XXXIII Domenica del Tempo Ordinario: Dio non abbandona mai i suoi figli

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Siamo ormai vicini alla conclusione dell’anno liturgico: domenica prossima sarà la festa di Cristo Re e si conclude l’anno. La fine della corsa è solo l’arrivo al traguardo dove l’uomo, frutto dell’amore di Dio, sperimenta la sua provvidenza. Il linguaggio del Vangelo è escatologico, anche se appare apocalittico: fine dell’anno liturgico, fine di questa vita, fine di questo mondo. Nel brano del vangelo Gesù evidenzia non la fine della storia ma il fine ultimo della nostra esperienza terrena.

La storia dell’uomo e dell’umanità porta in sé i segni del destino escatologico; l’orientamento del tempo guarda le realtà ultime e ci rende consapevoli che sulla terra nessuno ha una stabile dimora. Gesù si trovava vicino a Gerusalemme e gli apostoli e discepoli ammiravano la città santa e il tempio, che era una meraviglia del mondo.

Gesù evidenzia subito: ‘Verranno giorni in cui di tutto questo che ammirate non resterà pietra su pietra’. La distruzione del Tempio, annunciata da Gesù, è figura assai chiara non della fine della storia ma che la storia ha un fine, la storia dell’uomo sulla terra ha una conclusione. Gesù usa due immagini: a)un insieme di eventi catastrofici: guerre, persecuzioni, carestie, distruzioni  sulla terra, come il Tempio e Gerusalemme saranno distrutte, così anche le nostre basiliche, le cattedrali, gli edifici grandiosi, i santuari scintillanti di ori, argenti e marmi; di tutto non resterà pietra su pietra.

b) La seconda immagine è rassicurante: ‘Non temete, neppure un capello del vostro capo andrà perduto’; l’atteggiamento del cristiano è la speranza viva in Dio, che conduce la storia e non permette che restiamo schiavi o vittime di angosce e paure. Dio è amore e ci chiama a collaborare con Lui perché ‘con la vostra perseveranza salverete le vostre anime’; è una esortazione a non cedere nel momento in cui incalzano sofferenze e persecuzioni.

Cosa fare allora? Vegliate, dice Gesù, non conoscete né il giorno né l’ora. Su tutto e su tutti incombe il giudizio di Dio; abbiamo il dovere di restare saldi nella fede, nella speranza e nella carità anche in mezzo ad avversità, guerre micidiali e cataclismi naturali.

L’attesa della ‘Parusia’ non ci dispensa dai nostri impegni in questo mondo, ma, al contrario, crea responsabilità davanti al giudice divino circa il nostro impegno, il nostro agire nel mondo e per il mondo. I discepoli di Cristo non possono restare vittime di paure ed angosce, siamo chiamati a collaborare alla costruzione della storia come operatori di pace, testimoni della speranza di un futuro di salvezza e di redenzione.

La fede vera e viva ci fa camminare con Cristo e ci addita la meta per la quale siamo stati creati da Dio e redenti da Gesù. La fede ci parla di amore perché Dio è amore, ci ha creati con un atto di amore, ci presenta la meta come piena realizzazione: fine della vita terrena ed inizio della vita eterna. Amore è apertura agli altri, vivere per gli altri diventa il programma della vita cristiana.

Da qui le parole di Paolo nella lettera ai Tessalonicesi: ‘Vi do una regola: chi non vuole lavorare neppure mangi’. La Bibbia sin dalla prima pagina ci presenta Dio come modello del lavoro: ‘In principio Dio creò il cielo e la terra’, Dio creando ama e amando crea. L’uomo, creato ad immagine di Dio, è chiamato a continuare l’opera creativa di Dio e l’azione redentiva di Cristo Gesù. La storia di Caino ed Abele è una storia tragica di conflitto sul lavoro, che si concluse con la morte: un  fratello uccide l’altro fratello.

Manifestazione negativa del lavoro è la disoccupazione o il super-lavoro. Il cristiano vero non si lascia intimorire neppure dall’incalzare delle sofferenze fisiche o delle persecuzioni, opere tutte diaboliche. Da qui le parole rassicuranti: ‘Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime’. Vegliate, dice Gesù, state pronti perché non sapete quando verrà il Signore; nel lavoro manteniamo la tranquillità e la fiducia nel Signore.

L’ultima parola sarà quella di Dio, che ci presenta Cristo risorto e noi che con Lui risorgeremo. Ci siano di esempio e sprone i Santi, i martiri cristiani di ieri e di oggi che, nonostante le sofferenze e il martirio, sono stati veri testimoni credibili di Dio, Provvidenza infinita; essi hanno custodito e consegnato a noi il Vangelo dell’amore e della misericordia. La Madonna, che invochiamo ‘odigitria’, rivolga a noi i suoi occhi misericordiosi , ci sostenga e ci guidi nel nostro cammino quotidiano con amore materno.

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