Lo spiraglio di Putin per un’ipotesi di pace: dice sì a Bergoglio come mediatore. Ora lo scoglio è convincere Zelensky

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Ieri, nel giorno in cui si chiude al Colosseo (foto di copertina) le tre giorni dell’Incontro internazionale di preghiera per la pace delle religioni mondiali “Il grido della Pace. Religioni e Culture in dialogo”, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio con la partecipazione di Papa Francesco [QUI e QUI], che ha pronunciato il discorso conclusivo, che riportiamo di seguito, insieme all’Appello di Pace.

Dopo il colloquio con il Presidente Macron, è arrivata disponibilità del Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, di aprire un percorso di dialogo mediato da Papa Francesco con Putin e il Patriarca ortodosso russo Kirill, Zelensky e Biden, Macon. Papa Francesco attende dall’inizio della guerra in Ucraina il tempo della Provvidenza e della razionalità. Ha fatto diversi appelli, ha pure supplicato Putin e ieri ha usato la Francia per lanciare la proposta alla Russia, che ha dato il suo OK. Quindi, oggi uno spiraglio nella guerra per allontanare l’apocalisse nucleare, si può intravedere, nonostante il divieto al dialogo con Mosca posto da Zelensy, ratificato dal Parlamento ucraino, “propedeuticamente”. Certo, per un vero percorso di pace è necessario la volontà di tutte le parti in guerra, dirette e indirette. Il Papa lo sa ed è per questo che va oltre le critiche e non perde occasione di rivolgersi ad entrambe le parti, e ai loro sostenitori.

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 26.10.2022 – Renato Farina] – Improvviso, inaspettato, c’è stato un “sì”. Ieri mattina il Cremlino per la prima volta ha aperto, sia pure al modo ristretto dei crocefissi giansenisti, le braccia al Papa: la Russia accetta «il dialogo con il Pontefice per la ricerca di soluzioni» e così fermare la guerra. Il problema – si sostiene a Mosca – è convincere Zelensky ad accettare, visto che il divieto di trattare con i Russi è sancito da una legge ucraina. Non è – come direbbe Churchill – «l’inizio della fine ma la fine dell’inizio». Che cosa sta accadendo? Francesco ha incrinato il catenaccio che finora aveva tenuto rinchiusa l’anima cristiana di Vladimir il Terribile, che si professa ortodosso? Salvo non si tratti di un gioco – e sarebbe un’infamia, stante che sul terreno ormai ci sono almeno mezzo milione di morti -, qualcosa si muove dietro il portone sigillato dalla volontà di arrivare all’estremo. Il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, ci è girato un po’ intorno, come usa in diplomazia per non fare la figura di chi mendica una pace da perdenti, dunque a pessime condizioni, ma la sostanza, al di là della gimcana verbale dissimulatrice, è “sì”. E pronuncia precisamente la parola “Pontefice” come gradito interlocutore, come virgoletta l’agenzia Ria Novosti.

Le frasi letterali di Mosca suonano – come detto – malferme, persino un tantino insolenti, per chi non è pratico di segnali di fumo nelle schermaglie pubbliche tra cancellerie di fatto in guerra. Ma sono in perfetta rima con quanto è stato escogitato dalla diplomazia vaticana in accordo con quella francese. Lunedì Emmanuel Macron è stato ricevuto (per la terza volta) da Jorge Maria Bergoglio, visita privata, nessun discorso pubblico, tema guerra in Ucraina (ed eutanasia, risultato: raffreddamento di Macron sulla legge per il “fine vita”); 55 minuti di dialogo, tanti.

