Papa Francesco: la testimonianza è una ‘bella arte cristiana’

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Al termine della recita dell’Angelus odierno papa Francesco ha ricordato il primo anniversario della ‘Piattaforma Laudato sì’, che ricorre domani con riferimento alla Cop27 in corso in Egitto, ribadendo che è urgente decisioni coraggiose: “Domani ricorre il primo anniversario dell’avvio della Piattaforma d’Azione Laudato si’, che promuove la conversione ecologica e stili di vita coerenti con essa…

E’ un ottimo inizio per un percorso di sette anni, volto a rispondere al grido della terra e al grido dei poveri. Incoraggio questa missione cruciale per il futuro dell’umanità, affinché possa favorire in tutti un concreto impegno per la cura del creato”.

Infine, papa Francesco ha pregato per la pace in Ucraina: “Rimaniamo sempre vicini ai nostri fratelli e sorelle della martoriata Ucraina. Vicini con la preghiera e con la solidarietà concreta. La pace è possibile! Non rassegniamoci alla guerra”.

Riferendosi al vangelo domenicale il papa ha riflettuto sul significato di perseveranza: “La parola indica l’essere ‘molto severi’; ma severi in che senso? Con sé stessi, ritenendosi non all’altezza? No. Con gli altri, diventando rigidi e inflessibili? Nemmeno.

Gesù chiede di essere ‘severi’, ligi, persistenti in ciò che a Lui sta a cuore, in ciò che conta. Perché, quel che davvero conta, molte volte non coincide con ciò che attira il nostro interesse: spesso, come quella gente al tempio, diamo priorità alle opere delle nostre mani, ai nostri successi, alle nostre tradizioni religiose e civili, ai nostri simboli sacri e sociali”.

Riprendendo il romanzo di Dostoevskij, ‘I fratelli Karamazov’ papa Francesco ha sottolineato che la perseveranza consiste nel “costruire ogni giorno il bene. Perseverare è rimanere costanti nel bene, soprattutto quando la realtà attorno spinge a fare altro. Facciamo qualche esempio: so che pregare è importante, ma anch’io, come tutti, ho sempre molto da fare, e allora rimando…

Se perseveriamo, ci ricorda Gesù, non abbiamo nulla da temere, anche nelle vicende tristi e brutte della vita, nemmeno del male che vediamo attorno a noi, perché rimaniamo fondati nel bene… La perseveranza è il riflesso nel mondo dell’amore di Dio, perché l’amore di Dio è fedele, è perseverante, non cambia mai”.

Mentre nell’omelia della celebrazione eucaristica nella basilica di san Pietro di questa domenica in cui è ricorsa la VI ‘Giornata mondiale dei poveri’ il papa ha invitato a non lasciarsi ingannare dai populismi, come ricorda Gesù nel Vangelo:

“Da quale inganno, dunque, vuole liberarci Gesù? Dalla tentazione di leggere i fatti più drammatici in modo superstizioso o catastrofico, come se fossimo ormai vicini alla fine del mondo e non valesse la pena di impegnarci più in nulla di buono.

Se pensiamo in questo modo, ci lasciamo guidare dalla paura, e magari poi cerchiamo risposte con morbosa curiosità nelle fandonie di maghi o oroscopi, che non mancano mai (e oggi tanti cristiani vanno a visitare i maghi, cercano l’oroscopo come se fosse la voce di Dio ); o, ancora, ci affidiamo a fantasiose teorie propinate da qualche ‘messia’ dell’ultima ora, in genere sempre disfattisti e complottisti (anche la psicologia del complotto è cattiva, ci fa male).

Le parole di Gesù sono invito a non cedere alla paura: “Il discepolo del Signore non si lascia atrofizzare dalla rassegnazione, non cede allo scoraggiamento nemmeno nelle situazioni più difficili, perché il suo Dio è il Dio della risurrezione e della speranza, che sempre risolleva: con Lui sempre si può rialzare lo sguardo, ricominciare e ripartire”.

L’esortazione di Gesù è quella della testimonianza: “Occasione di dare testimonianza. Vorrei sottolineare questa bella parola: occasione. Significa avere l’opportunità di fare qualcosa di buono a partire dalle circostanze della vita, anche quando non sono ideali.

E’ una bella arte tipicamente cristiana: non restare vittime di quanto accade (il cristiano non è vittima e la psicologia del vittimismo è cattiva, ci fa male), ma cogliere l’opportunità che si nasconde in tutto ciò che ci capita, il bene che è possibile, quel poco di bene che sia possibile fare, e costruire anche a partire da situazioni negative. Ogni crisi è una possibilità e offre occasioni di crescita. Perché ogni crisi è aperta alla presenza di Dio, alla presenza dell’umanità”.

In questa Giornata  dei Poveri la Parola evangelica è un invito a porre attenzione ai bisogni degli altri: “Anche oggi viviamo in società ferite e assistiamo, proprio come ci ha detto il Vangelo, a scenari di violenza (basta pensare alle crudeltà che sta soffrendo il popolo ucraino), di ingiustizia e di persecuzione; in più, dobbiamo affrontare la crisi generata dai cambiamenti climatici e dalla pandemia, che ha lasciato dietro di sé una scia di malesseri non soltanto fisici, ma anche psicologici, economici e sociali”.

Ed ha denunciato alcune situazioni denunciate nel Vangelo, che accadono anche oggi: “Anche oggi, fratelli e sorelle, vediamo sollevarsi popolo contro popolo e assistiamo angosciati al veemente allargamento dei conflitti, alla sciagura della guerra, che provoca la morte di tanti innocenti e moltiplica il veleno dell’odio.

Anche oggi, molto più di ieri, tanti fratelli e sorelle, provati e sconfortati, migrano in cerca di speranza, e tante persone vivono nella precarietà per la mancanza di occupazione o per condizioni lavorative ingiuste e indegne. E anche oggi, fratelli e sorelle, i poveri sono le vittime più penalizzate di ogni crisi.

Ma, se il nostro cuore è ovattato e indifferente, non riusciamo a sentire il loro flebile grido di dolore, a piangere con loro e per loro, a vedere quanta solitudine e angoscia si nascondono anche negli angoli dimenticati delle nostre città. Bisogna andare agli angoli delle città, questi angoli nascosti, oscuri: lì si vede tanta miseria e tanto dolore e tanta povertà scartata”.

E’ un invito a dare un nuovo ‘volto’ alla storia attraverso la testimonianza del Vangelo: “Nella fiducia in Dio, che è Padre, che veglia su di noi. Se gli apriamo il cuore, accrescerà in noi la capacità di amare. Questa è la strada: crescere nell’amore…

Amati da Lui, decidiamoci ad amare i figli più scartati. Il Signore è lì. C’è una vecchia tradizione, anche qui nei paesini dell’Italia, ancora qualcuno la mantiene: alla cena di Natale, lasciare un posto vuoto per il Signore che sicuramente busserà alla porta nella persona di un povero che ha bisogno… Lui si identifica con il povero”.

E’ una ‘chiamata’ a riconoscere Gesù nel volto di ciascuno: “Sentiamoci chiamati in causa perché neanche un capello del loro capo vada perduto. Non possiamo restare, come quelli di cui parla il Vangelo, ad ammirare le belle pietre del tempio, senza riconoscere il vero tempio di Dio, l’essere umano, l’uomo e la donna, specialmente il povero, nel cui volto, nella cui storia, nelle cui ferite c’è Gesù. L’ha detto Lui. Non dimentichiamolo mai”.

(Foto: Santa Sede)

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