9 novembre 2020-2022. Due anni fa terminava la guerra scatenata dall’Azerbajgian contro l’Artsakh, dopo 44 giorni di bombardamenti, combattimenti e distruzioni
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 10.11.2022 – Vik van Brantegem] – Ieri, 9 novembre 2022, nel secondo anniversario della fine della seconda guerra di aggressione dell’Azerbajgian contro l’Artsakh/Nagorno-Karabakh, il Presidente della repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Arayik Harutyunyan, ha deposto un omaggio floreale in memoria dei caduti armeni al Pantheon Militare di Stepanakert. Onore ai caduti armeni. L’Artsakh non sarà mai Azerbajgian. Harutyunyan era accompagnato dal Capo dell’Ufficio del Presidente, Karen Shahramanyan, dal Ministro della Difesa, Kamo Vardanyan, e dal Ministro degli Interni, Karen Sargsyan.
Il 9 novembre 2020 una dichiarazione trilaterale firmata dal Primo Ministro dell’Armenia, dal Presidente dell’Azerbajgian e dal Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, ha posto fine alla guerra di 44 giorni scatenata su larga scala dall’Azerbajgian contro l’Artsakh, con il coinvolgimento diretto della Turchia e di mercenari jihadisti siriani.
Le Forze Armate dell’Azerbajgian hanno cominciato la guerra dei 44 giorni contro la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh alle ore 07.15 di domenica 27 settembre 2020 [QUI], bombardando direttamente la capitale Stepanakert e, soprattutto, mirando a punti strategici e socialmente rilevanti come l’ospedale, dove è andato distrutto il reparto maternità, la centrale elettrica, scuole e asili. L’attacco fu portato avanti con missili, bombe a grappolo e al fosforo, drone israeliano-turche. Per 44 giorni gli allarmi si sono susseguiti quotidianamente. A Stepanakert si viveva praticamente negli scantinati.
La minaccia azero-turca agli Armeni che vivono nell’Artsakh (e non solo, anche nella stessa Armenia) è esistenziale e non solo militare. È in atto un genocidio e non solo culturale. Nessuno difende gli Armeni cristiani dagli Azeri islamici, tanto meno l’Europa e l’Occidente “cristiani”, che non hanno mosso un dito per difendergli. Solo Vladimir Putin con la Federazione Russa pone un ostacolo alle mire espansionistiche azero-turche. Il problema principale degli Armeni dell’Artsakh è che si sentono isolati e traditi dall’Occidente. Oggi l’Artsakh cristiano armeno è il baluardo della civiltà occidentale, accerchiata da un Paese islamico turco-azzero, vittima di una politica di pulizia etnica azero-turca. Come abbiamo documentato, anche dopo la firma dell’accordo di cessate il fuoco del 9 novembre 2020, gli Azeri hanno continuato a tagliare elettricità, acqua e internet per rendere la vita impossibile agli Armeni di Artsakh, nella speranza che andrebbero via tutti. Ma questa è la loro terra e qui hanno una missione.
Con la guerra dei 44 giorno dell’autunno 2022, a causa dei missili azeri e dei droni turchi e israeliani, in Artsakh più di 7.000 edifici residenziali sono stati colpiti per un danno stimabile in 80-90 milioni di euro. In sei settimane di guerra sono morte circa 6.500 persone, in battaglia sono caduti circa 3.300 soldati, circa 40.000 Armeni hanno dovuto abbandonare la propria casa. L’aggressore azero, con l’aiuto della Turchia, ha occupato tre quarti del territorio, ha sottratti circa 2.000 monumenti, 10 musei statali e due privati, almeno 20 mila opere d’arte. Con la seconda guerra del Nagorno-Karabakh non solo parte del patrimonio armeno e vigneti storici sono passati nelle mani azere, ma anche 108 scuole, 37 tra asili, istituti di musica e arte, istituzioni culturali, 11 laboratori di ingegneria. La civiltà armena è in pericolo.