Protocollo infranto

Uscendo da questo incontro Le Président, contro ogni regola protocollare, ha voluto raccontarne i contenuti a Le Point, subito rimbalzati dove dovevano arrivare: cioè al Cremlino (e alla Casa Bianca). L’inquilino dell’Eliseo ha parlato con Francesco della necessità di un «dialogo religioso» e del «ruolo» che la Chiesa cattolica può svolgere. (Immaginatevi il Papa che prende lezioni da Macron sul suo mestiere, ma dai…). Il settimanale francese ha subito rovesciato nei suoi canali internet che Emmanuel Macron ha chiesto al Papa «di chiamare Vladimir Putin, il Patriarca ortodosso russo Kirill ma anche Joe Biden» per «promuovere il processo di pace» in Ucraina. Secondo voi davvero Bergoglio aveva bisogno di questo suggerimento? Ovvio, lampante: tutto concordato. La volontà del Papa di telefonare a Putin e Biden era già nota. Ma occorreva che un leader di rilievo facesse da sponda, accettasse di recitare una parte, e si prestasse a far sapere che era stata una sua iniziativa passare al Papa i numeri di cellulare di Putin, Biden e del Patriarca Kirill.

Poche ore dopo, Peskov risponde: «Se tutto ciò è davvero in linea con gli sforzi finalizzati alla ricerca di possibili soluzioni, allora lo valutiamo positivamente», ha detto Peskov sottolineando però che Macron «non ha detto nulla sul fatto che qualcuno dovrebbe chiamare Zelensky e occuparsi del quadro legislativo, che ora vieta qualsiasi negoziato con la parte russa». I Russi sono «pronti a discutere di tutto questo con gli Americani e con i Francesi e con il Pontefice. Ripeto ancora una volta, la Russia è aperta a tutti i contatti. Ma bisogna partire dal fatto che l’Ucraina ha codificato il fatto di non continuare le trattative».

La traduzione

Provo a fornire una traduzione plebea del ghirigoro. Macron fa sapere che il Papa è pronto a ogni sforzo per far incontrare Biden e Putin, ed è pronto a mediare tra loro. Risposta di Putin: se Francesco vuole, gli lasciamo aperta la strada, benvenuto. Telefoni, organizzi, raduni Biden, Macron, Zelensky, si faccia accompagnare dal Patriarca Kirill, noi siamo pronti. Ma chi glielo dice a Zelensky? Potrebbe chiederglielo (diamo questo suggerimento) la nostra Giorgia Meloni, che con Zelensky ha preso confidenza, e non è sospetta di connivenza col nemico…

Fantasie? Qualcosa è accaduto.

Non osava credere nessuno alla potenza spirituale dei segni. Il 2 ottobre all’Angelus, Francesco si era umiliato posando ai piedi Putin «una supplica» perché, «almeno per amore del proprio popolo» si fermasse; a Zelensky, l’aggredito, aveva lanciato «con fiducia» l’appello perché «si apra a proposte di pace serie». Ma ai responsabili delle Nazioni aveva chiesto di cercare la pace «utilizzando tutti gli strumenti diplomatici, anche quelli finora non utilizzati».

Ecco: in questi due giorni si è applicata la logica dell’incontro personale. Dopo il casus belli ieri è venuto il tempo del casus pacis. Il Papa è angosciato. Teme l’escalation nucleare. Chiede di fermarsi. Perderemmo tutti.

Questo articolo è stato pubblicato oggi su Libero Quotidiano.

Incontro promosso dalla Comunità di Sant’Egidio
“Il grido della Pace. Religioni e Culture in dialogo”
alla presenza del Santo Padre Francesco

Nel pomeriggio di martedì 25 ottobre 2022, al Colosseo in Roma, ha avuto luogo l’Incontro internazionale promosso dalla Comunità di Sant’Egidio nello “Spirito di Assisi” sul tema “Il grido della Pace. Religioni e Culture in Dialogo”, in corso dal 23 al 25 ottobre. Alle ore 16.30 il Santo Padre Francesco ha presieduto la preghiera dei cristiani insieme ai rappresentanti delle altre religioni. Al termine, il Papa si è recato sul palco insieme ai vari rappresentanti dove ha avuto luogo l’Incontro internazionale e l’inizio della cerimonia al termine della quale è stato letto l’Appello di Pace.

Pubblichiamo di seguito il Discorso che il Santo Padre Francesco ha rivolto ai partecipanti all’Incontro e il testo dell’Appello di Pace.

Discorso del Santo Padre

Illustri Leader delle Chiese cristiane e delle Religioni mondiali,
fratelli e sorelle,
distinte Autorità!

