22 ottobre, il giorno di San Giovanni Paolo II. “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!”

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 22.10.2022 – Vik van Brantegem] – Oggi, sabato 22 ottobre 2022, la Chiesa Cattolica Romana celebra San Giovanni Paolo II (nato a Wadowice il 18 maggio 1920 e morto nella Città del Vaticano il 2 aprile 2005, eletto nel conclave il 16 ottobre 1978, 264° successore di San Pietro, Vescovo di Roma e Papa della Chiesa cattolica, 6º sovrano dello Stato della Città del Vaticano), nello stesso giorno dell’inizio solenne del Suo ministero di Pastore Universale della Chiesa. “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!”, fu la frase celebre che inaugurò il suo pontificato, il terzo più lungo della storia della Chiesa. Con l’elezione del Cardinale Karol Wojtyła, per la prima volta dopo 455 anni, salì alla cattedra di Pietro un Papa non italiano, il terzo della storia, oltre ad essere il primo nato in Polonia.

A casa mia, San Giovanni Paolo II viene venerato con una sua fotografia in ogni stanza – oltre che ricordato nelle tantissime foto di alcune dei miei incontri con lui – in particolare con suo ritratto monumentale dal titolo “Sofferenza” (2,7 x 1,5 m, eseguita con tecnica mista carboncino, pastello, tempera, ad opera della artista polacca Anna Gulak). Fu esposto per la prima volta nella mostra “I volti del beato Giovanni Paolo II nell’Atrio dell’Aula Paolo VI nella Città del Vaticano (dal 21 ottobre al 30 novembre 2011), che fu nel Media Center per la canonizzazione di Papa Giovanni XXIII e Papa Giovanni Paolo II, funzionante nello stesso luogo dal 7 marzo fino al 7 maggio 2014, di cui ho curato la progettazione, la costruzione e la conduzione.

Moltissime le vicende della storia ecclesiale e politica del suo lungo pontificato Pontificato, dal 1978 al 2005, troppe per essere elencate qui.

Lo ricordiamo attraverso alcune frasi significative dalla sua sterminata quantità di pronunciamenti, che possiamo considerare profetiche.

  • Il male è sempre assenza di un qualche bene che dovrebbe essere presente in un dato essere, è una privazione. Ma non è mai totale assenza di bene.
  • La pace richiede quattro condizioni essenziali: verità, giustizia, amore e libertà.
  • Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro.
  • La fiducia non si acquista per mezzo della forza. Neppure si ottiene con le sole dichiarazioni. La fiducia bisogna meritarla con gesti e fatti concreti.
  • Ricco non è colui che possiede, ma colui che dà, colui che è capace di dare.
  • L’uomo non può da se stesso decidere ciò che è buono e ciò che è cattivo. La coscienza non è una fonte autonoma ed esclusiva per decidere ciò che è buono e ciò che è cattivo.
  • La libertà non consiste nel fare ciò che piace, ma nell’avere il diritto di fare ciò che si deve.
  • Molti altri sono stati contestati prima di me. Anche San Paolo è stato contestato. Anche Gesù è stato contestato. Guai se il romano Pontefice si spaventasse per le critiche e le incomprensioni.

Papa Giovanni Paolo II compie 146 visite pastorali in Italia e 104 viaggi apostolici nel mondo (di cui nel mio servizio alla Santa Sede ho seguito rispettivamente 94 come officiale responsabile della logistica dei media e 79 come officiale responsabile del coordinamento dei media e dei giornalisti ammessi al Volo Papale). Emana 14 Encicliche, 15 Esortazioni apostoliche, 11 Costituzioni apostoliche e 45 Lettere apostoliche. Ha proclamato 1.338 beati e 482 santi. Ha incontrato capi di Stato, regnanti e leader politici, senza mai trascurare la gente comune: alle 1.166 udienze generali del mercoledì hanno partecipato oltre 17 milioni e 600 mila fedeli, senza dimenticare i milioni di credenti incontrati in udienze speciali, cerimonie, visite pastorali o nelle Giornate Mondiali della Gioventù. Morto il 2 aprile 2005, è stato proclamato santo il 27 aprile 2014, insieme a Papa Giovanni XXIII. In giovinezza fu anche poeta, operaio, attore. In seguito, divenne professore di Teologia Morale ed Etica nel seminario maggiore di Cracovia e nella Facoltà di Teologia di Lublino.

