Da Verona il Festival della Dottrina Sociale un invito a costruire speranza

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Si è conclusa sabato scorso a Verona la XII^ edizione del Festival della Dottrina Sociale dal titolo ‘Costruire la fiducia – La passione dell’incontro’, organizzata dalla Fondazione ‘Segni Nuovi’ e incentrata sul tema della fiducia reciproca, con il messaggio conclusivo del vescovo della città, mons. Domenico Pompili, che ha dialogato con il prof. Mauro Magatti, docente di sociologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano:

“La fiducia da sempre è il sale delle società. Porre al centro dell’attenzione il tema della fiducia, come è stato fatto qui al Festival, significa essere consapevoli che in una società tendenzialmente frammentata come la nostra diventa necessario promuovere una cultura che sia volta al dialogo e al confronto, perché in questo modo si ha la possibilità di mettere a vantaggio di tutti le opportunità di ciascuno di noi”.

Sono stati oltre 70 gli incontri che hanno animato questa nuova edizione con una serata speciale dedicata al ‘Premio Imprenditori per il bene comune’ e numerosi tavoli di approfondimento di #GenerAttivi! A fare da cornice al palinsesto la mostra ‘Francescana Economia Fraterna’..

A concludere il festival la celebrazione eucaristica, officiata da mons.Card Mario Grech, Segretario Generale del Sinodo: “E’ molto evocativa l’immagine che accompagna il progetto di questo Festival. Un albero che affonda le radici nel bene comune e tre tronchi verdi che si uniscono in una perfetta sintesi di reciprocità. Guardando il ricco fogliame sembra quasi che questo richiami due vignette di un fumetto, mi piace pensare che queste contengono le parole d’amore dell’umanità, alimentate da quel cerchio che diventa linfa di tutto l’ecosistema”.

Il Festival della Dottrina Sociale era stato aperto dal video messaggio di papa Francesco, con i saluti del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e dell’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, sottolineando la necessità della fiducia:

“Sia che diamo sia che riponiamo fiducia, abbiamo sempre bisogno di qualcuno. Ecco allora che la fiducia non può esistere senza l’altro. Solo se siamo disposti a conoscerlo, a confrontarci, a vedere in lui il volto di Cristo, a condividere le sue gioie e le sue sofferenze possiamo confidare in lui. L’incontro sta dunque alla base della fiducia e la passione è quella scintilla che scalda i cuori e fa aprire le braccia all’altro”.

Al termine del festival ad Alberto Stizzoli, presidente della Fondazione ‘Segni Nuovi’, abbiamo chiesto di spiegare il motivo del titolo: “Le armi tuonano in ben 50 guerre locali nel mondo. E con l’invasione russa dell’Ucraina, dopo 80 anni, lo spettro della guerra e la minaccia della apocalisse nucleare si affaccia anche in Europa. La senatrice Segre, nell’aprire i lavori del Senato dopo le elezioni del 25 settembre ha denunciato i limiti di una politica urlata di contrapposizioni tra i partiti della mancanza di gentilezza e di capacità di dialogo nella politica italiana.

Il Festival della Dottrina Sociale sceglie sempre temi che esprimano i segni dei tempi. La Dottrina Sociale offre una bussola sulla solidarietà e sul bene comune, sulla dignità della persona è sulla solidarietà.

Ecco perché in un tempo caratterizzato dallo scontro, più che sull’incontro cerchiamo di offrire spunti e esperienze concrete sull’arte del dialogo. Perché la guerra porta morte e distruzione. Il dialogo costruisce invece pace e solidarietà”.

In quale modo è possibile costruirla?

“A Verona hanno parlato i fatti più che le teorie. Per noi la Dottrina Sociale non è una ideologia ma uno stile per rendere più umane e accoglienti le nostre città. Alcuni esempi trattati nel nostro programma. La giustizia riparativa. Far parlare carnefici e vittime.

Far dialogare i protagonisti della tragica stagione del terrorismo e i parenti delle vittime che hanno sperimentato il faticoso percorso del dialogo e del perdono. La famiglia. Che può essere luogo di scontri, di nefandezze, di divisioni e di conflitti.

O può essere una esperienza di dialogo, di crescita umana e di rinascita. Abbiamo presentato le storie di famiglie postmoderne che hanno vissuto lo scontro e appreso con fatica l’arte del dialogo.

Abbiamo festeggiato i 50 anni della straordinaria esperienza di Caresto. Il mondo dell’impresa e del lavoro. Con il premio impresa per il bene comune. Il mondo della sanità e della cura, con un serio esame su alcune importanti realtà del mondo degli ospedali.

