Autogol clamoroso dei collettivi gender a Bologna. Cosa pensano i vescovi di gender, carriera alias e libertà educativa?

Condividi su...

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 31.10.2022 – Vik van Brantegem] – Gli attivisti LGBTQAI+ a Bologna hanno fatto un autogol clamoroso, regalando a Pro Vita & Famiglia Onlus una grande vittoria. Si erano organizzati sul web per denunciare in massa le affissioni stradali dell’associazione contro l’ideologia gender all’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP), che non gli ha dato ragione. Riportiamo di seguito la reazione di Jacopo Coghe, Portavoce di Pro Vita & Famiglia Onlus.

Poi, si nota che qualche vescovo Cattolico c’è ancora rimasto in Italia. È quanto emerge da una rassegna di Giuliano Guzzo su cosa pensano i vescovi dell’ideologia gender, della carriere alias [*] e della libertà educativa dei genitori, pubblicato su sito di Pro Vita & Famiglia [QUI], che segue.

Autogol clamoroso dei collettivi gender a Bologna

Il collettivi gender di Bologna hanno inviato allo IAP – un ente indipendente che vigila su tutte le comunicazioni pubblicitarie – decine di denunce sperando che ordinasse la rimozione dei manifesti perché “offensivi” e “discriminatori”. Lo IAP però ha risposto che “non ha rilevato nei confronti del messaggio di cui si discute gli estremi per un proprio intervento”. Infatti, scrivono, “la comunicazione sociale gode di maggiori margini di libertà… sulla base del principio di tutela della libertà del pensiero costituzionalmente garantita”.

Il Portavoce di Pro Vita & Famiglia Onlus, Jacopo Coghe, ha dichiarato: «Davvero una gran bella vittoria. Quindi, abbiamo replicato la campagna dov’era stata più attaccata: nella “rossa” Bologna. Ovviamente, mi aspetto la reazione violenta del Comune e dei collettivi LGBT, furiosi per il loro clamoroso autogol. Il sindaco di Bologna (come quello di Torino e di altre città di sinistra) vuole modificare i regolamenti comunali affinché il giudizio sulle nostre campagne non spetti più allo IAP ma a “commissioni speciali” nominate dal Comune. Non più un ente indipendente, quindi, ma organi politici come nelle peggiori dittature. Lo trovo francamente scandaloso. Prossimamente spiegherò nel dettaglio come pensiamo di resistere e reagire a questi attacchi. Oggi godiamoci questa bella vittoria, che… almeno per ora… ci permette di continuare a denunciare pubblicamente l’ideologia gender, difendendo i nostri figli e i nostri nipoti».

Ecco il camion-vela che sta girando per le strade di Bologna.

++++ AGGIORNAMENTO ++++ «Nella “democratica” Bologna tutti i nostri manifesti contro l’ideologia gender sono stati strappati e vandalizzati in poche ore. Il Sindaco ha minacciato di modificare i regolamenti comunali sulle affissioni per impedirci di replicarle. Menomale che loro sono gli “antifascisti”! Abbiamo risposto con un maxi camion-vela che riproduce l’immagine “incriminata”. Deve essere chiaro che non cederemo di un millimetro di fronte allo squadrismo arcobaleno e alle minacce di censura politica. Vogliamo continuare a manifestare liberamente contro l’ideologia gender, che sta confondendo migliaia di bambini e adolescenti sulla loro identità sessuale. Vogliamo restare liberi di difendere i nostri figli e i nostri nipoti» (Jacopo Coghe). ++++ #RestiamoLiberi

++++ AGGIORNAMENTO ++++
La censura rossa connota il Campidoglio piddino. Una lettera-boomerang
di Giuseppe Rusconi
Rosso Porpora, 2 novembre 2022