Riportiamo di seguito la presentazione del saggio profetico Amore e responsabilità del Professore Karol Wojtyła, a cura di Antonio Tarallo, pubblicato oggi da La Nuova Bussola Quotidiana [QUI]:

«Durante gli anni del corso di etica sessuale a Lublino, Karol Wojtyła scrisse il saggio Amore e responsabilità, coinvolgendo coppie di sposi e fidanzati. Nel testo, il futuro Giovanni Paolo II illustra perché utilitarismo e comandamento dell’amore siano in contrasto. E prende le mosse dal concetto di “persona” per spiegare cosa significhi davvero il dono di sé.

“In Amore e responsabilità ho cercato di dimostrare almeno una cosa. Il pericolo di mescolare due definizioni sullo sfondo del pensiero, delle parole e prima di tutto delle azioni. Il pensiero, la parola e le azioni riguardanti l’amore. (…) L’amore è prima di tutto una realtà interiore, interna alla persona. E contemporaneamente è una realtà interpersonale, da persona a persona, comunitaria. E in ogni dimensione, in questa dimensione interiore come in quella interpersonale o comunitaria, ha una propria particolarità evangelica. Ha ricevuto una certa luce”.

Così Karol Wojtyła, in uno scritto rimasto inedito fino al 2016, spiegava il contenuto del suo saggio teologico e filosofico, Amore e responsabilità, scritto durante gli anni del corso di etica sessuale condotto presso l’Università Cattolica di Lublino. In questa istituzione accademica, era stato docente dal 1954 al 1961. Quel professore diventerà Pontefice di Santa Romana Chiesa; sarà proclamato santo nel 2014: la sua memoria liturgica sarà fissata per il 22 ottobre, giorno di inizio del suo pontificato durato ventisette anni. In un così prosperoso e lungo periodo, Giovanni Paolo II, in più occasioni, affronterà con grande attenzione il tema dell’amore sponsale: il fulcro di tutta la sua meditazione su questa tematica è da trovarsi – appunto – in quel saggio scritto negli anni della sua docenza universitaria di Lublino.

Assai curiosa e particolare la genesi dell’opera: l’estate precedente l’inizio del corso, il carismatico professor Wojtyła, approfittando di una gita sui laghi cristallini della Polonia, fa circolare, tra gli amici partecipanti alla gita, una prima bozza delle dispense preparate per il corso. Alla gita partecipano, per la maggior parte, coppie di sposi e fidanzati; chiede a loro di redigere una relazione su ogni capitolo del suo studio. Non è interessato soltanto al loro giudizio critico sui contenuti, ma vuole soprattutto sapere se ciò che ha scritto ha un senso concreto nella loro esperienza di vita. Il tempo speso con i giovani nelle gite in montagna, i corsi di preparazione al matrimonio, le confessioni ascoltate e i dialoghi in amicizia, diventano l’incipit, il materiale su cui basare Amore e responsabilità, libro che – come lo stesso autore scrive – «non costituisce l’esposizione di una dottrina, ma rappresenta prima di tutto il frutto di un continuo confronto tra dottrina e vita». Il segreto del testo è proprio questo: lo studioso Wojtyła si interroga sul tema della sessualità e del corpo, non partendo semplicemente da dati “empirici”, bensì da visioni, riflessioni, interrogativi, concretamente vissuti nell’esistenza di ognuno.

Lo studio sull’amore dell’allora professor Wojtyła è suddiviso in cinque capitoli:
1. La persona e il desiderio sessuale;
2. La persona e l’amore;
3. La persona e la castità;
4. Giustizia verso il Creatore;
5. Sessuologia e morale.

Nell’introduzione alla prima edizione (1960), l’autore descrive il perché abbia voluto cimentarsi in un simile testo, «nato principalmente dalla necessità di porre le norme della morale sessuale cattolica su una base solida, una base il più definitiva possibile, facendo affidamento sulle verità morali più elementari e incontrovertibili e sui valori più fondamentali». Il libro si apre con un’asserzione ben precisa: «L’etica sessuale costituisce il dominio della persona. Non si può capire l’etica se non si è capita la persona, il suo modo di essere, di agire». Compaiono due parole chiave: “persona” e “agire”, termini che troveremo in un altro suo saggio che potrebbe considerarsi complementare ad Amore e responsabilità: ci riferiamo a Persona e Atto, del 1969.

Nel testo, Wojtyła propone una prospettiva nuova all’etica sessuale introducendo, a fondamento di questa, il comandamento dell’amore e la conseguente “norma personalistica”: “Il principio dell’utilitarismo e il comandamento dell’amore si contrappongono, perché alla luce di questo principio il comandamento dell’amore perde di significato. È chiaro che se il comandamento dell’amore e l’amore, suo oggetto, devono conservare il loro significato, è necessario far sì che si fondino su un principio diverso da quello dell’utilitarismo, su un’assiologia e una norma principale diverse, e ciò il principio e la norma personalistici”.

