Card. Sandri al Pontificio Istituto Orientale: serve il discernimento dei ‘segni dei tempi’

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A fine ottobre è stato inaugurato il nuovo anno accademico del Pontificio Istituto Orientale dal card. Leonardo Sandri, prefetto del dicastero per le Chiese Orientali e Gran Cancelliere, il quale ha ricordato la ‘missione’ dell’Istituto:

“Il Pontificio Istituto Orientale ha in questo frangente una vocazione singolare: dare voce a chi non ha voce, come è accaduto alcuni mesi orsono nell’incontro-testimonianza che ha visto in collegamento anche l’arcivescovo Maggiore S.B. Sviatoslav Shevchuk, cui mandiamo da qui il nostro abbraccio e la nostra preghiera per lui, la Chiesa Greco-Cattolica e tutto il popolo ucraino, indipendentemente dall’appartenenza confessionale”.

Nella prolusione il prefetto ha ricordato le parole del papa per ritrovare la pace in Europa: “Papa Francesco ha delineato bene diversi livelli: la maturazione dell’uomo che diventa discepolo e quindi pastore, il contesto di crescita e di formazione, il ruolo dello studio delle discipline filosofiche e teologiche, l’esigenza di continuare a farsi accompagnare e fare esperienza della misericordia di Dio, il saper mantenere il dialogo con la realtà, specie quella dei piccoli e dei poveri cui siamo inviati, la speranza della pace e la maternità della Chiesa per tutti i popoli”.

E’ stato un invito ad essere intransigenti nello studio per trovare strade di pace: “Ancora dovete e potete approfondire la storia, curando che la sua ricostruzione brilli per rigore scientifico senza preconcetti a favore di una lettura o dell’altra: questo lo diciamo dinanzi al mistero che i figli di uno stesso Battesimo ora siano in guerra gli uni con gli altri, e nuovi Caino si scaglino contro nuovi Abele.

In questo senso andranno rilette, accanto alle parole di lunedì del Pontefice sull’esigenza anche di pregare per l’aggressore ‘Non si vedono le ferite che hanno nell’anima, ma pregate, pregate perché il Signore li converta e voglia venire la pace’, le riflessioni sviluppate nel Convegno ‘Violenza ove antico dolore’ che impegnò il Pontificio Istituto Orientale a partire dal dramma della guerra in Siria”.

Nel ricordo dell’opera di p. Nedungatt il card. Sandri ha sottolineato la necessità di maestri per discernere i ‘segni dei tempi’: “C’è bisogno di maestri anche nel discernere i segni dei tempi e cogliere come le avite tradizioni pure confluite nel processo di codificazione orientale si pongano in rapporto col presente: nei secoli antichi, ma anche un secolo fa, le aspettative di vita erano di un certo tipo, mentre nel giro di pochi decenni in molte parti del mondo esse hanno compiuto un balzo importante.

La domanda che il Dicastero si pone in dialogo con gli studiosi di diritto orientale è ad esempio sulla composizione dei Sinodi delle Chiese Patriarcali o Arcivescovili Maggiori, in alcuni dei quali la presenza di emeriti ultra ottuagenari è diventata molto significativa, e fino ad oggi godendo tutti del diritto di voto per le elezioni episcopali come in quelle dei rispettivi Padri e Capi”.

Ed ha ricordato che nel prossimo anno ricorre l’anniversario della morte di san Shornali: “Tra gli eventi significativi che ci aspettano nel 2023, le celebrazioni per gli 850 anni della morte di san Nerses Shornali, grande santo venerato dalla Chiesa Armena, cattolica e non: in una lettera al Rettore ho evidenziato l’opportunità che eventuali iniziative accademiche siano realizzate con il concorso e il patrocinio di tutte le istanze armene: Roma vuole essere fedele al suo mandato di essere grembo accogliente che accoglie e valorizza le differenti tradizioni, senza dare occasioni per evidenziare talora difficoltà comunicative o lievi incomprensioni presenti tra i diversi interlocutori”.

Precedentemente nell’omelia della celebrazione eucaristica il card. Sandri ha invitato a stare ‘in piede’: “Pensiamo al popolo di Israele chiamato a consumare la cena pasquale in Egitto in piedi, con i fianchi cinti, pronti a partire. Si era nell’imminenza di dover partire per sfuggire al faraone e ricevere in dono la terra della libertà.

Il pericolo era grande, e immane la sproporzione tra le forze degli egiziani e la semplicità degli Israeliti: sarebbe stata comprensibile una certa ritrosia o ripiegamento su di sé per la paura, e invece l’invito di Dio attraverso Mosè ‘state in piedi’.

La tradizione spirituale, che soprattutto in Oriente si è mantenuta, ha inteso evidenziare come lo stare in piedi durante la supplica liturgica, specie nel tempo pasquale, non esprime mancanza di umiltà di fronte a Dio, quanto piuttosto la realtà di essere risorti con Cristo, pronti a cercare le cose di lassù”.

Infine ha invitato a ‘muoversi’ secondo lo Spirito Santo e non secondo il ‘Maligno’: “Le sue frecce sono pericolose e possono infettare il cuore e la vita. Lo scudo della fede rappresenta la capacità di guardare, leggere, giudicare la realtà a partire del Vangelo come unico metro di misura: molti vorrebbero che la comunità cristiana si esprimesse secondo una logica mondana di una parte o dell’altra, ed è molto subdolo il modo in cui si cerca di farci diventare alleati di uno schieramento o dell’altro.

L’esperienza dello studio accademico, l’esercizio dell’intelletto della fede che si esprime in tutte le discipline che le due Facoltà del PIO approfondiscono sono un modo perché questo scudo e il tesoro della fede si rafforzi in noi e ci renda pastori capaci di discernimento sul tempo presente perché saldamente ancorati nell’ascolto del progetto di Dio e nel cercare i segni che Egli pone sul nostro cammino”.

(Foto: Pontificio Istituto Orientale)

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