Occupata Sushi l’8 novembre 2020, le forze armate azere si sono fermate, a 15 km da Stepanakert. Da allora hanno violato costantemente l’accordo trilaterale di cessate il fuoco, con scontri ai confini e la linea di contatto, e l’invasione del territorio sovrano dell’Armenia stessa, provocando 286 morti: il bilancio più pesante dopo l’aggressione azero del 2020 per il controllo dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, solo temporaneamente in pausa, ha ripetuto il Presidente Aliyev nei sui discorsi belligeranti.
Contrariamente a quanto viene ripetuto a ogni occasione dal Dittatore azero Aliyev, il conflitto del Nagorno-Karabakh non è finito, perché il diritto all’autodeterminazione del popolo dell’Artsakh non è riconosciuto e non è protetto, il regime dittatoriale di Aliyev continua a minacciare la popolazione armena dell’Artsakh e la politica di odio etnico xenofobo dell’Azerbajgian contro tutti gli Armeni esclude ogni possibilità di un futuro comune.
In un discorso tenuto l’8 novembre scorso a Shushi, un giorno prima del secondo anniversario della fine della seconda guerra del Nagorno-Karabakh, a cui hanno partecipato “il vittorioso Comandante in capo delle forze armate Ilham Aliyev, la sua moglie Mehriban Aliyeva e il loro figlio Heydar Aliyev”, ha riferito l’agenzia di stampa statale dell’Azerbajgian AZERTAC, il Presidente dell’Azerbajgian ha ammesso chiaramente che il suo Paese ha iniziato la guerra, nonostante in precedenza avesse insistito sul contrario. Alla cerimonia in occasione del “Giorno della Vittoria” hanno partecipato le élite del regime dell’Azerbajgian, soprattutto delle Forze Armate azere.
“Non abbiamo paura di nessuno. Se avessimo avuto paura di qualcuno, non avremmo mai iniziato la seconda guerra del Karabakh”, si vantava Aliyev. Questa è la prima volta che il regime azero ha ammesso apertamente di aver iniziato la guerra dei 44 giorni. Allo scoppio della guerra il 27 settembre 2020, l’Azerbajgian ha accusato – come da loro abitudine propagandistica – le forze armate armene di aver infranto il cessate il fuoco.
Nel suo discorso di martedì scorso, Aliyev ha continuato a minacciare l’Armenia per il presunto mancato ritiro delle sue forze armate dalla Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh. “La nostra pazienza non è illimitata e voglio avvertire ancora una volta che se questo impegno non verrà rispettato, l’Azerbajgian prenderà le misure necessarie”, ha affermato Aliyev.
Aliyev ha anche chiesto ancora una volta l’apertura di un “corridoio Zangezur”. Il cessate il fuoco che pose fine alla guerra includeva la riapertura dei collegamenti di trasporto nella regione, compreso un collegamento tra l’Azerbajgian occidentale e l’enclave di Nakhchivan. “L’Armenia si è assunta la responsabilità del Corridoio Zangezur. Per due anni non abbiamo toccato le auto che andavano dall’Armenia al Karabakh e tornavano sulla strada di Lachin. Forniamo libera circolazione”, ha affermato Aliyev. “L’Armenia si è inoltre impegnata a garantire il collegamento stradale tra le regioni occidentali dell’Azerbaigian e la Repubblica autonoma di Nakhchivan. Sono passati due anni e non c’è studio di fattibilità, nessun trasporto, nessuna ferrovia e nessuna autostrada. Quanto tempo dobbiamo aspettare?!”.
Ieri, 10 novembre 2022, il Presidente della Commissione per le relazioni estere del Parlamento armeno, Eduard Aghajanyan, ha affermato che i commenti di Aliyev sui collegamenti di trasporto non hanno alcuna relazione con i negoziati in corso tra i due Paesi: “Le ultime dichiarazioni distruttive di Ilham Aliyev non devono essere collegate alle trattative condotte a Washington [QUI] o a Sochi [QUI]”, ha detto Aghajanyan. “Il Presidente dell’Azerbajgian non è stato costruttivo nel contesto dell’intero processo negoziale, soprattutto nel dopoguerra”, ha aggiunto Aghajanyan.