I giovani, di cui abbiamo premiato i talenti di dialogo. I sindaci di alcune città italiane di diverso orientamento politico, che abbiamo messo in dialogo sul bene comune e sulle concrete realizzazioni che rispondono ai bisogni sociali. Sono solo alcuni esempi.

Ecco il dialogo nasce dalla pazienza dell’ascolto. In fondo il dialogo è l’arte di applicare nella vita la bussola della Dottrina Sociale. Che non è una esclusiva dei cattolici. Ma un cantiere aperto a tutti, un patrimonio delle nostre città”.

Qual è il futuro della democrazia?

“Ci siamo interrogati sul futuro della democrazia, a partire dai cambiamenti in atto nelle democrazie europee. A tal proposito crediamo sia necessario partire da una costatazione forse troppo spesso dimenticata: la non irreversibilità della conquista democratica.

In breve, riteniamo che i processi politici non siano determinati una volta per sempre ed è perciò compito dello studioso tentare di distinguere i cambiamenti effimeri e contingenti da quelli profondi e duraturi. Al termine della guerra fredda, la speranza di vedere un mondo sempre più democratico appariva solida e incontrovertibile.

Oggi dobbiamo constatare che tale speranza è stata in buona parte disattesa. E’ come se l’ottimismo di un futuro consegnato ai valori di libertà, di uguaglianza e di fraternità si scontrasse con una realtà che si manifesta in tutta la sua crudezza, assumendo i tratti del terrorismo, del populismo e del sovranismo.

In pratica, la ‘società aperta’, presunta tappa definitiva della storia, si sarebbe potuta solo diffondere ulteriormente e, invece, così non è avvenuto. Tuttavia, crediamo che i valori che sostengono le democrazie liberali siano tali non perché certificati da un’agenzia e tanto meno perché imposti; i valori sono tali solo e soltanto nella misura in cui vengano apprezzati e qualcuno sia disposto a pagare un prezzo per la loro difesa e promozione.

In breve, l’anima della democrazia è il suo pluralismo, il metodo che l’ha modellata fino ai nostri giorni è quello fallibilista (nella filosofia della scienza, impostazione metodologica che, negando la possibilità per la matematica e più in generale per la scienza di fornire dimostrazioni formali definitive, considera, sulla base del criterio di falsificabilità, le teorie scientifiche come congetture, nella cui confutazione parziale o totale, per mezzo di contro esempî, consisterebbe il progresso scientifico, ndr) del procedere per tentativi ed errori.

La rinuncia al pluralismo a favore dell’egemonia e l’aver confuso il fallibilismo metodologico con l’indifferentismo etico e qualunquista ha significato una mutazione genetica che ha portato la democrazia a presentarsi con la stessa arroganza e fallacia metodologica con le quali il socialismo si era imposto e per le quali è fallito.

Le democrazie liberali sono così costrette a fare i conti con i danni di una democrazia ridotta a procedure, assimilata per imitazione e ora rispedita deformata al mittente e utilizzata come arma di propaganda contro la stessa democrazia liberale.

Essersi illusi di aver tagliato il traguardo della storia, oltre il quale non sarebbe stato immaginabile andare e dal quale non si sarebbe potuto retrocedere, se non espandendo la propria egemonia per imitazione della struttura istituzionale, credo abbia rappresentato il più alto tradimento dei valori democratici, una mutazione genetica che è alla base della ragione per cui oggi siamo così incerti, avendo fatto entrare nella nostra cittadella democratica, antiperfettista e fallibilista, il cavallo di Troia delle democrazie illiberali”.

Come si fa ad essere ‘generattivi’?

“Contagiamoci è la rete informale creata da Fondazione Cattolica Verona costituita da persone che hanno saputo intraprendere nel sociale rispondendo ai bisogni del proprio territorio in modo nuovo, efficace e sostenibile. Un insieme di oltre 200 realtà sociali innovative che si confrontano su temi in continua evoluzione, trova soluzioni, sperimenta e propone all’esterno.

Gli incontri in presenza e da remoto, che accompagnano la rete durante tutto l’anno, creano i presupposti di una condivisione permanente che mette in rete sensibilità, competenze, orizzonti condivisi e reciproche disponibilità.

Questo trasferimento libero di apprendimenti e soluzioni non è la fine ma l’inizio di nuove sperimentazioni, sia individuali che collettive. Più che una rete ‘GenerAttivi!’ è un ecosistema aperto nel quale libertà, fiducia e generatività permettono di crescere e di sperimentare che si può dare senza perdere e prendere senza togliere.

Il festival rappresenta il luogo privilegiato di questi incontri: un incubatore di pensiero pensante e di concrete iniziative per incidere la realtà nel solco di un bene comune e più grande al quale tutti possono partecipare”.

