A Pompei il Cammino giubilare longhiano per i 150 dell’arrivo del beato Bartolo Longo

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E’ iniziato il 1 ottobre scorso e si concluderà il 31 ottobre del prossimo anno il giubileo per il 150^ anniversario dell’arrivo del beato Bartolo Longo a Pompei, che è una delle più popolari e affascinanti figure del laicato cattolico tra Ottocento e Novecento. Il suo lungo cammino di vita fu attraversato e permeato da una straordinaria esperienza mariana e caritativa.

Papa Benedetto XVI nel suo pellegrinaggio a Pompei il 19 ottobre 2008, parlò di lui come del protagonista umano di un miracolo che solo la fede può realizzare: “Spinto dall’amore, egli fu in grado di progettare una città nuova, che poi sorse attorno al Santuario mariano… Una città di Maria e della carità, non però isolata dal mondo, non, come si suol dire, una ‘cattedrale nel deserto’, ma inserita nel territorio di questa Valle per riscattarlo e promuoverlo… Dove arriva Dio, il deserto fiorisce!”

Per celebrare questo giubileo è stato organizzato anche un ‘Cammino Giubilare Longhiano’ per rivivere i momenti più significativi dell’impegno che il Beato Bartolo Longo profuse in quella che era una terra deserta, dove dilagava povertà morale e spirituale e dove non vi era alcun orizzonte di speranza, come ha raccontato mons. Tommaso Caputo, arcivescovo di Pompei e delegato pontificio per il Santuario della Beata Maria Vergine del S. Rosario di Pompei:

“Nel mese di ottobre 1872 il Beato Bartolo Longo, Fondatore del Santuario, delle Opere di carità e della stessa Nuova Città di Pompei, arrivò per la prima volta in Località Arpaia, nell’allora Valle desolata. Vi giunse per amministrare i beni della Contessa Marianna Farnararo, vedova De Fusco, che diventerà non solo la sua consorte, ma anche la cofondatrice del Santuario.

Possiamo dire che quel giorno, per questa terra, cambiò ogni cosa. Intorno al Santuario, la cui prima pietra fu posta nel 1876 cominciò a svilupparsi una vera e propria Città: gli istituti per l’accoglienza degli orfani e dei figli dei detenuti, l’ufficio postale e telegrafico, via Sacra, le case operaie, la stazione ferroviaria, la fontana pubblica. Fu sì uomo della Madonna, apostolo del Rosario, ma ebbe anche un indiscutibile ruolo sociale e civile”.

Per quale motivo Bartolo Longo giunse a Pompei?

“Il Beato, originario di Latiano, in Puglia, era un avvocato che da giovane, per ragioni di studio, si era trasferito a Napoli, dove frequentò la Facoltà di giurisprudenza. Una volta laureatosi, sono proprio ragioni professionali ad averlo portato nell’allora Valle di Pompei che egli stesso definirà ‘desolata’.

Non esisteva l’attuale Città e il territorio selvaggio era abitato da alcune centinaia di contadini che cercavano di sopravvivere tra la miseria diffusa, la malaria e le scorrerie di briganti.

Bartolo Longo aveva 31 anni quando arrivò in questa terra, l’8 ottobre 1872, 150 anni fa, per amministrare i possedimenti agricoli della Contessa Marianna Farnararo, vedova De Fusco, cofondatrice del Santuario e delle Opere di carità, che in seguito diventerà sua consorte”.

Perché fondò il Santuario della beata Vergine del Rosario?

“Non possiamo dire che il Beato ebbe l’idea di fondare il maestoso Santuario che oggi ammiriamo. In realtà, agli inizi, aveva l’obiettivo di costruire un oratorio, una piccola chiesa dove potessero pregare i pochi contadini che abitavano nella Valle. Solo successivamente la volontà di Dio si aprì, come un rotolo, dinanzi ai suoi occhi e i suoi progetti si allargarono fino all’edificazione di una splendida Basilica.

E’ allora, anche con la diffusione della devozione alla Madonna di Pompei in ogni parte del mondo, grazie pure ai migranti italiani nei diversi Continenti, che le ragioni della presenza stessa di un Santuario, in questa terra, diventarono molteplici.

La prima era senz’altro la propagazione del Santo Rosario, ma il Santuario, simbolo di fede, diveniva, intanto, simbolo di carità con gli orfanotrofi e gli istituti per i figli dei carcerati. L’imponente facciata, poi, fu inaugurata il 5 maggio 1901 e Bartolo Longo volle che fosse dedicata alla pace universale diventando segno perenne di concordia planetaria”.

Come avvenne la conversione?

“A Napoli, Bartolo Longo frequentò ambienti lontanissimi dalla Chiesa, finendo travolto alle dottrine laiciste e atee che lo allontanarono da una vita di fede. Saranno l’amico professore Vincenzo Pepe e il padre domenicano Alberto Radente a riportarlo sulla giusta strada.

Non dimentichiamo che, sempre a Napoli, erano vivaci diversi circoli di preghiera, tra gli altri quello guidato da Santa Caterina Volpicelli, che Longo frequenterà. Un’altra sua guida spirituale fu il francescano San Ludovico da Casoria che lo iniziò alle opere di carità in favore della gioventù in difficoltà.

L’amore di Dio e la vicinanza di ‘amici santi’ leniranno la sofferenza interiore che gli derivava dal ricordo della vita passata. Nell’ottobre 1872, al suo arrivo, camminando lungo le strade della Valle, Bartolo Longo ascoltò un’ispirazione interiore: ‘Se cerchi salvezza, propaga il Rosario. E’ promessa di Maria. Chi propaga il Rosario è salvo!’ Da quel giorno, la diffusione della preghiera del Rosario diventerà il primo scopo della sua esistenza”.

Quanto era importante per lui la recita del Rosario?

“Bartolo Longo fu uomo di azione e le opere realizzate ce lo dimostrano, ma senza preghiera non avrebbero potuto far nulla. Il Rosario è fondamentale. Non è una ripetizione di ‘Ave Maria’ o di formule preconfezionate, ma un dialogo con la Vergine Santa che ci porta a contemplare Cristo Salvatore. Da quella contemplazione non possono che nascere grandi opere”.

Quale fu la pastorale ‘generativa’ del beato Bartolo Longo?

“Il Beato arrivò a Valle di Pompei e trovò una terra abbandonata a sé stessa. Quando morì, il 5 ottobre 1926, quella Valle si era trasformata in un giardino. La sua fede aveva trasformato ogni cosa. La sua fu anche una pastorale ‘ri-generativa’ perché, con la sua opera, salvò migliaia di bambini e adolescenti orfani o figli di carcerati, destinati alla strada se non alla delinquenza. Attraverso loro riuscì a ri-generare, cioè a far rinascere a vita nuova, anche tanti loro padri”.

In cosa consiste il Cammino giubilare longhiano?

“Dal 1° ottobre stiamo vivendo un tempo speciale fatto d’incontri, di approfondimenti, di preghiera, di celebrazioni. Sarà anche un cammino penitenziale, di rinascita. Non a caso papa Francesco, per l’intera durata dell’Anno giubilare, ha concesso l’indulgenza plenaria a chiunque, alle consuete condizioni, visiti il Santuario”.

(Tratto da Aci Stampa)

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