Nel suo discorso, Aghajanyan ha anche toccato gli scontri di metà settembre di quest’anno, che secondo Aliyev erano una risposta alle “provocazioni dell’Armenia”. Durante l’aggressione contro il territorio sovrano dell’Armenia, il 13 e 14 settembre scorso, le forze armate dell’Azerbajgian hanno preso il controllo di diverse posizioni all’interno dell’Armenia, occupando le principali alture strategiche sul confine con l’Azerbajgian. “L’Armenia dovrebbe capire cosa significa”, ha detto Aliyev. Nonostante le affermazioni dell’Azerbajgian secondo cui l’Armenia aveva iniziato i combattimenti a settembre, molti Paesi occidentali, inclusi Stati Uniti e Francia, hanno incolpato direttamente l’Azerbajgian, ha dichiarato Aliyev: “Anche quest’anno, l’operazione Farrukh, l’operazione Revenge, gli eventi del 13-14 settembre al confine tra Armenia e Azerbaigian, tutti questi dovrebbero servire come un’altra lezione per l’Armenia. Abbiamo insegnato loro questa lezione e speriamo che finalmente la capiscano, pieghino il collo e affrontino i loro affari interni, non mettano gli occhi sulle nostre terre, non mettano gli occhi sul Karabakh. Il Karabakh è la nostra terra. Le forze di pace russe sono di stanza lì temporaneamente, la dichiarazione del 10 novembre 2020 specifica il loro mandato e, se fanno affidamento su qualcuno, dovranno affrontare un’altra tragedia. Dopo l’operazione del 13-14 settembre, le forze armate dell’Azerbajgian sono di stanza ad alture strategiche chiave in direzione del confine tra Azerbajgian e Armenia. L’Armenia dovrebbe capire cosa significa. Ora possiamo vedere le città di Garakilsa [Sisian in armeno], Gafan [Kapan in armeno], Gorus [Goris in armeno] e Istisu [Jermuk in armeno] da quelle alture strategiche. Siamo sulle rive del lago Piccolo Goycha. Anche il lago Grande Goycha [Goycha è il nome turco per il lago Sevan] è alla nostra vista. Tutte queste sono realtà. Abbiamo creato queste realtà dopo la Guerra Patriottica”.
Nel suo ampio discorso, Aliyev ha toccato molti argomenti, tra cui l’affermazione che l’Azerbajgian ha perso la prima guerra del Nagorno-Karabakh a causa della negligenza della leadership politica in quel momento e dei suoi tentativi di salire al potere. “In quel momento, elementi antinazionali presero il potere, combatterono per il potere e per salire al potere. Hanno consegnato l’inespugnabile fortezza di Shushi all’Armenia, agli Armeni, e così sono saliti al potere”, ha affermato Aliyev.
Aliyev ha anche fatto riferimento alle recenti esercitazioni militari condotte dall’Iran al confine con l’Azerbajgian. “Il nostro esercito ha mostrato eroismo, professionalità e altruismo nella [seconda guerra del Nagorno-Karabakh]. Se necessario, lo mostreremo di nuovo. Otterremo ciò che vogliamo, lo sanno tutti, e dovrebbero saperlo anche coloro che conducono l’addestramento militare a sostegno dell’Armenia al nostro confine. Nessuno può spaventarci”, ha detto Aliyev con aria di sfida.