Nel festival un argomento importante e centrale è stato il tema della natalità: per quale motivo è una questione sociale? 

“Oggi la natalità è inequivocabilmente la nuova questione sociale. I demografi, anche se nelle chiacchierate che facciamo sono molto espliciti, molte cose non le possono dire pubblicamente. Per questo lo faccio io. Sapete cosa accadrà se non cambia il trend demografico?

1. Crollerà il Pil. Sì, il tanto sbandierato Pil rischierà di diminuire ancora di più: demografia ed economia sono collegate tra di loro. Quindi diminuendo il Pil diventiamo un Paese più povero. 2. Crollerà il welfare. ‘La questione demografica è la prima urgenza da affrontare per la sostenibilità del debito pubblico’. Lo dice il CNEL. Quindi avremo un Paese dove i fragili saranno meno tutelati.

3. Crollerà il sistema pensionistico. Avremo una popolazione sempre più anziana e sempre meno lavoratori… Quindi avremo un Paese dove le giovani generazioni potrebbero non avere alcuna pensione. 4. Crollerà il sistema sanitario nazionale. O meglio diventerà a pagamento.

Se diminuiscono i lavoratori (se non riparte la natalità, ci saranno meno persone che lavorano e, quindi, ci saranno meno persone che pagheranno le tasse) riusciremo a rendere sostenibile il meccanismo? I numeri purtroppo sono sin troppo chiari. Quindi la sostenibilità e la gratuità del sistema sanitario nazionale sono a rischio”.

Quanto è importante per la società civile la Dottrina Sociale della Chiesa? 

“La dottrina sociale della Chiesa offre una visione integrale della condizione umana e una comprensione molto articolata della sua dimensione personale e sociale. Basandosi sui principi dell’antropologia cristiana, sostiene i valori più autentici della condizione umana, e così facendo, si rende testimonianza della fede cristiana nel mondo. D’altro canto, aiuta nel processo di inculturazione della fede, superando eventuali contrasti tra Vangelo e cultura.

Il papa san Giovanni Paolo II ricordava che la dottrina sociale della Chiesa diventa un efficace strumento di lavoro nella missione di nuova evangelizzazione. E’ ciò che la Chiesa cattolica identifica come il ruolo pastorale della dottrina sociale, la quale ha anche un importante ruolo nella formazione cristiana, in modo particolare, nella formazione di chi si assume delle responsabilità nella vita pubblica e nella società in generale.

Certamente questo impegno non si porta a compimento attraverso la mera spiegazione di teorie astratte, ma piuttosto motivando l’azione di chi lavora per rendere più umano il mondo attraverso l’annuncio del Vangelo. In un modo simile, la dottrina sociale ha un ruolo di grande rilievo nel dialogo dei fedeli tra la Chiesa cattolica e le Chiese non cattoliche, e persino, con quelli appartenenti ad altre religioni. Questa cooperazione trova la sua cifra nella comune difesa della dignità di ogni persona umana, nella promozione della pace e nella generosa cura dei poveri.

Perciò, ogni fedele cristiano ha un ruolo da svolgere nella vita sociale, che inizia con la testimonianza di una vita radicata nella fede in Cristo, che si esprime nella vita sociale con quella prudenza che rivela la capacità di decidere con saggezza e coraggio quali siano le scelte più giuste ed efficaci, che comportano la pratica della giustizia e della solidarietà come valori fondanti della vita in società.

In questo lavoro la Chiesa incoraggia lo spirito di collaborazione per cui le associazioni hanno un ruolo primario nell’offrire formazione e nel coordinare i propri sforzi in funzione dell’impegno nell’ambito sociale.

E’ proprio questo ciò che la Fondazione ‘Segni Nuovi’ si sforza di fare da diversi anni, formando tanti giovani, volontari e persone impegnate nelle attività pubbliche e sociali, promuovendo annualmente il ‘Festival della Dottrina Sociale’, sostenendo la ‘Scuola per l’alta dirigenza in Dottrina Sociale’, e cercando forme innovative di collaborazione con altri organismi cattolici che, in diverse parti del mondo, condividono questa passione per ‘tutto ciò che è umano’, come affermava papa san Paolo VI.

Questo impegno per approfondire e promuovere la dottrina sociale diventa un servizio all’umanità, a ogni persona umana. Questo servizio inizia nella generosa disponibilità del cuore di ciascuno e porta al coinvolgimento nelle necessità e prospettive di vita degli altri, attraverso una partecipazione attiva nella vita pubblica e sociale, che tende a preservare la dimensione etica della cultura”.

(Foto: Festival della Dottrina Sociale)

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