La “clara et magnifica” Biblioteca Lucchesiana in Agrigento, fondata dal Vescovo Andrea Lucchesi Palli

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 21.11.2022 – Vik van Brantegem] – Tutti hanno almeno sentito parlare della Valle dei Templi di Agrigento, ma pochi conoscono l’esistenza della clara et magnifica Biblioteca Lucchesiana e quindi neanche la figura di Andrea Lucchesi Palli, dei Principi di Campofranco, Vescovo di Agrigento dal 1755 al 1768, che ne fu il fondatore e da cui prese il nome.

Provenzani Domenico, Ritratto di Andrea Lucchesi Palli, olio su tela, legno dorato, XVIII secolo, Sala dei Vescovi, Palazzo Vescovile, Agrigento.

Andrea Lucchesi Palli, Vescovo di Agrigento

Andrea Lucchesi Palli fu uomo di Chiesa, ma soprattutto un grande illuminato, che dedicò i suoi interessi da studioso all’astronomia, alla storia, alla sociologia e alle scienze umanistiche. A Palermo era stato, fra l’altro, membro e direttore dell’Accademia del Buon Gusto e canonico della Cattedrale.

Nacque a Messina il 16 aprile 1692, a da Fabrizio, Duca di Adragna e da Anna Avarna. Compì gli studi presso i gesuiti di Messina, conseguendo la laurea in Teologia nel 1715, ma fu anche dottore in Filosofia. Fu ordinato sacerdote a Mazara del Vallo il 1° novembre 1716. Nell’aprile del 1757 venne presentato per l’episcopato da Re Carlo III a Papa Benedetto XIV, che lo elesse Vescovo di Agrigento il 21 luglio 1755.

Sull’origine della Diocesi agrigentina – diocesi che era fra le più grandi della Sicilia, ma allora poverissima e con un tasso altissimo di analfabetismo – non ci sono notizie precise; ma anche se cronologicamente non la si può stabilire in età apostolica, la tradizione la colloca almeno tra il III e il IV secolo, e forse potrebbe anche essere fatta giungere alla fine del sec. II, o anche prima. Il 2 dicembre 2000 con la bolla Ad maiori consulendum. Papa Giovanni Paolo II elevò la sede agrigentina al rango di arcidiocesi metropolitana con suffraganee le Diocesi di Caltanissetta e Piazza Armerina.

Mariangela Arancio ha ricordato che Andrea Lucchesi Palli, aristocratico di nascita e di tratto, tuttavia seppe esprimere la sua dignità di vescovo con affabilità, generosità e sempre pronto a venire incontro ai bisogni dei cittadini. Famoso è l’episodio della carestia tra il 1762-63. Il raccolto del 1762 era stato uno dei peggiori di quelli degli anni precedenti. Mons. Lucchesi Palli inviò subito un suo messo a Palermo per ottenere dal Vicerè il permesso di acquistare il grano necessario a sfamare il popolo, ma questo non fu sufficiente ed allora comandò che se ne comprasse dell’altro a qualunque prezzo. Pertanto, come scrive il Gaglio, ”il pane in quel terribile inverno, non mancò agli Agrigentini”. Questi ultimi, volendo dimostrare la propria gratitudine al Vescovo, una sera lo attesero fuori dalla porta della città, la Porta di Ponte, mentre il Vescovo rientrava al suo palazzo, con le fiaccole accese in mano e fecero anche fuochi di artificio e musica. Ma quello si dice, non sia stato l’unico atto di generosità del vescovo.

Morì il 4 ottobre 1768 ad Agrigento e venne sepolto con solenni funerali nella Cattedrale di San Gerlando ad Agrigento, nel mausoleo che si trova in fondo alla navata sinistra.