Nel suo discorso, Aliyev, il “partner affidabile dell’Unione Europea” di Ursula von der Leyen, ha dichiarato: “Abbiamo stabilito relazioni di stretta cooperazione con molti Paesi in forma bilaterale sia nella nostra regione che in altri continenti. Nove Stati membri dell’Unione Europa hanno firmato dichiarazioni di partenariato strategico con l’Azerbajgian. Questo è un terzo dei Paesi membri dell’Unione Europea. Ci sono anche altri Paesi. Quindi queste relazioni internazionali e la reputazione internazionale dell’Azerbajgian ci hanno dato l’opportunità di acquisire più amici. Nel complesso, l’atteggiamento internazionale nei confronti della guerra di 44 giorni è stato positivo. È vero che alcuni Paesi filo-armeni e Paesi con stretti rapporti con l’Armenia hanno cercato di fare dei passi politici contro di noi. Ma non sono riusciti a produrre alcun risultato. Perché ci siamo assicurati un forte sostegno internazionale nel corso degli anni”.
Naturalmente, ha osservato Aliyev, “per avere successo nella guerra, dovevamo realizzare progetti molto importanti, e l’abbiamo fatto. Oggi, basterebbe guardare le mappe dell’energia e dei trasporti del mondo e della nostra regione per vedere quanti benefici i progetti realizzati su nostra iniziativa hanno portato al nostro Paese e ai nostri partner. Ci sono dozzine di Paesi che partecipano ai progetti di trasporto ed energia che abbiamo avviato. Questi progetti acquisiranno ancora più slancio nella fase attuale e tutti questi Paesi sono i nostri amici e alleati naturali. Allo stesso tempo, questi progetti hanno generato per noi ulteriori opportunità finanziarie. Prima di tutto, abbiamo incanalato queste opportunità finanziarie per rafforzare il nostro potenziale militare. Se guardiamo alle spese del bilancio statale durante la mia Presidenza, vedremo che le spese militari sono state al primo posto. È in primo luogo. (…) Posso dire che le nostre Forze Armate sono diventate ancora più forti negli ultimi due anni. Sono state condotte riforme strutturali, sono state istituite nuove unità, è stato aumentato il numero delle formazioni esistenti, sono state fornite armi, munizioni e nuovo equipaggiamento al massimo livello possibile. L’attuale esercito dell’Azerbajgian è più forte dell’esercito dell’Azerbajgian due anni fa, e tutti dovrebbero saperlo. L’Armenia e tutti gli altri dovrebbero saperlo! Questo è il motivo per cui la strada per la Vittoria ha attraversato diverse direzioni. Naturalmente, la creazione di forti forze armate era la priorità assoluta, e l’abbiamo fatto”.
La Russia ha un atteggiamento negativo nei confronti di qualsiasi campagna di propaganda, sia nell’ambito dei media che in quella politica, ha affermato il Portavoce del Ministero degli Esteri della Federazione Russa, Maria Zakharova, durante un briefing, rispondendo alla domanda sulle critiche al contingente di pace russo, che regolarmente compaiono nei canali Telegram azerbaigiani. “Per quanto riguarda il ruolo delle forze di pace russe e la valutazione delle loro attività, i leader dei tre Paesi (Armenia, Azerbajgian e Russia) hanno affermato al vertice tenutosi a Sochi [QUI] il significativo contributo del contingente militare russo alla fornitura di sicurezza e hanno sottolineato la necessità di sforzi per stabilizzare la situazione nella regione. Qualsiasi iniziativa positiva, costruttiva e creativa crea sempre un’onda negativa. Sfortunatamente, questa è la regola del mondo”, ha concluso Zakharova.
La Federazione Russa ha invitato l’Armenia e l’Azerbajgian ad astenersi da passi carichi di un’escalation di tensione sulla linea di contatto, ha detto il 7 novembre scorso ai giornalisti il Portavoce del Presidente russo, Dmitry Peskov. “La dichiarazione adottata al termine della riunione trilaterale di Sochi ha sottolineato l’intenzione delle parti, Armenia e Azerbajgian, di deliberare esclusivamente con mezzi politico-diplomatici e pacifici. Pertanto, continuiamo a chiedere a entrambe le parti di astenersi da azioni e passi pericolosi che potrebbero portare a un’escalation della tensione sulla linea di contatto”, ha affermato Peskov, commentando la dichiarazione del Ministero della Difesa armeno che le forze armate azere hanno nuovamente sparato contro le postazioni di difesa armene in direzione orientale del confine.
