I pericoli di uno stato di Sinodo permanente

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 24.10.2022 – Andrea Gagliarducci] – Papa Francesco ha annunciato che l’Assemblea sinodale sulla sinodalità si terrà in due sessioni, nel 2023 e nel 2024 [QUI]. Ciò consente un maggiore discernimento per maturare i frutti del processo sinodale. La decisione è arrivata a seguito dell’incontro con la Segreteria Generale del Sinodo, che ha portato i risultati di un primo documento di sintesi redatto nel corso di una riunione del comitato ristretto a Frascati per la tappa continentale. Il documento non è stato ancora pubblicato ma solo consegnato al Papa, che ha deciso di prolungare l’Assemblea sinodale con un’altra riunione.

Papa Francesco da tempo ha posto la Chiesa in uno stato di Sinodo permanente [QUI]. Il Sinodo sulla famiglia si è svolto in due sessioni, nel 2014 e nel 2015. Dopo il Sinodo sui giovani del 2018, nel 2019 si è svolto un Sinodo speciale sulla regione panamazzonica. Con l’attuale cammino sinodale, che proseguirà fino al 2024, si può dire che più della metà degli anni di pontificato di Papa Francesco è stata con la Chiesa in uno stato sinodale.

È un fatto sorprendente se si pensa che, in una delle prime interviste concesse dopo l’elezione di Papa Francesco, il suo ausiliare a Buenos Aires, il Vescovo Eduardo Horacio García, disse che il Cardinal Bergoglio non amava i Sinodi diocesani, e ogni volta che fu proposto, avrebbe osservato che invece era meglio fare delle opere, che un Sinodo produceva solo documenti che nessuno avrebbe letto [1].

Questi Sinodi producono anche documenti che, in realtà, pochi ricordano ma che costituiscono la base per alcuni pronunciamenti e interpretazioni locali, che non hanno approvazione ufficiale e quindi creano divisione. È chiaro, tuttavia, che Papa Francesco ha cambiato idea sull’argomento, ritenendo il percorso sinodale utile per la discussione, o comunque, un mezzo migliore per portare avanti l’idea di Chiesa che ha in mente [2].

All’inizio del pontificato, d’era molta paura che Papa Francesco avrebbe potuto convocare un Concilio Vaticano III. Questo Sinodo permanente sembra essere un concilio sotto mentite spoglie. L’unica differenza è che le questioni significative non vengono discusse apertamente da vescovi ed esperti in un’assemblea trasparente e dinamica. I grandi temi emergono nelle discussioni sinodali, in situazioni senza risultati ma solo passi avanti o indietro, che poi spetterà all’autorità definire. L’autorità, tuttavia, non li determina, ma continua invece questa discussione permanente.

Forse è proprio perché il Papa non prende una posizione netta che alcune Conferenze Episcopali sono andati molto in avanti da soli, arrivando a proposte di sostanziali modifiche dottrinali. È il caso del cammino sinodale della Chiesa in Germania [QUI e QUI], ma non solo. Potete leggere i resoconti nazionali di questo Sinodo di Francia [QUI], Germania e Svizzera per vedere dove ci stiamo muovendo a livello dottrinale, per non parlare della decisione dei vescovi delle Fiandre in Belgio di definire un modello per la benedizione delle coppie omosessuali [QUI e QUI].

La situazione nelle Fiandre è emblematica perché, nei loro testi, i vescovi sono stati molto attenti a rimanere formalmente entro i confini della dottrina, non impartendo una benedizione formale alla coppia o all’unione. E così, tra un formalismo, una presa di posizione dura, e alla fine, una certa indifferenza, il volto della Chiesa è cambiato senza cambiarlo formalmente.
Anche durante il Concilio Vaticano II ci sono stati diversi passi avanti e campagne per cambiare le posizioni dottrinali della Chiesa. Per la prima volta, i media sono entrati nel dibattito e hanno colto l’occasione per dirigerlo. Niente di nuovo in questo. Ma c’è un problema in questo stato di Sinodo permanente, che è stato proprio un problema anche al Concilio Vaticano II.

Dopo la prima Assemblea del Concilio Vaticano II morì Giovanni XXIII. Il successore fu Paolo VI, che completò il Concilio. Paolo VI aveva il senso della tradizione di Giovanni XXIII e una particolare volontà di cambiare senza rivoluzionare, che in qualche modo ha contribuito ad avere un passaggio in nome della continuità. Paolo VI, tuttavia, soffrì enormemente di pressioni esterne.