Porre l’attenzione sulla “persona” vuol dire che l’amore fra un uomo e una donna non può che rappresentare l’incontro fra due “persone”; considerazione che potrebbe sembrare, a prima lettura, alquanto scontata; eppure non è così. Proprio partendo dal concetto di “persona” è possibile comprendere il dono di sé verso l’altro; il dono della propria persona, appunto, all’altra persona. Scrive Wojtyła: “L’essenza dell’amore si realizza nel modo più profondo nel dono di sé che la persona amante fa alla persona amata. Grazie al suo carattere particolare, l’amore sponsale differisce radicalmente da tutte le altre forme e manifestazioni dell’amore. Ci si può rendere conto di questo quando si comprende in che cosa consista il valore della persona”.

L’amore, di conseguenza, per il filosofo-teologo-antropologo Wojtyła può essere solo l’incontro di due libertà in cui ciascuna è responsabile per il bene dell’altro: da ciò, la parola della seconda parte del titolo del testo, “responsabilità”. Solo in questo modo il sesso cessa di essere qualcosa che semplicemente accade, o qualcosa di tollerato per altri fini, e diviene espressione di pienezza in cui uomo e donna cercano insieme il bene personale e comune donandosi reciprocamente l’uno all’altro. Wojtyła si spinge ancora più avanti, parlando – senza indugi – della sessualità di coppia, un tema-tabù che rappresentava, all’epoca, una terra relativamente inesplorata nel mondo cattolico.

Ci sono due domande di fondo che animano il testo. Due domande che sembrano essere scritte nel nostro oggi così “fluido” – per usare il termine coniato dal sociologo e filosofo Zygmunt Bauman – in cui i rapporti sono basati solo sull’aspetto utilitaristico, soprattutto nelle relazioni amorose: «Si può coltivare l’amore? Non è una cosa già fatta, data all’uomo, o più esattamente a due persone, una specie di avventura del cuore? È quel che si pensa spesso, soprattutto tra i giovani». La risposta che darà Karol Wojtyła è inequivocabile e nel nostro tempo presente dovrebbe riecheggiare ancora più forte che mai: «L’amore non è mai una cosa bell’e fatta e semplicemente “offerta” alla donna e all’uomo: deve essere elaborato. Ecco come bisogna vederlo: in certa misura, l’amore non “è” mai, ma “diventa” in ogni istante quel che ne fa l’apporto di ciascuna delle persone e la profondità del loro impegno». E, dietro a questo impegno umano, la Grazia che «è partecipazione nascosta del Creatore invisibile che, amore Lui stesso, ha potere di formare ogni amore» (Antonio Tarallo).

Foto di copertina: il grande ed esclusivo scatto del fotoreporter Giancarlo Giuliani di San Giovanni Paoli II nella Porta del non ritorno della Casa degli sciavi sull’Isola di Gorée (Senegal), 22 febbraio 1992.

Durante l’inaugurazione della mostra “Giovanni Paolo II-A cent’anni dalla nascita”, organizzata da Progetto Arte Poli in collaborazione con il Museo dei Papi e Catholic Press Photo, con il patrocinio dell’Ambasciata della Repubblica di Polonia presso la Santa Sede e dalla Fondazione Vaticana di Giovanni Paolo II-Centro di Documentazione e Studio del Pontificato di Giovanni Paolo II, venerdì 16 ottobre 2020 nella Galleria Arte Poli in Borgo Vittorio 88 a Roma, Giancarlo Giuliani ha ricordato la storia della sua fotografia esclusiva, al centro della mostra, che ha scattato il 22 febbraio 1992 presso la Casa degli schiavi sull’isola di Gorée in Senegal, mentre Giovanni Paolo II in questo luogo carico di storia si affaccia sul mare, dalla Porta del non ritorno.

La storia autentica di questo scatto ho raccontato sul mio diario Facebook il 27 gennaio 2019 e l’ho ripreso su questo mio “Blog dell’Editore” il 17 ottobre 2020 in occasione della mostra del giorno precedente (L’isola di Gorée, la Casa degli schiavi e la storia semplice di una fotografia di un grande fotoreporter).

Con l’occasione, tantissimi auguri all’amico e collega Giancarlo, che oggi festeggia il suo compleanno.

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