Si sa che il Comune di Roma – guidato oggi dal piddino Roberto Gualtieri – non tutela la libertà di espressione, almeno in materia di vita e di famiglia. Mostra anzi, attraverso certe componenti della sua giunta come l’assessore alle Attività produttive e alle Pari Opportunità Monica Lucarelli, una vera e propria idiosincrasia ad esempio nei confronti dei manifesti anti-abortisti (che richiamano la verità del feto) o contro l’ideologia gender di Pro Vita & Famiglia. Del resto all’interno delle Pari Opportunità romane c’è anche l’Ufficio per i diritti lgbt ecc… diretto da Marina Grassadonia, già presidente nazionale delle cosiddette ‘famiglie arcobaleno’ ed esponente di Sinistra italiana. Naturalmente quest’ultima è sempre sull’attenti e scatta appena si profila all’orizzonte qualcosa che possa magari turbare l’ordine pubblico arcobaleno.
Certo la Grassadonia non fa una piega quando note associazioni femministe – le cui azioni liberticide sono coerenti con il feroce totalitarismo imperante nei loro cervelli – diffondono manifesti con Giorgia Meloni, Lorenzo Fontana, Maurizio Gasparri e Eugenia Roccella a testa in giù.
Invece si scatena quando scopre che l’Associazione Non si tocca la famiglia e l’Osservatorio bioetico di Siena (con la collaborazione del Family Day ) hanno chiesto la Sala della Protomoteca in Campidoglio in vista di un convegno da tenersi il 28 ottobre per una riflessione con medici, psicologi e genitori sui temi della disforia di genere e della cosiddetta riassegnazione sessuale. Tra i relatori anche Massimo Gandolfini, il neurochirurgo portavoce del Family Day, oltre a Emanuele Boffi (direttore di Tempi), Paolo Scarpellato (psicologo) e Giusy D’Amico (attivissima presidente di Non si tocca la famiglia). L’agitazione della nota lobby per la concessione della Sala della Protomoteca (ritenuta evidentemente una propria dépendence) deve aver raggiunto l’apice tanto che il sindaco Gualtieri ha all’ultimo momento comunicato il No del Comune all’utilizzo della sala, richiesta come d’uso qualche settimana prima da un consigliere comunale, il leghista Fabrizio Santori. Il Convegno si è poi tenuto a 400 metri dal Campidoglio nella Sala Baldini in piazza Campitelli.
Ma c’è di più. Leggete alcuni passi – molto ma molto significativi – della lettera con cui il capo Segreteria di Gualtieri, comunica il rifiuto di concedere la sala della Protomoteca. Scrive tra l’altro Giulio Bugarini: “L’utilizzo della sala, la più importante e simbolica del Campidoglio, resterà sempre aperta a iniziative di differente matrice politico-culturale; tuttavia i soggetti organizzatori devono sempre attenersi a regole di trasparenza e correttezza e deve essere un impegno comune quello di evitare toni e motivi di aperta contrapposizione e propaganda, soprattutto su temi divisivi e sensibili”. Nel nostro caso l’associazione Non si tocca la famiglia “con toni aggressivi verso chi si pone su posizioni differenti ha contribuito a creare un clima conflittuale ingenerando sentimenti di diffidenza e inaffidabilità da parte dell’amministrazione”. E bravo il Bugarini e bravo il Gualtieri! Quanto scritto – di impronta sovietica dei bei tempi – lascia prefigurare che la Sala della Protomoteca non sarà più concessa a nessuna di quella galassia di associazioni che si occupano di “temi divisivi e sensibili”, creando “un clima conflittuale”. In concreto ciò dovrebbe significare anche: niente più Campidoglio ai gruppi e movimenti che propagandano aborto e eutanasia, utero in affitto, gay pride e ideologia gender nelle scuole! E’ vero che sarà così, sindaco Gualtieri? Oppure – per non essere lapidato da pietre arcobaleno – si rimangerà quanto scritto (un po’ incautamente, con effetto boomerang) per mano del suo capo Segreteria? ++++

Cosa pensano i vescovi di gender, carriera alias e libertà educativa?

La Chiesa cattolica non sta a guardare e non si accoda all’agenda del mondo in materia di diritti, rivendicazioni opinabili e gender. È quanto emerge dal significativo numero di vescovi italiani che si sono esposti e sono stati ultimamente intervistati da Pro Vita & Famiglia. Conformemente al Magistero della Chiesa e alle nette prese di posizione di Papa Francesco contro ogni «colonizzazione ideologica», non le hanno di certo mandate a dire.

Si pensi, per cominciare, a quanto dichiarato dal Vescovo di Aversa, Monsignor Angelo Spinillo [QUI], il quale, incontrati i responsabili del Pride locale, ha poi spiegato che non ritiene affatto «di poter essere definito omofobo, semplicemente perché ho una visione diversa dalla loro». E tanti saluti, viene da commentare, al (defunto) ddl Zan e a quanti invece attribuiscono al dissenso con la linea arcobaleno una connotazione violenta.

Come non ricordare poi, venendo al tema del gender, la presa di posizione del Vescovo emerito di Verona, Monsignor Giuseppe Zenti [QUI], il quale a giugno, poco prima del pensionamento e in piena campagna elettorale, aveva richiamato l’importanza di spendersi per la «famiglia voluta da Dio e non alterata dall’ideologia del gender»?

Sul tema dell’allignare del gender nelle scuole, invece, corre l’obbligo di ricordare le condivisibili preoccupazioni espresse dal Vescovo di Ventimiglia-San Remo, Monsignor Antonio Suetta [QUI], che a Pro Vita & Famiglia ha dichiarato: «Vedo purtroppo una prevalenza abusiva e pericolosa di queste teorie nel mondo della scuola e, in generale, in qualunque ambiente. Si tratta di concessioni che vengono pretese da taluni e poi elargite con il contagocce, in una maniera che potrà sembrare quasi innocua ma che, a poco a poco, plasma una mentalità».

