30ª Udienza del processo 60SA in Vaticano. Dichiarazione spontanea del Cardinale Angelo Becciu in replica alle affermazioni di Stefano De Santis della Gendarmeria vaticana

Condividi su...

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 14.10.2022 – Vik van Brantegem] – Una dichiarazione spontanea del Cardinale Angelo Becciu – in replica alle dichiarazioni nell’interrogatorio di ieri di Stefano De Santis, Dirigente del Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano [QUI] – ha aperto oggi la trentesima udienza del processo 60SA (ufficialmente procedimento penale n. 45/2019 RGP) vaticano, sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato.

Prima, il Presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, ha dato lettura di due ordinanze. Successivamente, si è svolta l’escussione di due testimoni dell’accusa: Marco Simeon (in riferimento al quale il collegio difensivo del Cardinal Becciu nel tardo pomeriggio ha diffuso un Comunicato Stampa, che riportiamo di seguito) e Andrea Pozzi (esame esaurito in pochi minuti, altra bella figura fatta dal Promotore di Giustizia).

La prossima udienza si terrà il 19 ottobre, durante la quale è prevista l’escussione di tre gendarmi e di Mons. Rocco Pennacchio, Arcivescovo metropolita di Fermo e dal gennaio 2020 Presidente del Comitato per gli interventi caritativi a favore del Terzo Mondo della Conferenza Episcopale Italiana.

La dichiarazione spontanea resa dal Cardinal Becciu

Nella sua dichiarazione spontanea, il Cardinal Becciu è tornato sulla questione dell’incontro riservato del 3 ottobre 2020 nel suo appartamento con il Comandante della Gendarmeria, Gianluca Gauzzi Broccoletti, alla presenza di Stefano De Santis. Il Cardinal Becciu ha ribadito, che il Comandante gli aveva chiesto di parlare a voce di alcune questioni e che l’incontro fosse tutelato dall’impegno della massima riservatezza. Invece, il teste De Santis aveva dichiarato, che mai furono imposti vincoli di segretezza. Invece, il Cardinal Becciu ha confermato nel modo più assoluto che gli venne detto di tenere l’incontro segreto e che ha rispettato quell’impegno; anche nei momenti più difficili e tormentati non ha mai riferito a nessuno di quell’incontro.

Becciu replica a De Santis, che aveva detto: “Il cardinale sapeva come Marogna usasse i soldi”. In questo caso, De Santis dice la verità, ma non tutta la verità su un punto molto importante, mettendo in cattiva luce il comportamento del Cardinal Becciu, ingiustificato e in modo inaccettabile (e possiamo pensare non solo in questo caso). A tal proposito, il Cardinal Becciu ha detto che non poteva non chiarire quanto affermato che fosse a conoscenza delle spese fatte dalla Signora Marogna: “Nell’aprile o nel maggio precedente all’ottobre 2020 Mons. Perlasca mi disse quanto gli avevano detto i Magistrati sulla Signora e sulle spese che starebbe facendo”. Il che porta a tutt’altro significato di quanto si poteva immaginare con le parole di De Santis.

Il Cardinal Becciu si è detto dispiaciuto dalle affermazioni di De Santis e ha riportato alcune frasi che quest’ultimo avrebbe pronunciato nel corso di quell’incontro: “Eminenza, il Santo Padre le vuole bene, in Sardegna è ben voluto, senta il mio consiglio: rientri in Sardegna e viva tranquillo tra la sua gente. Non vorrà mica partecipare a un Processo? Lei sa bene quante cose negative potrebbero venire fuori in un processo!”. Il Cardinal Becciu ha rivelato che è da due anni che si chiede il senso di quelle parole. E ha anche assicurato che avrebbe continuato a partecipare alle udienze fino alla fine, a testa alta, sicuro che la verità emergerà e così la sua assoluta innocenza.

Il Cardinal Becciu ha elaborato anche sulla questione dei finanziamenti della Conferenza Episcopale Italiana alla Caritas della Diocesi di Ozieri, destinati poi alla Cooperativa Spes, gestita dal fratello Tonino. Il Cardinal Becciu non nega il suo interessamento e ha detto che non vi vedeva e non vi vede alcun reato, perché questa è una prassi normale nella Chiesa, quella di aiutarsi reciprocamente. La Chiesa, ha aggiunto, non è un’azienda e neppure un ufficio municipale: nella Chiesa regna la legge dell’amore e del disinteresse. Aiutare a creare opere di bene è il massimo che un cristiano, un sacerdote e ancor più un vescovo deve fare. E nel caso della cooperativa Spes, oltre settanta persone sono state aiutate ad avere un lavoro, senza mai avere un sollecito o un rimprovero dalla CEI.

Poi, in riferimento al fatto, emerso nell’udienza di ieri, che la Segreteria di Stato ha erogato 60 mila euro alla Cooperativa “Simpatia” di Como, dove lavora il padre di Mons. Alberto Perlasca, originalmente indagato, poi diventato testimone “chiave” dell’accusa e costituitosi parte civile (non si è capito ancora a quale titolo), il Cardinal Becciu ha chiesto perché Ozieri è stata indagata e Como no; perché Ozieri ha provocato tutto questo gran can mediatico? La ragione, ha spiegato il Cardinal Becciu, è che si è sospettato che i suoi familiari si fossero arricchiti. A tal proposito, il Cardinal Becciu ha invitato De Santis a dichiarare pubblicamente se mai, dagli accertamenti, ha trovato un’entrata irregolare nei conti dei familiari. E ha autorizzato a De Santis a dire cosa ha trovato. Il Cardinal Becciu ha ribadito che mai un centesimo è entrato nelle tasche dei suoi fratelli.