La Biblioteca Lucchesiana di Agrigento

La Biblioteca Lucchesiana fu edificata nel 1760 per volere del Vescovo Andrea Lucchesi Palli “senza risparmio di fatiche né di spese”. Aperta nel 1765, fu la seconda biblioteca pubblica della Sicilia del ‘700. Egli donò la sua biblioteca personale alla città, attraverso atti pubblici che attestavano l’inalienabilità della raccolta e che indicavano la pena della scomunica per chi avesse donato o venduto i manoscritti. Quando nel 1768 le sue condizioni di salute già precarie si aggravarono, allora chiamò al suo letto il notaio Antonino Diana che trascrisse l’atto definitivo di donazione della sua biblioteca alla cittadinanza agrigentina.

Il nucleo originale della Biblioteca Lucchesiana – oggi dotata di circa 60.000 volumi antichi rari e di pregio – era composto da circa 18.000 volumi di proprietà del Vescovo Andrea Lucchesi Palli. La biblioteca possiede inoltre 31 codici arabi, alcuni finemente miniati (con quelli della Centrale e della Comunale di Palermo rappresentano il 90 % dei manoscritti orientali custoditi nelle biblioteche siciliane), 300 manoscritti, 60 incunaboli, quasi 2.500 cinquecentine e oltre 80 mila documenti, di cui la metà anteriori al 1800.

La Biblioteca Lucchesiana raccontata da Mariangela Arancio

Poiché i mezzi finanziari personali erano abbastanza ingenti Mons. Lucchesi Palli aveva iniziato una raccolta personale di volumi antichi, rari e di pregio. La raccolta trovò sede appropriata nel grande salone del palazzo, fatto appositamente costruire da Lucchesi Palli, che si estende dalla Curia Vescovile alla vecchia chiesa della Madonna dell’Itria.

Nel 1765 il Vescovo fece dono della sua importante raccolta alla cittadinanza agrigentina. Allora la biblioteca era dotata di circa 18.000 volumi, pregiate scaffalature lignee, un piccolo tesoro consistente in oggetti antichi e da un medagliere contenente monete greche, romane e siciliane. Il Palazzo che consta di tre piani fu interamente destinato alla biblioteca.

Alla biblioteca si accedeva, allora, attraverso un grande scalone, e si arrivava ad una saletta ove ancor oggi possono leggersi, attraverso una lapide attaccata al muro, le regole stabilite dal Vescovo per l’uso dei volumi della biblioteca. Da questa saletta, attraverso un portone in legno, artisticamente decorato, si accede al grandioso salone della Biblioteca Lucchesiana. La sala è interamente coperta da una struttura lignea, in noce, finemente lavorata, che si rifà alla cultura classica con cenni di rococò. Sopra ogni scaffale: cartigli intagliati in legno indicano l’argomento di ogni sezione trattata dai volumi ivi contenuti. La grande aula fu lavorata da artigiani agrigentini ed in particolare si legge, sulla base di una colonna a destra della statua del fondatore “Magister Petrus Carlettus fecit et delineavit 1767”. Il grande salone inoltre ha due ordini di scaffalature in altezza, al secondo ordine si accede attraverso una scaletta interna nascosta tra gli scaffali del primo ordine. Il ballatoio è circondato da una meravigliosa ringhiera in ferro battuto finemente lavorato dal quale emergono fiori e foglie. Nel grande salone si erge austera la statua del fondatore, scolpita nel 1767 da tale Giuseppe Orlando.

Nei suoi primi anni di vita la biblioteca ebbe un grande prestigio e affluenza di studiosi, col tempo però le sue vicende volsero al peggio. Infatti, alla morte del Vescovo si scatenò una contesa giudiziaria tra gli amministratori della biblioteca e i Principi di Campofranco, eredi del Vescovo. La contesa si concluse con una grave perdita finanziaria per la biblioteca.

In seguito con l’abolizione delle corporazioni religiose la biblioteca passò sotto l’egida del comune di Agrigento fino al 1899. Fu in questi anni che cominciò la vera decadenza della biblioteca e la dispersione di parte del suo patrimonio artistico e librario in mezzo alla totale indifferenza di tutti. Fino ad arrivare al crollo del tetto del grande salone centrale nel 1963, a causa dell’infestazione di termiti. La biblioteca venne chiusa al pubblico per la rimozione delle masserizie. Ma la frana del luglio 1966 provocò la definitiva chiusura della biblioteca.

