Apurimac, il Perù visto con gli occhi di Sant’Agostino

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 “E’ il punto centrale, il cuore dell’insegnamento di Gesù ai discepoli in vista della loro missione nel mondo. Tutti i discepoli saranno testimoni di Gesù grazie allo Spirito Santo che riceveranno: saranno costituiti tali per grazia. Ovunque vadano, dovunque siano. Come Cristo è il primo inviato, cioè missionario del Padre e, in quanto tale, è il suo ‘testimone fedele’, così ogni cristiano è chiamato a essere missionario e testimone di Cristo. E la Chiesa, comunità dei discepoli di Cristo, non ha altra missione se non quella di evangelizzare il mondo, rendendo testimonianza a Cristo. L’identità della Chiesa è evangelizzare”.

Partendo dall’input del messaggio di papa Francesco per la giornata missionaria mondiale di quest’anno, ‘Di me sarete testimoni’, a p. Pietro Bellini, presidente dell’Ong ‘Apurimac ETS’, che quest’anno festeggia 30 anni di attività, abbiamo chiesto di raccontarci in quale modo essere testimoni di Gesù: “ primi testimoni di Gesù sono state le persone che hanno conosciuto Gesù nel periodo della sua ‘vita pubblica’, che lo hanno visto veramente morto e poi veramente risorto nel suo corpo mortale.

L’evangelizzazione dei primi discepoli è stata molto semplice: ‘Gesù, il predicatore della Galilea, è veramente morto, condannato alla crocifissione e al terzo giorno è veramente risorto nel suo corpo: noi l’abbiamo visto e ne diamo testimonianza’. Sottinteso: ‘Se questo è inoppugnabile, tirate voi le conseguenze…’.

La conseguenza era di credere all’insegnamento di Gesù di Nazareth, e soprattutto all’inizio di quel regno di Dio, ‘regno di giustizia, di amore e di pace’, che Gesù ha affermato essere iniziato con la sua venuta in terra, e che ha affidato ai suoi primi discepoli perché lo diffondessero in tutto il mondo.

E’ l’ ‘utopia di Dio’, che Gesù ha affidato all’umanità. Essere quindi testimoni di Gesù oggi significa dare questa stessa testimonianza al mondo in cui viviamo e impegnarci perché ‘la giustizia, l’amore e la pace’, segni del regno di Dio, si diffondano presso tutti i popoli”.

Perché l’evangelizzazione è un atto ecclesiale?

“Per realizzare questo suo sogno, che è il sogno di Dio, Gesù si è messo a capo del suo ‘esercito’ pacifico, composto da tutti coloro che credono in lui, come fosse un unico corpo: è la Chiesa, di cui Egli ha voluto mettersi a ‘capo’. L’evangelizzazione non è una iniziativa privata di alcuni individui, perché non tende alla realizzazione di un progetto individuale. L’evangelizzazione è di tutta la Chiesa (intendendo per Chiesa tutti coloro che credono in Gesù Cristo), ed è universale perché rivolta a tutti i popoli di tutti i tempi”.

Come lasciarsi guidare dallo Spirito Santo?

“Il grande disegno di Dio di costruire il suo regno sulla terra ha un regista, che agisce rimanendo nascosto, da dietro le quinte, per lasciare all’umanità la responsabilità e la gioia del proprio cammino. E’ lo Spirito Santo, che soffia nel cuore degli uomini, come brezza soave, l’amore del Padre e l’amore del Figlio, e che dà profondità, consistenza, continuità a tutto ciò che di bello e di buono nasce dal cuore umano: la forza nella prova e nel martirio, l’intelligenza degli scienziati, l’amore di chi dona la vita per gli altri, l’assillo di chi si impegna a migliorare anche di un poco il mondo in cui si vive. Come lasciarsi guidare dallo Spirito Santo? Lo Spirito parla al cuore e alla mente di chi lo vuole ascoltare”.

In quale modo sant’Agostino invitava alla missione di evangelizzare?

“Sant’Agostino è il maestro della fede che più di ogni altro, sull’insegnamento dell’apostolo Paolo, ha spiegato la Chiesa come un unico corpo con a capo Cristo risorto, composto da tutti gli esseri umani, in cammino, anche faticoso, verso la redenzione, la salvezza portata da Gesù. Evangelizzare significa offrire la salvezza (del corpo e dell’anima) a tutti, particolarmente ai più fragili e bisognosi”.

Perché una missione in Apurimac?

“Durante il Concilio Vaticano secondo (1962-1965) l’arcivescovo di Cusco in Perù chiese al priore generale, p. Agostino Trapè, di inviare sacerdoti nella regione dell’Apurimac sulle Ande Peruviane, ad una altitudine che va dai 3000 ai 5200 metri sul livello del mare, e che era senza sacerdoti, in una zona di 8.000 km quadrati con centinaia di villaggi totalmente isolati e abbandonati a se stessi: senza luce, senza telefono, senza strade, che vivevano di pastorizia e di commercio a baratto, senza moneta. Nel 1992, per sostenere le attività pastorali e sociali dei missionari, è sorta l’Associazione ‘Apurimac onlus’, che continua tuttora la sua attività nella remota regione delle Ande”.

Dopo 30 anni a quali sfide è chiamata la Ong?

“Le nostre sfide sono le stesse dei ‘campesinos’ dell’Apurimac: la salute, l’educazione, i bambini e i vecchi abbandonati, la dignità delle donne, lo sviluppo sociale in tutte le sue modalità ed espressioni: perché tutte le donne e tutti gli uomini sono amati figli di Dio”.

(Tratto da Aci Stampa)

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