Ringrazio ciascuno di voi che partecipate a questo incontro di preghiera per la pace. Speciale riconoscenza esprimo ai Leader cristiani e di altre Religioni, animati dallo spirito di fratellanza che ispirò la prima storica convocazione voluta da San Giovanni Paolo II ad Assisi, trentasei anni fa.

Quest’anno la nostra preghiera è diventata un “grido”, perché oggi la pace è gravemente violata, ferita, calpestata: e questo in Europa, cioè nel continente che nel secolo scorso ha vissuto le tragedie delle due guerre mondiali – e siamo nella terza. Purtroppo, da allora, le guerre non hanno mai smesso di insanguinare e impoverire la terra, ma il momento che stiamo vivendo è particolarmente drammatico. Per questo abbiamo elevato la nostra preghiera a Dio, che sempre ascolta il grido angosciato dei suoi figli. Ascoltaci, Signore!

La pace è nel cuore delle Religioni, nelle loro Scritture e nel loro messaggio. Nel silenzio della preghiera, questa sera, abbiamo sentito il grido della pace: la pace soffocata in tante regioni del mondo, umiliata da troppe violenze, negata perfino ai bambini e agli anziani, cui non sono risparmiate le terribili asprezze della guerra. Il grido della pace viene spesso zittito, oltre che dalla retorica bellica, anche dall’indifferenza. È tacitato dall’odio che cresce mentre ci si combatte.

Ma l’invocazione della pace non può essere soppressa: sale dal cuore delle madri, è scritta sui volti dei profughi, delle famiglie in fuga, dei feriti o dei morenti. E questo grido silenzioso sale al Cielo. Non conosce formule magiche per uscire dai conflitti, ma ha il diritto sacrosanto di chiedere pace in nome delle sofferenze patite, e merita ascolto. Merita che tutti, a partire dai governanti, si chinino ad ascoltare con serietà e rispetto. Il grido della pace esprime il dolore e l’orrore della guerra, madre di tutte le povertà.

«Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male» (Enc. Fratelli tutti, 261). Sono convinzioni che scaturiscono dalle lezioni dolorosissime del secolo Ventesimo, e purtroppo anche di questa parte del Ventunesimo. Oggi, in effetti, si sta verificando quello che si temeva e che mai avremmo voluto ascoltare: che cioè l’uso delle armi atomiche, che colpevolmente dopo Hiroshima e Nagasaki si è continuato a produrre e sperimentare, viene ora apertamente minacciato.

In questo scenario oscuro, dove purtroppo i disegni dei potenti della terra non danno affidamento alle giuste aspirazioni dei popoli, non muta, per nostra salvezza, il disegno di Dio, che è “un progetto di pace e non di sventura” (cfr Ger 29,11). Qui trova ascolto la voce di chi non ha voce; qui si fonda la speranza dei piccoli e dei poveri: in Dio, il cui nome è Pace. La pace è dono suo e l’abbiamo invocata da Lui. Ma questo dono dev’essere accolto e coltivato da noi uomini e donne, specialmente da noi, credenti. Non lasciamoci contagiare dalla logica perversa della guerra; non cadiamo nella trappola dell’odio per il nemico. Rimettiamo la pace al cuore della visione del futuro, come obiettivo centrale del nostro agire personale, sociale e politico, a tutti i livelli. Disinneschiamo i conflitti con l’arma del dialogo.

Durante una grave crisi internazionale, nell’ottobre 1962, mentre sembravano vicini uno scontro militare e una deflagrazione nucleare, San Giovanni XXIII fece questo appello: «Noi supplichiamo tutti i governanti a non restare sordi a questo grido dell’umanità. Che facciano tutto quello che è in loro potere per salvare la pace». «Eviteranno così al mondo gli orrori di una guerra, di cui non si può prevedere quali saranno le terribili conseguenze. […] Promuovere, favorire, accettare i dialoghi, a tutti i livelli e in ogni tempo, è una regola di saggezza e di prudenza che attira la benedizione del cielo e della terra» (Radiomessaggio, 25 ottobre 1962).