Al fine di proteggere il patrimonio librario dalle intemperie e da eventuali sciacallaggi, il fondo fu trasferito negli scantinati del Museo Civico di Agrigento, ove rimase fino al 1979. Nel frattempo fu dato incarico ad una cooperativa di giovani detta “Bibliotheca” che avviò un progetto per lo smassamento dei volumi, ricomposizione degli stessi e riscontro inventariale.

Trascorsi tanti anni, concluso il definitivo restauro del tetto del grande salone, finalmente nel luglio 1979, il fondo fu trasferito nella sua sede originaria. Il 15 dicembre 1990 avvenne l’auspicata consegna di tutti i lavori eseguiti, il recupero della biblioteca poteva dirsi ultimato. La consegna avvenne all’interno di un convegno, molti gli interventi significativi, ma quello che colpisce più di tutti è il discorso di Gesualdo Bufalino che, a conclusione dei lavori, fuori dalle righe disse con enfasi: “Inaugurare una biblioteca è quasi come inaugurare una chiesa, che in ogni pagina di libro è racchiusa una scintilla divina: …. i libri sono ostie laiche, con cui, mediante una diversa … eucaristia, ciascuno comunica col divino della luce contro le ragioni della tenebra”.

Allo stato attuale la Biblioteca Lucchesiana è dotata di circa 60.000 volumi antichi rari e di pregio. Le opere sono per la maggior parte di argomento filosofico, teologico e morale. Il nucleo originale era composto da circa 18.000 volumi di proprietà di Mons. Andrea Lucchesi Palli, sui frontespizi di tali volumi appare manoscritto un ex libris (Ex biblioteca Andrea lucchesi Palli ex principibus Campofranci). La biblioteca è dotata inoltre di 30 codici arabi, alcuni di questi finemente miniati; 300 manoscritti, 60 incunaboli, quasi 2500 cinquecentine.

Fra gli incunaboli risulta di particolare pregio la “Historia Naturalis” di Plinio datata 1472. Unico esemplare esistente la “Protesta dei Messinesi” di Manfredi Zizo, stampato a Messina nel 1478. Quest’ultimo riporta un ex libris particolare in cui viene indicato che Lucchesi Palli lo acquistò ”… per onze due di moneta siciliana”. L’Erodoto stampato nel 1494 con frontespizio con fregi rinascimentali ed una Geographia di Strabone stampata a Venezia nel 1494. Una particolare attenzione va alla Divina Commedia di Aldo Manuzio del 1502 con commento di Cristoforo Landino stampato a Venezia nel 1507, ricco di belle xilografie, prima edizione del poema in piccolo formato.

Da tanto tempo aspettavo di potere scrivere qualcosa sulla Biblioteca Lucchesiana perché anch’io ho fatto parte dei giovani di quella cooperativa “Bibliotheca” che ha lavorato presso la medesima istituzione dal 1978 al 1987. Il ricordo di quei giorni è sempre piacevole perché lavorare in una biblioteca di conservazione, con volumi di grande pregio, trasmette una grande voglia di sapere, di cercare sempre di più di approfondire le proprie conoscenze.

Ci sono ritornata per qualche manifestazione con nostalgia, ma la cosa più bella è assaporare l’odore della carta e delle pergamene restaurate, l’odore del legno sparso ovunque, ricordare l’entusiasmo di noi giovani pieni lavorare col freddo terribile, in mezzo alla sporcizia perché nessuno provvedeva alle pulizie (che alla fine ci siamo adattati a fare da soli), con grossi ratti che a volte circolavano.

Ma soprattutto abbiamo imparato a fare i bibliotecari. Le nostre conoscenze si sono ampliate grazie anche alle visite che la biblioteca riceveva: abbiamo conosciuto in una visita il grande Leonardo Sciascia e la sua enorme umiltà. Sciascia inoltre raccontava delle frequentazioni di Pirandello alla Lucchesiana. La biblioteca in forma nascosta infatti appare nei suoi romanzi: Il fu Mattia Pascal; I Vecchi e i Giovani.

