Premio Nobel per la pace a chi difende i diritti umani

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Nel giorno del settantesimo compleanno di Putin e del sedicesimo anniversario dell’uccisione di Anna Politkovskaya il premio Nobel per la pace è stato assegnato al dissidente bielorusso Bialiatski, all’Ong russa Memorial e al Centro per le libertà civili ucraino, come si legge nel comunicato del Comitato di Oslo:

“Quest’anno il Nobel per la Pace è stato concesso al dissidente bielorusso Ales Bialiatski, alle organizzazioni Memorial e al Center for Civil Liberties in onore all’impegno in difesa dei diritti umani e del diritto di criticare il potere, di difesa dei diritti dei cittadini per i diritti dei cittadini e contro gli abusi di potere, per aver documentato crimini di guerra”.

Il sessantenne Bialiatski è un dissidente bielorusso, fondatore della Ong Viasna e già insignito nel 2012 del premio ‘Vaclav Havel per i Diritti umani’ conferito dal Consiglio d’Europa e nel 2020 del ‘Premio Sakharov’ da parte del Parlamento europeo: Bialiatski, che Amnesty International ha definito’prigioniero di coscienza’, è represso nelle carceri di Lukashenko per una condanna per evasione fiscale.

Invece ‘Memorial’ è stata fondata nel 1989 da Andreij Sakharov con lo scopo di studiare e documentare i crimini commessi durante gli anni del terrore di Stalin, più che una singola realtà è diventata un arcipelago di organizzazioni dei diritti umani con sede a Mosca e diramazioni in svariati Paesi d’Europa. E una costellazione di finanziatori internazionali che vanno dalla George Soros Foundation a Human Rights Watch all’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.

Però al termine del 2021, su indicazione di Vladimir Putin, ‘Memorial’ è stata accusata dalla Corte Suprema russa di “creare una falsa immagine dell’Urss come Stato terrorista e di insudiciare la memoria della seconda guerra mondiale cercando di riabilitare i criminali nazisti”.

Per questo è stata messa fuorilegge il 5 aprile scorso in quanto ‘agente straniero’, perché la direttrice dell’ong, Oleksandra Matviychuk, ha affermato: “Vladimir Putin deve essere giudicato da un tribunale internazionale, insieme al presidente bielorusso Lukashenko per dare a centinaia di migliaia di vittime dei crimini di guerra la possibilità di avere giustizia”.

Quindi con ‘Memorial’ sono stati premiati l’associazione ucraina per i diritti umani ‘Center for Civil Liberties’ e l’attivista bielorusso Ales’ Bjaljacki, ora in prigione; due organizzazioni e una persona, ma in realtà si tratta di persone perché questo è al centro della loro attività: il valore irriducibile della persona umana.

Nel comunicato ufficiale della Reale accademia delle scienze si è sottolineato che “i premiati col Nobel per la pace rappresentano la società civile dei propri paesi. Per molti anni hanno difeso il diritto di criticare il governo e hanno tutelato i diritti fondamentali della persona. Hanno compiuto sforzi enormi per documentare i crimini di guerra, le violazioni dei diritti umani e gli abusi del potere. Presi insieme, stanno a dimostrare l’importanza della società civile per la pace e la democrazia».

Per questo Premio Nobel la redazione de ‘La Nuova Europa’ aveva sottolineato che il Premio non è stato assegnato contro la Russia: “Venerdì 7 ottobre è stato un giorno in cui in Russia le linee della storia si sono incontrate e annodate in un intreccio drammaticamente simbolico:

compleanno di Putin e insieme anniversario dell’assassinio di Anna Politkovskaja (sua indomita accusatrice); quello stesso giorno nell’aula di un tribunale di Mosca l’Associazione Memorial è stata privata fraudolentemente della propria sede (con tutto l’inestimabile archivio che contiene), ma nel contempo è giunta la notizia che il Comitato del Nobel aveva assegnato il premio per la Pace proprio a Memorial.

Sempre il 7 ottobre la Conferenza episcopale cattolica russa ha indetto una giornata di preghiera e di digiuno secondo le indicazioni di papa Francesco, per non ‘abituarci alla guerra, né rassegnarci alla sua ineluttabilità’.

Lo storico Andrej Zubov ha definito eccezionale il Nobel dato a ‘Memorial’: “Questo premio ha un’importanza enorme, già la posso misurare dalle nostre reti social, dove si è levata un’onda di vero tripudio, perché nei paesi autoritari, dove viene controllata ogni fonte d’informazione, si ha sempre l’impressione di essere stati dimenticati, che Memorial fosse stato dimenticato.

Lo hanno dichiarato ‘agente straniero’, è stato chiuso, sembrava che non ci fosse più. E invece eccolo qui, esiste eccome, nel mondo lo ricordano e a un livello talmente alto da ricevere il premio Nobel. E’ una cosa che incoraggia e ci dà forza”.

E lo storico russo ha sottolineato che il bolscevismo sta ritornando in Russia: “Ad un certo punto ci è parso che il passato totalitario fosse scomparso, che con la liberazione dei prigionieri quel periodo fosse terminato. Tutto andava nella giusta direzione ma poi si è fermato, con l’ascesa al potere di Putin, l’ex ufficiale del KGB.

Sicuramente El’cin ha fatto un errore madornale quando si è scelto come successore un colonnello del KGB, in cambio abbiamo avuto la cancellazione della memoria, varie guerre terribili in Cecenia, Georgia, Ucraina, Siria, Africa.

Il bolscevismo è tornato in questa forma e in questo senso Memorial deve occuparsi oggi non solo dello stalinismo ma anche del nostro presente; deve studiare i crimini che il regime di Putin ha perpetrato contro il proprio popolo russo, e anche contro i popoli di quei paesi. Si può dire che la missione di Memorial è quella di compiere un lungo lavoro di risanamento della società russa dal terribile fardello del totalitarismo”.

Per questo Agnés Callamard, segretaria generale di Amnesty International, ha commentato il conferimento del premio Nobel per la pace come riconoscimento per chi lotta per i diritti umani: “Il premio è il riconoscimento del ruolo vitale che coloro che difendono i diritti umani hanno non solo nei loro paesi ma anche, in modo più ampio, nella loro regione.

Il messaggio che il Comitato per l’assegnazione del Nobel per la pace ha inviato al mondo è importante: occorre sostenere l’azione dei difensori e delle difensore dei diritti umani e i loro sforzi per documentare i crimini di guerra e gli abusi di potere dei governi.

Questo messaggio è tanto più cruciale in questo periodo, nel quale l’aggressione russa ha causato una crisi dei diritti umani di dimensioni incalcolabili in Ucraina e ha provocato la soppressione di ogni forma di dissenso all’interno della Russia e della Bielorussia…

Amnesty International è solidale con Ales Bialiatski, Memorial e il Centro per le libertà civili. Sono un’ispirazione e un esempio di coraggio e dedizione per tutte le persone che portano avanti il difficile lavoro sui diritti umani nell’Europa orientale”.

(Foto: Agenzia Sir)

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