Papa Francesco ai Cistercensi: osservate Gesù

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Venerdì 21 ottobre ad Ariccia è terminato il Capitolo Generale dell’Ordine Cistercense, aperto dall’abate p. Mauro Giuseppe Lepori, che ha spiegato a cosa serve il Capitolo Generale, partendo dalla ‘Carta Caritatis’, che specifica il compito della ‘salvezza delle anime’ e del ‘bene della pace e della carità’:

“Papa Francesco, in tutte le sue esortazioni tese a ravvivare la natura sinodale della Chiesa, ci aiuta a riscoprire il nostro carisma cistercense, proprio come ‘cammino insieme’ di comunità riunite da una medesima vocazione, da una sola speranza, una sola fede, una sola carità.

Nelle mie lettere e alcune conferenze di questi ultimi quattro anni, ho cercato di stimolare fra di noi questa coscienza sinodale della nostra vocazione e missione, indipendentemente dalle differenze di osservanza e stile che viviamo nelle nostre singole comunità o Congregazioni”.

E’ stato un invito a sperimentare la gioia di una ‘Chiesa in uscita’e non la tristezza : “A volte diventiamo cupi e scontenti, permalosi e capricciosi, semplicemente perché dimentichiamo la sofferenza del mondo, dimentichiamo la pandemia, la povertà, la guerra, la fame, la vita senza senso di tanti uomini e donne, di tanti giovani.

Dimentichiamo il dolore innocente di troppi bambini, l’insicurezza in cui vivono tante famiglie, le difficoltà economiche e sociali a cui sono confrontati i laici. Dimentichiamo i cristiani perseguitati, dimentichiamo i martiri. Dimentichiamo i migranti. Dimentichiamo la tristezza dei peccatori che non incontrano il Redentore. Dimentichiamo insomma tutte le pecore perdute senza pastore, cioè dimentichiamo la compassione di Cristo per l’umanità”.

Ed ai partecipanti papa Francesco ha sottolineato il significato di ‘comune osservanza’: “Questo aggettivo ‘comune’ fa pensare. Sappiamo che esso intende distinguere da un’osservanza ‘speciale’. Ma comune ha sempre un senso più ricco, che indica l’insieme, la comunione. E mi piace partire da qui, da questa realtà fondamentale che ci costituisce come Chiesa, grazie al dono di Dio Uno e Trino e al nostro essere in Cristo. Comunità, comune”.

Ma la parola ha valore anche di guardare: “Osservare Gesù. Come un bambino che osserva il papà, oppure il migliore amico. Osservare il Signore: il suo modo di fare, il suo volto, pieno di amore e di pace, a volte sdegnato di fronte all’ipocrisia e alla chiusura, e anche turbato e angosciato nell’ora della passione. E questo osservare farlo insieme, non individualmente, farlo in comunità”.

E non si sceglie la comunità, ma ci si conforma: “Come i Dodici, che stavano sempre con Gesù e camminavano con Lui. Non si erano scelti loro, Lui li aveva scelti. Non era sempre facile andare d’accordo: erano diversi tra loro, ciascuno con i suoi ‘spigoli’, e il suo orgoglio.

Anche noi siamo così, e anche per noi non è semplice andare insieme in comunione. Eppure, non finisce di stupirci e di darci gioia questo regalo ricevuto: essere sua comunità, così come siamo, non perfetti, non uniformi, no, non così, ma con-vocati, coinvolti, chiamati a stare e camminare insieme dietro a Lui, il nostro Maestro e Signore”.

Quindi l’osservanza comporta la conversione: “Essa comporta un impegno costante di conversione da un io chiuso a un io aperto, da un cuore centrato su di sé a un cuore che esce da sé e va incontro all’altro. E questo, per analogia, vale anche per la comunità: da una comunità autoreferenziale a una comunità estroversa, nel senso buono della parola, accogliente e missionaria.

E’ il movimento che sempre lo Spirito Santo cerca di imprimere alla Chiesa, lavorando in ogni suo membro e in ogni sua comunità e istituzione. Un movimento che risale alla Pentecoste, il ‘battesimo’ della Chiesa”.

E’ la Pentecoste che suscita i carismi nell’unità della Chiesa: “Lo stesso Spirito poi ha suscitato e suscita una grande varietà di carismi e forme di vita, una grande ‘sinfonia’.

Le forme sono tante, molto diverse tra loro, ma per essere parte della sinfonia ecclesiale devono obbedire a questo movimento di uscita. Non un andare caotico, in ordine sparso: un andare insieme, tutti sintonizzati sull’unico cuore della Chiesa che è l’amore, come afferma con tanto entusiasmo Santa Teresa di Gesù Bambino.

Non c’è comunione senza conversione, e dunque questa è necessariamente frutto della Croce di Cristo e dell’azione dello Spirito, sia nelle singole persone, sia nella comunità”.

E’ la Pentecoste che ‘produce’ la missione: “Ritornando all’immagine (o meglio al suono) della sinfonia, voi vi proponete di abbracciare il grande respiro missionario della Chiesa valorizzando anche la complementarità tra maschile e femminile, come pure la diversità culturale tra membri asiatici, africani, latinoamericani, nordamericani ed europei. Vi incoraggio in questo cammino, che non è facile, ma che può essere senza dubbio una ricchezza per le comunità e per l’Ordine”.

Ed infine un esorta mento alla povertà evangelica: “Un altro aspetto su cui voglio incoraggiarvi è il vostro proposito di una maggiore povertà, sia di spirito sia di beni, per essere più disponibili al Signore, con tutte le vostre forze, con le fragilità e con le fioriture che Lui vi dona.

Perciò lodiamo Dio per tutto, per l’anzianità e per la giovinezza, per l’infermità e per la buona salute, per le comunità in ‘autunno’ e quelle in ‘primavera’. L’essenziale è non lasciare che il maligno ci rubi la speranza! La prima cosa che cerca il maligno è rubare la speranza, così ci prende di mano, sempre”.

(Foto: Santa Sede)  

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