L’episodio più gustoso (riferito a Pirandello) risale proprio al periodo di maggiore decadenza della Biblioteca che vale la pena di ricordare. Pirandello nel 1887 si iscrisse all’Università di Roma dove però non completò gli studi. Su suggerimento del suo maestro Ernesto Monaci si recò a Bonn per iscriversi a quella Università. Prima di andare in Germania fece visita alla Lucchesiana per fare un elenco dei manoscritti al Prof Monaci. Dopo avere eseguito il compito scrisse al Prof Monaci una lettera che sa di vera commedia Pirandelliana: “…Vidi nella penombra fresca che teneva l’ampio stanzone rettangolare presso un tavolo polveroso, cinque preti della vicina Cattedrale e tre carabinieri dell’attigua caserma in maniche di camicia, tutti intenti a divorare una insalata di cocomeri e pomodori. Restai ammirato. I commensali stupiti levarono gli occhi dal piatto e me li confissero addosso. Evidentemente io ero per loro una bestia rara e insieme molesta. Mi appressai rispettosamente e domandai del bibliotecario. “Sono io”, mi rispose uno degli otto, con voce afflitta dal boccone non bene inghiottito; “Io vengo a chiederle il permesso di vedere in questa… (non dissi taverna ma biblioteca) sono dei manoscritti…”. “Là giù, là giù, in quello scaffale in fondo”, mi interruppe la stessa voce impolpata di un nuovo boccone, e gli otto bibliotecari si rimisero a mangiare”. Lo scaffale accennatomi era aperto: chi ne avesse avuto voglia avrebbe potuto servirsi a comodo; ma quei libri non conoscono altri visitatori che i topi e gli scarafaggi”.

Abbiamo conosciuto nel 1981 un professore americano Jack Weiner, dell’Università dell’Illinois, che da anni cercava di mettersi in contatto con qualcuno che gli desse indicazioni sul Vescovo di Agrigento Cuan Orosco di Covarruvias che installò la prima stamperia ad Agrigento nel 1601. Stanco delle mancate risposte il professore venne di persona ad Agrigento a vedere cosa era rimasto della stamperia del Vescovo e se vi fossero ancora volumi stampati nella medesima. Successivamente inviò alla Lucchesiana un microfilm degli “Emblemata Moralia” dello stesso Covarruvias stampati in Agrigento nel 1601 e inviò anche un suo volume sugli scritti del Vescovo.

Successivamente all’immissione nei ruoli della Regione Siciliana sono stata trasferita ad altro compito, ma quando penso alla biblioteca ne ho sempre una grande nostalgia.

Qualcuno a Natale mi ha regalato un tablet per leggere i libri, io l’ho restituito. La carta stampata, sfogliare le pagine di un libro hanno un fascino diverso e nessuno mi può fare cambiare idea (Fonte Sicilia 24 Ore).

La restituzione alla Biblioteca Lucchesiana di volumi antichi trafugati

A seguito di due inchieste, il 10 marzo 2022 due preziosi manoscritti messi all’asta da un privato e un dizionario antico di tre volumi in vendita in libreria sono stati restituiti al Direttore delle Biblioteca Lucchesiana di Agrigento, Don Angelo Chillura, dal nucleo carabinieri Tutela del patrimonio culturale di Palermo e dalla compagnia dell’Arma di Canicattìl. La restituzione dei beni librari si è svolta alla presenza di diverse Autorità, tra cui l’Arcivescovo di Agrigento, Mons. Alessandro Damiano; il Direttore del Parco archeologico della Valle dei Templi di Agrigento, Roberto Sciarratta e l’esperta bibliotecaria-archivista, Giovanna Loiacono. Per l’Arma dei Carabinieri erano presenti il Comandante provinciale di Agrigento, Colonnello Vittorio Stingo; il Comandante del gruppo carabinieri Tpc di Roma, Tenente Colonnello Alfio Gullotta; il Comandante del nucleo Toc di Palermo, Maggiore Gianluigi Marmora; e il Comandante della compagnia di Canicattì, Maggiore Luigi Pacifico.