Sulla stessa lunghezza d’onda si è espresso, sempre parlando di scuola, il Vescovo di Cesena-Sarsina, Monsignor Douglas Regattieri [QUI]: «L’espressione “identità di genere” mira chiaramente ad annullare la differenza, il dualismo uomo-donna, a vantaggio di un’autopercezione individuale, tesa a cancellare la differenza sessuale, a creare una confusione antropologica che confonde e sicuramente lede il principio di condivisione, reciprocità uomo-donna, su cui si fondano la famiglia e l’educazione». Come sappiamo, le insidie ai danni dei più piccoli oggi non riguardano solo il gender in senso stresso, ma anche la cosiddetta educazione sessuale, che spesso si traduce in una vera e propria apologia della contraccezione.

Su questo aspetto, parole assai chiare son venute dall’Arcivescovo metropolita di Campobasso-Bojano, Monsignor Giancarlo Maria Bregantini, C.S.S. [QUI], secondo cui «l’educazione sessuale è un tema che va ben concordato. In primo luogo, è compito dei genitori e della famiglia tutta. I genitori hanno il diritto di intervenire, con una parola autorevole e chiara. Nei confronti della scuola, poi, è necessario concordare bene insieme il cammino educativo da compiere. È infatti importante che le famiglie sappiano cosa viene detto a scuola, chi lo dice e come lo si dice». L’educazione sessuale, ha chiosato Mons. Bregantini, «non va delegata tutta alla scuola, ma concordata bene insieme alla famiglia, in un equilibrio gestionale saggio e maturo». Peccato, viene da aggiungere, che oggi spesso così non sia.

Tornando al gender, corre l’obbligo di ricordare le parole molto battagliere del Vescovo emerito di Ascoli Piceno, Monsignor Giovanni D’Ercole [QUI], che ha dichiarato senza mezzi termini: «Ho sempre sostenuto che bisogna lottare e continuerò a farlo, perché credo che il gender rappresenti la distruzione dell’essere umano nella sua struttura più profonda, e che sia un’ingiusta e pericolosa ingerenza nei confronti della famiglia».

Anche l’Arcivescovo metropolita di Lucca, Monsignor Paolo Giulietti [QUI], ha saputo esporsi richiamando un versante se possibile ancora più delicato di quelli fin qui ricordati: quello dei ragazzini che desiderano “cambiare sesso”. «Sul tema della disforia di genere», ha infatti dichiarato monsignor Giulietti, «riteniamo che assecondare troppo presto questo tipo di disagio può essere molto pericoloso. Nella maggior parte dei casi, con un buon accompagnamento, il disagio si supera».

Il Vescovo di Livorno, Monsignor Simone Giusti [QUI], non ha invece mancato di segnalare la pericolosità delle iniziative di “carriera alias” nelle scuole: «Si tratta di atti improvvidi, senza alcun supporto legislativo, per cui si deve intervenire nei confronti di quelle che sono soltanto fantasie e denunciarle come provvedimenti improvvidi e abusi».

Che dire, dinnanzi a questo ricco e confortante insieme di prese di posizione, se non quello che si diceva in apertura, e cioè che – per quanto ignorata o ridicolizzata dai grandi media – ancora ci sono, per quanto il tema sia squisitamente laico, una Chiesa e dei vescovi che non cedono affatto all’indottrinamento ideologico; e che su questi versanti si pongono dalla sola parte davvero vulnerabile: quella delle famiglie e, soprattutto, dei bambini.

[*] La carriera alias è una modifica (illegale) al regolamento scolastico che molte scuole stanno attuando, su pressione del movimento Lgbt, per trattare gli studenti in base all’identità di genere che loro dichiarano di auto-percepire, e non in base al loro sesso biologico maschile o femminile.

Faccio un esempio pratico. Marco, 15 anni, è ovviamente un maschio, ma “si sente” femmina. Questo suo sentimento, slegato dal sesso biologico, è definito identità di genere. Se la sua scuola ha introdotto la carriera alias nei suoi regolamenti (su pressione del movimento Lgbt), Marco potrà chiedere di essere trattato in tutto e per tutto sulla base del suo sentimento – della sua presunta identità di genere – e quindi come se fosse davvero una femmina. Sarà chiamato con un nome femminile che lui sceglierà, e che sarà modificato anche sul registro elettronico e nei documenti scolastici. Di conseguenza, potrà usufruire dei bagni e degli spogliatoi per le femmine. Tutto ciò, rimanendo un maschio.

Questa è la carriera alias: un regolamento illegale con cui la scuola tratta uno studente o una studentessa non in base alla sua identità sessuale reale (maschile o femminile) ma in base alla sua presunta identità di genere auto-percepita.

Il problema è che oggi i giovani sono sottoposti a un continuo bombardamento culturale e mediatico che li invita a mettere in dubbio la loro sessualità, e che insinua nelle loro menti e nel loro animo la tremenda menzogna di essere “nati nel corpo sbagliato”. La società dovrebbe aiutare gli adolescenti a resistere a questo bombardamento ideologico e a restare saldamente ancorati al REALE. Cioè al fatto di essere maschi e femmine, uomini e donne. Invece, con la carriera alias, la scuola avalla e incoraggia questo caos ideologico interiore, addirittura istituzionalizzandolo. È incredibilmente grave, incredibilmente pericoloso, incredibilmente dannoso».

Free Webcam Girls
151.11.48.50