L’Ambasciatore con incarichi speciali dell’Armenia, Edmon Marukyan, ritiene necessario la presenza di garanti da parte dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU (USA, Regno Unito, Russia, Francia e Cina) per la firma di un futuro trattato di pace tra Armenia e Azerbajgian. “Negli ultimi 2 anni, l’Azerbajgian ha costantemente violato e illuso l’accordo trilaterale di cessate il fuoco. Quali sono le garanzie che l’Azerbajgian non violerà e interpreterà erroneamente il futuro trattato di pace dopo averlo firmato? L’Armenia ha bisogno di garanti del trattato di pace almeno dell’UNSC P5″, ha twittato Marukyan.
Durante una visita di lavoro a Brussel, il Difensore dei Diritti Umani dell’Armenia, Kristinne Grigoryan, ha tenuto un incontro con il Rappresentante speciale dell’Unione Europea per i diritti umani, Eamon Gilmore, il Vicedirettore generale per l’Europa e l’Asia Centrale del Servizio europeo per l’azione esterna, Luke Devigne, e il Capo dell’Unità Armenia, Azerbajgian, Bielorussia e Partenariato orientale della direzione generale del Vicinato e dei negoziati di allargamento della Commissione Europea, David Cullen. Durante gli incontri, Grigoryan ha fatto riferimento alla politica di armenofobia degli alti funzionari dell’Azerbajgian, alle manifestazioni di incitamento all’odio e ai crimini ispirati dall’odio. Il difensore ha presentato i dettagli delle conseguenze dell’attacco militare azerbaigiano del 13-14 settembre al territorio sovrano della Repubblica di Armenia, i crimini di guerra commessi, compresi i casi di tortura e trattamenti inumani e degradanti. Grigoryan ha presentato agli interlocutori le relazioni ad hoc predisposte dal suo Ufficio.
Durante l’incontro con Eamon Gilmore, Grigoryan ha presentato la situazione della protezione dei diritti umani in Armenia, comprese le sfide nella lotta contro la violenza domestica, l’emancipazione economica delle donne e la lotta alla discriminazione. Durante il suo intervento, Grigoryan ha sottolineato l’importanza dell’applicazione del regime sanzionatorio globale per i diritti umani del 2020 per contrastare l’impunità nella regione. Gilmore si è congratulato con Grigoryan per aver assunto il mandato ed ha espresso la sua disponibilità ad approfondire la cooperazione.
Durante l’incontro con Luke Devigne, gli interlocutori hanno discusso le conseguenze dell’attacco militare azerbajgiano al territorio sovrano dell’Armenia e il suo effetto sulla situazione della protezione dei diritti umani.
Durante l’incontro con David Cullen, Grigoryan ha presentato il processo di attuazione dei programmi finanziati dall’Unione Europea finalizzato alla protezione e alla promozione dei diritti umani e ha evidenziato l’elevato livello di cooperazione sia con la delegazione dell’Unione Europea in Armenia che con i partner internazionali che garantiscono l’attuazione dei programmi. Presentando le priorità dell’Ufficio del Difensore dei Diritti Umani dell’Armenia, Grigoryan ha evidenziato le principali esigenze, in risposta alle quali i partner dell’Unione Europea hanno riaffermato la loro disponibilità a sostenere l’attuazione di programmi volti a rafforzare l’istituzione e a costruirne le capacità.
Pro memoria
Citazioni dal rapport speciale a cura di AZERTAC “Strategia di vittoria”, a conclusione della guerra dei 44 giorni
“Non dobbiamo difendere, ma attaccare politicamente, da un punto di vista propagandistico”: il Comandante in capo vittorioso Ilham Aliyev che ha creato l’esercito più forte del 21° secolo e ha ottenuto la Grande Vittoria!
