Diocesi di Piazza Armerina. L’Ordine dei Frati Minori Conventuali ha avviato la procedura di dimissione dallo stato clericale del cappellano-pusher al carcere di Enna

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 04.11.2022 – Vik van Brantegem] – Ieri, 3 novembre 2022 è stato trattato il ricorso davanti il Tribunale del Riesame di Caltanissetta per il cappellano della Casa circondariale di Enna, Fra Rosario Buccheri, OFM Conv, arrestato in flagrante lo scorso 13 ottobre dalla Polizia penitenziaria, in collaborazione con il Nucleo investigativo regionale della Polizia penitenziaria, detenuto nel carcere di Agrigento, sotto inchiesta per cessione di droga all’interno del carcere [QUI].

La Diocesi – già in difficoltà per il caso di Don Giuseppe Rugolo, a processo per violenza sessuale aggravata su tre minori secondo gli articoli 81 e 609 del codice penale [QUI], e per il caso di Don Giovanni Tandurella[*] – ha espresso in una nota, pubblicato sul sito diocesano, la sua fiducia nella giustizia per fare chiarezza sul caso di Fra Rosario Buccheri, OFM Conv, vicenda definita dolorosa.

Da quando era nominato cappellano dal Vescovo di Piazza Armerina, Mons. Rosario Gisana, la polizia penitenziaria aveva cominciato a sequestrare in continuazione telefoni cellulari e droga nel carcere. Quindi, Fra Buccheri era già tenuto d’occhio da mesi e quando il 13 ottobre aveva chiamato un detenuto nel suo ufficio per un colloquio, gli agenti lo hanno arrestato mentre consegnava un panetto di circa 80 grammi di hashish.

Il francescano conventuale, 59 anni, originario di Villabate in provincia di Palermo, dopo una condanna per furto di materiale militare passato in giudicato nel 1992, si era rimesso sulla retta via. Si era congedato dall’Arma dei Carabinieri per entrare nell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, ordinato sacerdote nel 2002.

Gli arnesi da scasso sono stati i primi oggetti rivenuti durante le perquisizioni effettuati dagli agenti del Nucleo investigativo della Polizia penitenziaria. Nella sua Toyota Yaris il frate aveva un piede di porco, una cesoia, un martello frangivetro e un passamontagna. Durante la perquisizione della sua cella nel convento in piazza Vittorio Emanuele ad Enna, gli investigatori hanno rinvenuto una pistola calibro 38 con matricola abrasa, un fucile a canne mozze, scatole di cartucce e proiettili, un taser, coltelli, sciabole, carte di credito e postepay, decine di sim telefoniche, tanti soldi (sembra che si tratta di 35 mila euro in contanti) e dei pizzini, alcuni dei quali inquietanti, perché provenienti da un catanese appartenente al clan dei Santapaola.

Il Segretario Provinciale e Consigliere Nazionale dell’Unione Sindacati di Polizia Penitenziaria (USPP), Filippo Bellavia, ha dichiarato: «Siamo orgogliosi dell’attività di prevenzione e controllo, svolto con scrupolo e professionalità dalla polizia penitenziaria tutta. E tutto questo nonostante la ormai atavica carenza di organico e i turni massacranti ai quali siamo giornalmente sottoposti, nell’indifferenza generale».

La Provincia siciliana dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali ha comunicato di aver preso atto “degli avvenimenti che vedono coinvolto il confratello Rosario Buccheri”, esprimendo “piena fiducia nell’operato della Magistratura ennese” e aggiungendo di aver già emesso “in via prudenziale il decreto di sospensione dall’esercizio del sacro ministero”. Poi, l’Ordine ha avviato la procedura per ridurre dallo stato clericale Fra Rosario Buccheri. Un iter analogo è stato avviato anche dallo stesso sacerdote.