Dopo le campagne mediatiche che seguirono alla pubblicazione dell’enciclica Humanae vitae sulla contraccezione nel 1968 [QUI], Paolo VI non scrisse più encicliche. Si limitò invece a documenti più leggeri in un magistero che divenne profetico, itinerante, e che però fu considerato debole.

Cosa accadrà se, in questo stato di sinodo permanente, Papa Francesco muore o si arrende? Come gestirà il suo successore questo processo sinodale?

Inevitabilmente è una questione che entra nelle discussioni dei cardinali e che, allo stesso tempo, entrerà in Conclave. Sarà mantenuto l’approccio fluido di Papa Francesco, andando avanti in quella direzione? O sarà diversamente, con un Papa che guiderà il processo sinodale in prima persona?

Questo potrebbe essere inteso come Papa Francesco lasciasse la decisione ad altri. Ma non è così. Al contrario, il Papa si presenta come un decisore nato [QUI], e nessuna discussione lo ha portato a non prendere decisioni. Basti pensare alla riforma della Curia, fatta e promulgata quasi sempre fuori delle riunioni del Consiglio dei cardinali [3].

Il Papa, però, non prende posizioni precise nei dibattiti. Lascia a tutti la possibilità di interpretare, e solo dopo fa capire quale, secondo lui, potrebbe essere l’interpretazione migliore. Quindi, lasci tutto com’è, cambiando tutto contemporaneamente. Il Papa resta il punto di riferimento centrale, ma soprattutto nei casi di governo. È un governo quasi secolare. Sulle questioni dottrinali tutto sembra sospeso, a parte alcune decisioni che però riguardano la sfera liturgica – come l’abolizione della liberalizzazione della Messa Usus Antiquior

Resta da vedere cosa farà il prossimo Papa. In effetti, lo stato di Sinodo permanente rimarrà per un po’. Con tutte le sue conseguenze.

Questo articolo nella nostra traduzione italiana è stato pubblicato oggi dall’autore in inglese sul suo blog Monday Vatican [QUI].

[1] «Non bisogna fare un’altra Chiesa, bisogna fare una Chiesa diversa» (Papa Francesco) – 9 ottobre 2021

[2] «Come governerà la Chiesa Papa Francesco? Garcia racconta l’esperienza della diocesi di Buenos Aires. Dopo il Giubileo, ci si chiedeva come essere chiesa a Buenos Aires. Venne proposto di convocare un sinodo, o una grande assemblea. “Bergoglio – racconta Garcia – chiese invece uno Stato di assemblea perché un sinodo era abbastanza complicato e correvamo il rischio di arrivare a certe conclusioni che sarebbero state pubblicate e rimaste su uno scaffale i biblioteca”.
L’Assemblea permanente è un po’ uno stato missionario permanente. “Come fece Gesù – racconta Garcia – che prima inviò gli apostoli, e poi ascoltò quello che gli dicevano”. Lo Stato di assemblea – afferma Garcia – è “un momento ecclesiale di incontro con il Signore”, che vuol dire mettersi in ascolto della Chiesa sofferente e “non andare a cercare soluzioni rapide e prefabbricate, ma lasciarci illuminare e trasformare dalla preghiera e dal confronto con gli altri”» (Andrea Gagliarducci – Korazym.org, 26 aprile 2013).

[3] Dall’intervista con Eduardo Horacio García, Vescovo ausiliare di Buenos Aires, che ha collaborato per vent’anni con il nuovo Papa a cura di Andrea Tornielli pubblicato il 12 aprile 2013 su Vatican Insider [QUI]:
Andrea Tornielli: Ci può dire come governava Bergoglio a Buenos Aires?
Eduardo Horacio García: «È un uomo di dialogo e di discernimento, che vuole essere certo di prendere decisioni buone e cerca di dialogare, ascoltare, consultare, avere informazioni. Riusciva a essere sempre ben informato su tutto e su tutti. Sa generare confidenza, e sa essere ugualmente vicino ai sacerdoti, alle religiose, ai laici. Governava facendo appello al cuore e al convincimento delle persone. Quando prende una decisione non torna indietro».

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