Il 2020 è stato un anno indimenticabile per l’Azerbajgian. Il giorno storico che sembrava un sogno a tutti è arrivato! L’esercito azerbajgiano sotto la guida del Comandante in capo ha liberato le nostre città e villaggi uno per uno. Ciò che il Presidente ha detto anni fa si è avverato uno per uno. Un breve sguardo alla storia recente mostra che questa vittoria è un piano strategico ben congegnato del Presidente Ilham Aliyev!
44 giorni … Guerra Patriottica e Grande Vittoria … Questa vittoria è la pagina più luminosa nella storia dell’Azerbajgian. L’Azerbajgian si è mosso passo dopo passo verso la vittoria del Karabakh, superando una moltitudine di difficoltà e ostacoli. L’esercito azerbajgiano lo ha fatto sotto la guida del Comandante in capo Ilham Aliyev! La storia stessa testimonia la portata del lavoro svolto in quei 44 giorni, pieni di orgoglio e onore.
Fin dal primo giorno della sua elezione, il Presidente dell’Azerbajgian ha posto come priorità la liberazione dell’antico Karabakh. Dal giorno in cui ha prestato giuramento come Presidente, nell’ottobre 2003, ha sottolineato l’importanza della liberazione incondizionata delle nostre terre.
Sebbene la strada per la vittoria nella guerra patriottica abbia richiesto 44 giorni, questa vittoria è stata sostenuta da anni di instancabile, paziente e perseverante lotta del Presidente. Questa era l’essenza dei suoi discorsi in tutti gli incontri e forum internazionali, sia in patria che all’estero. In ogni parola, il Presidente ha mostrato che la sua posizione è rimasta immutata. Le parole e le promesse fatte esattamente 18 anni fa sono rimaste immutate fino alla fine! Il Karabakh deve essere liberato! (AZERTAC).
“L’Azerbajgian non sopporterà mai questa situazione, l’occupazione delle sue terre. Tutti dovrebbero sapere che, nonostante la nostra adesione alla pace, il fatto che non vogliamo che la guerra ricominci e vogliamo risolvere pacificamente questo problema, la nostra pazienza non è inesauribile L’Azerbajgian libererà le sue terre natie ad ogni costo” (Discorso alla cerimonia di giuramento, 31 ottobre 2003).
“Bisogna capire che non accetteremo mai l’indipendenza del Karabakh o la sua annessione all’Armenia” (Intervista al quotidiano francese Le Figaro, 22 gennaio 2004).
“La posizione dell’Azerbajgian è chiara ed è stata più volte ribadita. Se non hai ancora avuto l’opportunità di conoscere queste affermazioni, lascia che vi lo ricordi: il Nagorno-Karabakh è territorio dell’Azerbajgian. L’Azerbajgian non accetterà mai l’indipendenza del Nagorno-Karabakh o l’adesione all’Armenia. Il Nagorno-Karabakh appartiene all’Azerbajgian” (Conferenza stampa al Palazzo d’Europa, Strasburgo, 29 aprile 2004).
“Dichiaro che le spese per l’esercito aumenteranno. Dobbiamo rafforzare ulteriormente la base materiale e tecnica del nostro esercito. Abbiamo l’opportunità di fare tutto questo. A volte si chiede che ci dovrebbe essere un compromesso su questo problema. Non ci possono essere compromessi sulla questione della terra. Prima l’altra parte lo capisce, meglio è” (Incontro con il personale di un’unità militare a Ganja, 18 giugno 2004).
“Tutti sanno che l’attuale Armenia è stata fondata sulle antiche terre dell’Azerbajgian. Il khanato di Iravan e il distretto di Zangazur – tutte queste sono terre dell’Azerbajgian” (Discorso nel distretto di Goranboy, 20 novembre 2009).