La prima  indagine, che ha beneficiato della collaborazione avviata da anni dal comando Tpc – Sezione esteri del reparto Operativo con la casa d’aste londinese Christie’s, ha permesso di ritrovare due manoscritti che un privato intendeva vendere all’asta. Si tratta di Sallustio, Bellum Catilinarium et Bellum Lugurthium, miniato su pergamena, Firenze 1440 – 1450; e di Pseudo-Cicerone, Ars Nova, su pergamena firmato da Bonaccorso da Pesaro, Firenze 1435. I due volumi, rari e di pregio, erano riconducibili alla Biblioteca Lucchesiana di Agrigento dalle firme e dagli ex libris “Ex biblioteca Andrea lucchesi Palli ex principibus Campofranci” apposti da Vescovo Andrea Lucchesi Palli. Dopo la denuncia presentata dal Direttore della Biblioteca Lucchesiana, gli approfondimenti e la diplomazia culturale condotta dalla sezione esteri del reparto operativo Tpc, hanno indotto il detentore a consegnare i due preziosi volumi.

La seconda indagine ha avuto origine da una denuncia presentata dal Direzione della Biblioteca Lucchesiana per una foto, apparsa sul web, Dizionario siciliano italiano latino del P. Michele Del Bono della Compagnia di Gesù, dedicato al Sig. Principe di Campo Fiorito, oggetto di furto e in vendita presso una libreria catanese. Il nucleo Tpc di Palermo e il comando compagnia carabinieri di Canicattì hanno sequestrato d’iniziativa l’antico dizionario, composto da tre volumi.

Queste operazioni di recupero sono frutto della proficua cooperazione, consolidata nel tempo, tra il nucleo Tpc di Palermo, l’Arma territoriale di Agrigento e la Direzione della Biblioteca Lucchesiana, che ha permesso, ancora una volta, la restituzione alla collettività di opere che ne costituiscono l’identità locale.

Convegno presso la “clara et magnifica” Biblioteca Lucchesiana in Agrigento

Venerdì 18 novembre 2022, si è svolto un convegno dal tema “I nuovi processi educativi in famiglia: genitori, figli, le emozioni e il metaverso” – La vita reale e la vita virtuale. I nuovi codici e nuovi linguaggi della comunicazione in famiglia, organizzato dalla Delegazione della Sicilia Occidentale del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, presso la prestigiosa sede della Biblioteca Lucchesiana, al civico 94 della via Duomo, accanto all’ingresso della Curia Vescovile in Agrigento.

Il convegno è stato aperto con i saluti di benvenuto del Direttore della Biblioteca Lucchesiana, “custode di una preziosa eredità”, Don Angelo Chillura, Arciprete di Aragona, che ha illustrato la storia della clara et magnifica Biblioteca Lucchesiana, legata alla figura del Conte Andrea Lucchesi Palli, dei Principi di Campofranco, che ne fu il fondatore e da cui prese il nome. Don Chillura si è soffermato in particolare sulla recente restituzione alla biblioteca di importanti e preziosi volumi antichi, a suo tempo trafugati, a seguito delle indagini dell’Arma dei Carabinieri, a cui ha partecipato il Comandante Paolino Scibetta, Postulante dell’Ordine Costantiniano, presente al convegno.

Il moderatore del convegno, il giornalista de La7, Dott. Alan David Scifo, ha presentato brevemente i tre relatori:

  • Prof. Francesco Pira, professore associato di Sociologia, Delegato del Rettore alla Comunicazione, Direttore Master in Esperto Comunicazione Digitale PA e Impresa presso la Università di Messina.
  • Dott.ssa Lorena Galesi, pedagogista, mediatore penale minorile, esperta di politiche sociali, Vicepresidente dell’Associazione Nazionale Pedagogisti Italiani (ANPE) Regione Sicilia.
  • Dott.ssa Arianna Tornambè, psicologa e psicoterapeuta.

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