Papa Francesco chiede un’economia nuova

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Papa Francesco insiste sempre sulla dimensione sociale della Dottrina Sociale della Chiesa ed ai partecipanti al XXVII Congresso mondiale di UNIAPAC, che si è svolto a Roma fino a sabato 22 ottobre, sul tema: ‘Il coraggio di cambiare – Creare una nuova economia per il bene comune’, ha ribadito che l’ economia ha bisogno di amicizia sociale per funzionare e che deve essere inclusiva:

“Prego affinché, durante questi giorni insieme, e soprattutto quando tornerete alle vostre case e ai vostri luoghi di lavoro, rimaniate sempre consapevoli della grazia e della sapienza di Dio nelle vostre vite, e affinché gli permettiate di guidare e dirigere le vostre relazioni nel mondo degli affari e con quanti lavorano per voi… Generare amicizia sociale”.

L’invito del papa è stato quello di creare nuova economia a servizio del bene comune: “Pertanto, qualsiasi ‘nuova economia per il bene comune’ deve essere inclusiva. Troppo spesso lo slogan ‘non lasciare indietro nessuno’ viene pronunciato senza alcuna intenzione di offrire il sacrificio e lo sforzo per trasformare veramente queste parole in realtà”.

Riprendendo l’enciclica di san Paolo VI ‘Populorum progressio’ papa Francesco ha invitato gli imprenditori ad essere ‘lievito’: “Nel compimento della vostra professione, voi, dirigenti d’azienda e imprenditori, siete chiamati a fungere da lievito per garantire che lo sviluppo raggiunga tutte le persone, ma soprattutto quelle più emarginate, più bisognose, affinché l’economia possa contribuire sempre a una crescita umana integrale”.

E’ un invito a non dimenticare il tempo pandemico: “A questo proposito, non dimentichiamo l’importante contributo offerto dal settore informale durante la pandemia da COVID-19 ancora in corso. Durante il lockdown per la maggior parte della società, i lavoratori informali hanno assicurato la fornitura e la consegna dei beni necessari per la vita quotidiana e la cura dei nostri cari più fragili, e hanno mantenuto le attività economiche di base, nonostante l’interruzione di molte attività formali”.

Il lavoro deve essere rispettato, ma soprattutto integrato da un’economia di cura, ricordando l’incontro con giovani economisti ad Assisi: “Tale lavoro dovrebbe essere ben integrato in una economia di cura…

Per concludere, desidero condividere con voi la ‘buona notizia’ che recentemente, nella città di Assisi, dove san Francesco e i primi frati abbracciarono la povertà e proposero una nuova economia radicale ai leader economici della loro epoca, mille giovani economisti e imprenditori hanno ragionato sulla creazione di una nuova economia e hanno scritto e firmato un Patto per riformare il sistema economico globale al fine di migliorare la vita di tutte le persone”.

Ed ha ricordato cosa è l’economia per il bene comune, che comprende: “un’economia di pace e non di guerra – pensiamo a quanto si spende nella fabbricazione delle armi; un’economia che si prende cura del creato e non lo depreda – pensiamo alle deforestazioni; un’economia a servizio della persona, della famiglia e della vita, rispettosa di ogni donna, uomo, bambino, anziano e soprattutto dei più fragili e vulnerabili; un’economia dove la cura sostituisce lo scarto e l’indifferenza;

un’economia che non lascia indietro nessuno, per costruire una società in cui le pietre scartate dalla mentalità dominante diventano pietre angolari; un’economia che riconosce e tutela il lavoro dignitoso e sicuro per tutti;

un’economia in cui la finanza sia amica e alleata dell’economia reale e del lavoro, e non contro di loro, perché la finanza ha il pericolo di rendere ‘liquida’ l’economia, anzi ‘gassosa’; e procedendo con questa liquidità e gassosità finisce come la catena di sant’Antonio!”

Ed anche ai sindaci della diocesi francese di Cambrai ha ribadito la necessità di un’economia della cura: “Innanzitutto, l’accoglienza dei più svantaggiati, in primo luogo i migranti; ma penso anche alle persone con disabilità.

Esse hanno bisogno di più strutture per agevolare la loro vita e quella dei loro cari e, soprattutto, per dimostrare il rispetto che è loro dovuto. Possano le disposizioni in materia di inclusione consentire a molte di loro di avere un posto nel mondo del lavoro…

Per quanto riguarda la cura, penso in particolare all’attenzione da prestare agli anziani nelle case di riposo, e alle persone alla fine della loro vita, che devono essere accompagnate mediante lo sviluppo delle cure palliative.

Gli operatori, per natura, hanno la vocazione di fornire cura e sollievo, non potendo sempre guarire, ma non possiamo chiedere agli operatori di uccidere i loro pazienti, che è un po’ il programma della cultura dello scarto: si scarta, non serve, uso e getto, si scarta”.

(Foto: Santa Sede)

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