La notizia sul procedimento canonico è stata data nello stesso giorno in cui dinanzi al Tribunale del Riesame di Caltanissetta si è svolta l’udienza per la richiesta di arresti domiciliari “in convento” avanzata dal difensore di Fra Buccheri, l’Avv. Antonino Grippaldi. Non ha contestato i “gravi indizi di reità” che sono stati posti alla base dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Peraltro, Fra Buccheri ha confessato, anche se nel corso dell’interrogatorio di garanzia che si era svolto il 22 ottobre scorso ad Enna davanti al gip Giuseppe Noto, alla presenza del pm Michele Benintende e l’avvocato difensore: “Sono stato minacciato”. Ha raccontato che sarebbe stato avvicinato da persone che non conosceva. Gli avrebbero detto “si renda disponibile”, minacciandolo. “Ho fatto una stupidaggine. Avrei dovuto informare i miei superiori”, ha detto ai magistrati. Ha spiegato che i 35.000 euro in contanti trovati durante la perquisizione nella sua cella del convento sarebbero tutti rintracciabili, in parte provenienti di una donazione familiare. Per quanto riguarda le armi rinvenute, ha raccontato di averle avuto in dono da un amico palermitano di cui non ha voluto dire il nome.

In aula, la difesa ha fatto presente che al sacerdote non sia stato trovato altro stupefacente, né alcun tipo di materiale idoneo per il confezionamento o la pesatura, descriverebbe una condotta episodica. Visto, che è stato sospeso dal Vescovo di Piazza Armerina dalla sua funzione di cappellano, che comunque ha perso a seguito della sospensione a divinis. Non vi sarebbe, ha sottolineato la difesa, alcun pericolo di “reiterazione del reato”, riconosciuto dal Gip all’esito dell’udienza di convalida. Il Tribunale di Libertà dovrà pronunciarsi al riguardo entro mercoledì prossimo.

Scrive la giornalista Pierelisa Rizzo sul sito Santannatoday.it: «Le indagini vanno avanti per provare a capire chi sia realmente Rosario Buccheri, il frate che incantava i fedeli nelle sue lunghe omelie durante le Messa alla chiesa dedicata all’Immacolata di Enna, quell’uomo tutto convento, chiesa e carcere che raramente si vedeva in giro e che, invece, faceva il corriere della droga per i detenuti e custodiva un piccolo arsenale nella sua cella francescana».

[*] Don Giovanni Tandurella, parroco della cattedrale di Piazza Armerina, è stato arrestato il 24 marzo scorso, nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Gela denominata “Avaratia” che nasce nel 2020 dopo il passaggio di gestione dell’Ipab «Antonietta Aldisio» di Gela e le denunce dei familiari, almeno una quindicina, degli ospiti della residenza per anziane. Su ordine del gip Roberto Riggio è agli arresti domiciliari accusato di corruzione per un atto contrario ai doveri di uffici, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, circonvenzione d’incapace, truffa, appropriazione indebita e riciclaggio. Secondo l’indagine, condotta dai carabinieri di Gela, i soldi dell’Ipab «Antonietta Aldisio» sarebbero stati utilizzati dal Presidente Don Giovanni Tandurella per acquistare un appartamento a Gela ed effettuare dei lavori edili nella chiesa Santa Maria di Betlemme, sempre a Gela, dove era parroco. Il prete, inoltre, avrebbe anche fruito di una cospicua donazione di denaro effettuata da un’anziana benestante che avrebbe trasferito la sua residenza nell’Ipab. La struttura per anziani era stata già commissariata dalla Regione nel dicembre 2019, poi le denunce dei familiari degli ospiti. Disposto anche il sequestro di immobili e somme in denaro, 75 mila euro, e di diversi conti correnti riconducibili al sacerdote gelese. Secondo l’accusa il sacerdote avrebbe affidato la struttura pubblica alla società La Fenice di Mauro, eludendo le procedure previste in materia di appalti pubblici. In più avrebbe svenduto la struttura cedendola in locazione alla società La Fenice a un canone inferiore a quello di mercato, ottenendo in cambio denaro versato a un suo congiunto. I familiari delle ospiti dell’Ipab avevano segnalato, già nel gennaio del 2020, il grave peggioramento delle condizioni di vita delle ricoverate a fronte di un cospicuo aumento delle quote di partecipazione alle rette per garantire il soggiorno.

Foto di copertina: Fra Rosario Buccheri, OFM Conv (Foto ANSA).

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