Sessant’anni dopo, queste parole suonano di impressionante attualità. Le faccio mie. Non siamo «neutrali, ma schierati per la pace. Perciò invochiamo lo ius pacis come diritto di tutti a comporre i conflitti senza violenza» (Incontro con gli studenti e il mondo accademico di Bologna, 1° ottobre 2017).

In questi anni, la fraternità tra le religioni ha compiuto progressi decisivi: «Religioni sorelle che aiutino i popoli fratelli a vivere in pace» (Incontro di preghiera per la pace, 7 ottobre 2021). Sempre più ci sentiamo fratelli tra di noi! Un anno fa, incontrandoci proprio qui, davanti al Colosseo, lanciammo un appello, oggi ancora più attuale: «Le Religioni non possono essere utilizzate per la guerra. Solo la pace è santa e nessuno usi il nome di Dio per benedire il terrore e la violenza. Se vedete intorno a voi le guerre, non rassegnatevi! I popoli desiderano la pace» (ibid.).

E questo è quanto cerchiamo di continuare a fare, sempre meglio, giorno per giorno. Non rassegniamoci alla guerra, coltiviamo semi di riconciliazione; e oggi eleviamo al Cielo il grido della pace, ancora con le parole di San Giovanni XXIII: «Si affratellino tutti i popoli della terra e fiorisca in essi e sempre regni la desideratissima pace» Enc. Pacem in terris, 91). Sia così, con la grazia di Dio e la buona volontà degli uomini e delle donne che Egli ama.

Appello di Pace

Riuniti a Roma nello spirito di Assisi, abbiamo pregato per la pace, secondo le varie tradizioni ma concordi. Ora noi, rappresentanti delle Chiese cristiane e delle Religioni mondiali, ci rivolgiamo pensosi al mondo e ai responsabili degli Stati. Ci facciamo voce di quanti soffrono per la guerra, dei profughi e delle famiglie di tutte le vittime e dei caduti.

Con ferma convinzione diciamo: basta con la guerra! Fermiamo ogni conflitto. La guerra porta solo morte e distruzione, è un’avventura senza ritorno nella quale siamo tutti perdenti. Tacciano le armi, si dichiari subito un cessate il fuoco universale. Si attivino presto, prima che sia troppo tardi, negoziati capaci di condurre a soluzioni giuste per una pace stabile e duratura.

Si riapra il dialogo per annullare la minaccia delle armi nucleari.

Dopo gli orrori e i dolori della seconda guerra mondiale, le Nazioni sono state capaci di riparare le profonde lacerazioni del conflitto e, attraverso un dialogo multilaterale, di far nascere l’Organizzazione delle Nazioni Unite, frutto di un’aspirazione che, oggi più che mai, è una necessità: la pace. Non si deve ora perdere la memoria di quale tragedia sia la guerra, generatrice di morte e di povertà.

Siamo di fronte a un bivio: essere la generazione che lascia morire il pianeta e l’umanità, che accumula e commercia armi, nell’illusione di salvarsi da soli contro gli altri, o invece la generazione che crea nuovi modi di vivere insieme, non investe sulle armi, abolisce la guerra come strumento di soluzione dei conflitti e ferma lo sfruttamento abnorme delle risorse pianeta.

Noi credenti dobbiamo adoperarci per la pace in tutti i modi che ci sono possibili. È nostro dovere aiutare a disarmare i cuori e richiamare alla riconciliazione tra i popoli. Purtroppo anche tra noi ci siamo talvolta divisi abusando del santo nome di Dio: ne chiediamo perdono, con umiltà e vergogna. Le religioni sono, e devono continuare ad essere, una grande risorsa di pace. La pace è santa, la guerra non può mai esserlo!

L’umanità deve porre fine alle guerre o sarà una guerra a mettere fine all’umanità. Il mondo, la nostra casa comune, è unico e non appartiene a noi, ma alle future generazioni. Pertanto, liberiamolo dall’incubo nucleare. Riapriamo subito un dialogo serio sulla non proliferazione nucleare e sullo smantellamento delle armi atomiche.

Ripartiamo insieme dal dialogo che è medicina efficace per la riconciliazione dei popoli. Investiamo su ogni via di dialogo. La pace è sempre possibile! Mai più la guerra! Mai più gli uni contro gli altri!

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