“In pace mi corico”. Un invito alla lettura.

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Una delle ultime fatiche editoriali del neo-segretario del Dicastero per la cultura e l’educazione, il lodigiano presbitero don Giovanni Cesare Pagazzi, ha un chiaro riferimento biblico e nella fattispecie ad un salmo in cui si parla di sonno. Sembrerebbe strano che la teologia si possa occupare di un fenomeno così “basso”, eppure a ben vedere noi passiamo almeno un terza delle nostre giornate “nelle braccia di Morfeo”, per non parlare dei bambini che, come si dice popolarmente, “mangiano e dormono”.

Insomma sonno, notte e sogno appartengono l’uomo connotandolo profondamente. Quindi occuparsi del sonno da un punto di vista teologico è una mossa giusta, corretta tanto più che è lo stesso Creatore ad averci fatto così, anzi se stiamo al testo biblico è Dio stesso, che dopo aver creato, si riposa (lo shabat).

Il sonno, come Pagazzi mostra, è una categoria con cui rileggere l’intero evento della Rivelazione e in particolare l’evento cristologico; esso non genera mostri, ma apre orizzonti, dischiude significati, offrendo un senso a questo fenomeno umano e non solo, anche perché anche gli animali dormono.

Il sonno, il riposo ha un compito e cioè quello di essere segno di fiducia-fede tanto che Gesù, in un episodio alquanto suggestivo del Vangelo, dorme. Infatti mentre la barca degli apostoli è agitata dalla tempesta sul mare di Galilea, il Nazareno dorme, dimostrando di sentirsi e di essere completamente nelle braccia del Padre.

È questo sonno, fiducioso e confidente, al quale ogni cristiano è chiamato a sperimentare fino all’ultimo respiro, fino al riposo eterno. Insomma l’operetta di Pagazzi, con il suo stile leggero e profondo allo stesso tempo, si raccomanda per aprire una luce, anche e soprattutto teologica, su un fenomeno che non andrebbe dimenticato o peggio misconosciuto.

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