Papa Francesco invita i teologi ad ‘arrischiarsi’

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La Tradizione fa crescere la Chiesa dal basso verso l’alto, come le radici con l’albero, anche se esiste il pericolo di ‘ritornare indietro’, che porta a pensare secondo la logica del ‘si è fatto sempre così’. Lo ha affermato papa Francesco, incontrando i membri della Commissione teologica, istituita da Paolo VI nel 1969.

Ringraziandoli per i tre temi approfonditi papa Francesco ha sottolineato questo servizio svolto alla luce del Concilio Vaticano II: “Il primo è l’attualità irrinunciabile e sempre feconda della fede cristologica professata dal Concilio di Nicea, al compimento dei 1700 anni dalla sua celebrazione (325-2025);

il secondo è l’esame di alcune questioni antropologiche oggi emergenti e di significato cruciale per il cammino della famiglia umana, alla luce del disegno divino della salvezza; e il terzo è l’approfondimento, oggi sempre più urgente e decisivo, della teologia della creazione in prospettiva trinitaria, in ascolto del grido dei poveri e della terra”.

Ed ha indicato tre ‘direttrici’ da seguire: “La prima direttrice è quella della fedeltà creativa alla Tradizione. Si tratta di assumere con fede e con amore e di declinare con rigore e apertura l’impegno di esercitare il ministero della teologia (in ascolto della Parola di Dio, del sensus fidei del Popolo di Dio, del Magistero e dei carismi, e nel discernimento dei segni dei tempi) per il progresso della Tradizione apostolica, sotto l’assistenza dello Spirito Santo, come insegna la ‘Dei Verbum’.

Benedetto XVI descrive infatti la Tradizione come ‘il fiume vivo nel quale sempre le origini sono presenti’; così che essa ‘irriga diverse terre, alimenta diverse geografie, facendo germogliare il meglio di quella terra, il meglio di quella cultura. In questo modo, il Vangelo continua a incarnarsi in tutti gli angoli del mondo, in maniera sempre nuova’”.

E’ un richiamo alla fedeltà ‘creativa’ della tradizione: “La tradizione, l’origine della fede, che o cresce o si spegne. Perché, diceva uno (credo fosse un musicista) che la tradizione è la garanzia del futuro e non un pezzo di museo.

E’ quello che fa crescere la Chiesa dal basso in alto, come l’albero: le radici. Invece un altro diceva che il tradizionalismo è la ‘fede morta dei vivi’: quando tu ti chiudi. La tradizione (voglio sottolineare questo) ci fa muovere in questa direzione: da giù in su: verticale”.

Il pericolo è quello di ‘andare indietro’ per consuetudine: “Questa dimensione orizzontale, l’abbiamo vista, ha mosso alcuni movimenti, movimenti ecclesiali, a restare fissi in un tempo, in un indietro. Sono gli indietristi.

Penso a qualche movimento nato alla fine del Vaticano I, cercando di essere fedeli alla tradizione, e così oggi si sviluppano in modo da ordinare donne, e altre cose, fuori da questa direzione verticale, dove cresce, la coscienza morale cresce, la coscienza della fede cresce”.

La seconda direttrice concerne l’opportunità di essere incisivi, basata sul principio dell’interdisciplinarietà: “La seconda direttrice concerne l’opportunità, al fine di realizzare con pertinenza e incisività l’opera di approfondimento e di inculturazione del Vangelo, di aprirsi con prudenza all’apporto delle diverse discipline grazie alla consultazione di esperti, anche non cattolici, come previsto dagli Statuti della Commissione”.

L’ultima direttrice riguarda la collegialità, secondo il documento ‘La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa’: “La terza direttrice, infine, è quella della collegialità. Essa acquista particolare rilevanza e può offrire uno specifico contributo nel contesto del percorso sinodale, in cui è convocato tutto il Popolo di Dio”.

Sono queste direttrici che distinguono il teologo dal catechista secondo il pensiero di sant’Ignazio di Loyola: “I teologi devono andare oltre, cercare di andare oltre. Ma questo voglio distinguerlo dal catechista: il catechista deve dare la dottrina giusta, la dottrina solida; non le eventuali novità, di cui alcune sono buone, ma ciò che è solido; il catechista trasmette la dottrina solida.

Il teologo si arrischia ad andare oltre, e sarà il magistero a fermarlo. Ma la vocazione del teologo è sempre quella di arrischiarsi ad andare oltre, perché sta cercando, e sta cercando di esplicitare meglio la teologia. Ma mai dare catechesi ai bambini e alla gente con dottrine nuove che non sono sicure”.

Ed ha concluso l’incontro con un incoraggiamento a seguire le tre direttici, ma con ‘stupore’: Vi auguro dunque, in questo spirito di ascolto reciproco, di dialogo e di discernimento comunitario, in apertura alla voce dello Spirito Santo, un sereno e proficuo lavoro.

I temi affidati alla vostra attenzione e perizia rivestono grande importanza in questa nuova tappa dell’annuncio del Vangelo che il Signore ci chiama a vivere come Chiesa a servizio della fraternità universale in Cristo…

Ed ho usato la parola ‘stupore’. Credo che sia importante, forse non tanto per i ricercatori, ma certo per i professori di teologia: domandarsi se le lezioni di teologia provocano stupore in coloro che le seguono. E’ un bel criterio questo, può aiutare”.

Presentando la Commissione, il card. Luis Francisco Ladaria Ferrer ha sottolineato che “si è mantenuta la presenza qualificata delle teologhe, rafforzata nei tre precedenti quinquenni, segno di un sempre più crescente impegno delle donne nell’ambito delle scienze teologiche”.

(Foto: Santa Sede)

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