivato di sorpresa, forse quando non era più atteso. La pazienza di coloro che lo attendono è sempre messa alla prova. E Dio è arrivato in modo nuovo, perché può sempre reinventarsi: un’immagine di fragile argilla, oscurata dalle acque del fiume, anche invecchiata dal tempo. Dio entra sempre nelle vesti della pochezza.”
Il messaggio di Dio è ricomporre ciò che è fratturato, l’uomo e la società. I pescatori aprono la loro casa al messaggio e al Mistero “poi è Dio a sprigionare il calore di cui abbiamo bisogno, ma prima entra con l’astuzia di colui che mendica. I pescatori coprono quel mistero della Vergine con il manto povero della loro fede.”
Da qui il Papa parte per richiamare al problema della comunicazione del Mistero e del Vangelo. A volte, dice “perdiamo coloro che non ci capiscono perché abbiamo disimparato la semplicità, importando dal di fuori anche una razionalità aliena alla nostra gente.
Senza la grammatica della semplicità, la Chiesa si priva delle condizioni che rendono possibile “pescare” Dio nelle acque profonde del suo Mistero.”
E coloro che si perdono sono come i discepoli che Gesù incontra che scappano di Gerusalemme: sono nel buio, hanno paura, non capiscono. Dice il Papa : “Il mistero difficile della gente che lascia la Chiesa; di persone che, dopo essersi lasciate illudere da altre proposte, ritengono che ormai la Chiesa – la loro Gerusalemme – non possa offrire più qualcosa di significativo e importante. E allora vanno per la strada da soli, con la loro delusione. Forse la Chiesa è apparsa troppo debole, forse troppo lontana dai loro bisogni, forse troppo povera per rispondere alle loro inquietudini, forse troppo fredda nei loro confronti, forse troppo autoreferenziale, forse prigioniera dei propri rigidi linguaggi, forse il mondo sembra aver reso la Chiesa un relitto del passato, insufficiente per le nuove domande; forse la Chiesa aveva risposte per l’infanzia dell’uomo ma non per la sua età adulta . Il fatto è che oggi ci sono molti che sono come i due discepoli di Emmaus; non solo coloro che cercano risposte nei nuovi e diffusi gruppi religiosi, ma anche coloro che sembrano ormai senza Dio sia nella teoria che nella pratica.
Di fronte a questa situazione che cosa fare? Serve una Chiesa che non abbia paura di uscire nella loro notte.”
Le immagine che propone il Papa sono suggestive, anche se a volte si ha l’impressione che si riferisca alla “Chiesa” come ad una struttura piuttosto che ad un corpo vivo composto anche da quei discepoli impauriti.
La proposta del Papa è di una Chiesa “in grado di far compagnia, di andare al di là del semplice ascolto; una Chiesa che accompagna il cammino mettendosi in cammino con la gente; una Chiesa capace di decifrare la notte contenuta nella fuga di tanti fratelli e sorelle da Gerusalemme; una Chiesa che si renda conto di come le ragioni per le quali c’è chi si allontana contengono già in se stesse anche le ragioni per un possibile ritorno, ma è necessario saper leggere il tutto con coraggio.
Vorrei che ci domandassimo tutti, oggi: siamo ancora una Chiesa capace di riscaldare il cuore? Una Chiesa capace di ricondurre a Gerusalemme? Di riaccompagnare a casa? In Gerusalemme abitano le nostre sorgenti: Scrittura, Catechesi, Sacramenti, Comunità, amicizia del Signore, Maria e gli Apostoli… Siamo ancora in grado di raccontare queste fonti così da risvegliare l’incanto per la loro bellezza?”
E allora perchè tanti se ne sono andati? Perchè gli è stato promesso qualcosa di più. Più alto, più forte, più veloce. E’ la sfida che i cattolici in Brasile vivono quotidianamente, la sfida delle sette che propongono il successo come lo presenta il mondo, la sfida di certa politica che prospetta il raggiungimento immediato di obiettivi vincenti.
E il Papa si chiede: “ Ma c’è qualcosa di più alto dell’amore rivelato a Gerusalemme? Nulla è più alto dell’abbassamento della Croce, poiché lì si raggiunge veramente l’altezza dell’amore! Siamo ancora in grado di mostrare questa verità a coloro che pensano che la vera altezza della vita sia altrove? Si conosce qualcosa di più forte della potenza nascosta nella fragilità dell’amore, del bene, della verità, della bellezza?
La ricerca di ciò che è sempre più veloce a tira l’uomo d’oggi: internet veloce, auto veloci, aerei veloci, rapporti veloci… E tuttavia si avverte una disperata necessità di calma, vorrei dire di lentezza. La Chiesa, sa ancora essere lenta: nel tempo, per ascoltare, nella pazienza, per ricucire e ricomporre? O anche la Chiesa è ormai travolta della frenesia dell’efficienza?”
E allora dice il Papa “Serve una Chiesa capace ancora di accompagnare il ritorno a Gerusalemme! Una Chiesa che sia in grado di far riscoprire le cose gloriose e gioiose che si dicono di Gerusalemme, di far capire che essa è mia Madre, nostra Madre e non siano orfani! In essa siamo nati. Dov’è la nostra Gerusalemme, dove siamo nati? Nel Battesimo, nel primo incontro
di amore, nella chiamata, nella vocazione! Serve una Chiesa capace ancora di ridare cittadinanza a tanti dei suoi figli che camminano come in un esodo.”
Aparecida e Emmaus, due luoghi e due icone che descrivono il movimento del cuore dell’uomo, che cerca il mistero, ma è spaventato dalla vita reale.
É questo il terreno dell’incontro dei cattolici brasiliani che non sono più una maggioranza compatta, ma che si perdono per paura. Dalle sette, alla non appartenenza, all’ oblio di se stessi, il percorso di una società che deve ricostruire se stessa e far diventare la propria fede adulta, coerente.
Una Chiesa vicina a tutti, sembra dire il Papa, ma che non perda i suoi valori.
Ai vescovi del Brasile il Papa ricorda le sfide da affrontare: la formazione, che deve essere anche saggezza pratica, la collegialità e la solidarietà, che significa ricchezza della diversità, lo stato permanente di missione, di nuova evangelizzazione disse Giovanni Paolo II nei sui tanti viaggi nel continente. Una trasmissione della fede che è come trasmettere una eredità, si consegna personalmente. Una missione per le donne, dice il Papa, “che hanno un ruolo fondamentale nel
trasmettere la fede. Non riduciamo l’impegno delle donne nella Chiesa, bensì promuoviamo il loro ruolo attivo nella comunità ecclesiale. Perdendo le donne la Chiesa rischia la sterilità.”
E nella società la Chiesa chiede una sola cosa: “la libertà di annunciare il Vangelo in modo integrale .” Poter servire l’uomo è l’aspirazione della Chiesa che “desidera rendere presente quel patrimonio immateriale senza il quale la società si sfalda, le città sarebbero travolte dai propri muri, abissi, barriere. La Chiesa ha il diritto e il dovere di mantenere accesa la fiamma della libertà e dell’unità dell’uomo”. E lo fa per il bene dell’intera società.
Parlando ai vescovi del Brasile il Papa non poteva dimenticare l’Amazzonia, con i suoi problemi di evangelizzazione e di rispetto della creazione.
Serve un clero autoctono, dice il Papa. “Servono formatori qualificati, soprattutto professori di teologia, per consolidare i risultati ottenuti nel campo della formazione di un clero autoctono, anche per avere sacerdoti adattati alle condizioni locali e consolidare, per così dire, il “volto amazzonico” della Chiesa.”