Infine, per quanto riguarda l’operazione umanitaria, che ha portato alla liberazione della suora colombiana rapita in Mali, il Cardinal Becciu, sollevato dal segreto pontificio, ha spiegato di sentirsi comunque ancora vincolato al segreto e di non dover ulteriormente dettagliare. Ha solo rivelato che in quella occasione fu sventata, solo all’ultimo secondo, una fuga di notizie, che avrebbe messo in pericolo l’immagine della Santa Sede e la sicurezza delle missionarie e dei missionari impegnati in territori difficili. Per questo, e solo per questo, nella vicenda che riguarda Cecilia Marogna fu ritenuto con Papa Francesco di non parlarne neanche con la Gendarmeria. Il Cardinal Becciu ha riferito di essersi irritato nel venire a sapere che si fossero iniziati a spendere soldi di quella somma destinata a ben determinati scopi e che si ripromisi di chiarire subito con la signora. Cosa che fece e lei gli assicurò totalmente che non era vero. Comunque, non mancò di dirle che qualora avesse attinto da quei soldi non per le operazioni concordate, li doveva assolutamente rimettere a posto.

La dichiarazione spontanea del Cardinale Angelo Becciu in Aula, 14 ottobre 2022

«Sig. Presidente,
La ringrazio.

1) Ieri sono rimasto ancora più dispiaciuto nel sentire il Commissario De Santis riaffermare che l’incontro avuto con lui e il Comandante della Gendarmeria, il 3 ottobre 2020, nel mio appartamento, non era tutelato dall’impegno della massima riservatezza.
Confermo nel modo più assoluto che mi venne detto di tenere il segreto e io ho rispettato quell’impegno e proprio per quell’impegno anche nei momenti più difficili e tormentati non ho mai confidato a nessuno  di quell’incontro.
Se non fossi stato legato alla promessa del silenzio avrei mai taciuto frasi come le seguenti proferite proprio dal De Santis in quell’incontro?
Ecco cosa mi disse: “Eminenza, il Santo Padre le vuole bene, in Sardegna è ben voluto, senta il mio consiglio: rientri in Sardegna e viva tranquillo tra la sua gente. Non vorrà mica partecipare a un Processo? Lei sa bene quante cose negative potrebbero venire fuori in un processo!”.
Lascio a voi l’interpretazione di tali frasi. Io è da due anni che mi chiedo il senso di quelle parole.
Rimasi comunque allibito di fronte a tali espressioni e mi limitai a dire che speravo di non andare mai a processo e che in caso contrario avrei affrontato con dignità l’evenienza.
Come vede Sig. Presidente, sono qui! Sto partecipando con regolarità alle sedute e cercherò di parteciparvi fino alla fine, a testa alta, sicuro che la verità emergerà e così la mia assoluta innocenza.

2) A proposito di quanto il Commissario De Santis ha qui detto circa il mio interessamento presso la CEI per l’ottenimento di sussidi a favore della Caritas di Ozieri, devoluti poi alla Cooperativa Spes, io non nego il mio interessamento, non vi vedevo e non vi vedo alcun reato, perché questa è una prassi normale nella Chiesa, quella di aiutarsi reciprocamente. Ricordiamocelo: noi non siamo un’azienda e neppure un ufficio municipale, in cui ogni atto è regolato dalla norma. No! Nella Chiesa regna la legge dell’amore e del disinteresse, ove il legalismo non deve tarpare le ali dello spirito creativo.  Aiutare a creare opere di bene è il massimo che un cristiano, un sacerdote e ancor più un Vescovo deve fare. Io non mi vergogno di essermi dato da fare per ottenere finanziamenti ad un ente a carattere sociale, anzi ne vado orgoglioso perché in questa maniera ho aiutato una settantina di persone ad avere un lavoro, persone molte delle quali, difficilmente, fuori dalla Cooperativa avrebbero potuto trovare un’occupazione. Inoltre, avevo fatto tesoro del consiglio dell’allora Segretario della CEI, Mons. Nunzio Galantino, il quale un giorno mi disse “incoraggi il suo vescovo e altri vescovi a chiedere aiuti per opere sociali perché vi sono le somme a disposizione per tali finalità”.

3) Qui però la domanda che penso ci dobbiamo porre è un’altra: ma i soldi ricevuti dalla CEI sono stati utilizzati nel rispetto della loro finalità istituzionale sì o no? Erano stati chiesti per un panificio: il panificio esiste? Sta funzionando sì o no? Vi sono sedici impiegati: sì o no? I responsabili hanno rendicontato quanto ricevuto alla CEI, sì o no? Come mai dalla CEI i responsabili della Cooperativa non hanno mai ricevuto alcun sollecito e tantomeno un rimprovero? E questo a prescindere dal fatto che non sia io ad essermene mai occupato. In nessuna forma.

4) Non so se posso sostituirmi ai miei Avvocati e fare una domanda al Sig. De Santis: sappiamo bene che avete fatto accertamenti sui vari conti bancari della diocesi di Ozieri e li avete fatti anche sui miei conti bancari, su quelli dei miei fratelli e soprattutto di mio fratello Antonino. Ci dica: ha mai trovato un’entrata irregolare in tutti questi conti? Perché non dice davanti a tutti quanti soldi ha trovato nel conto di mio fratello, Tonino? Lo dica! La autorizzo io a dirlo!

5) È provato ampiamente che, malgrado tutto quello che si è detto sul cosiddetto conto promiscuo, la CEI e la Caritas Nazionale non hanno smesso di versare i loro sussidi su tale conto. Segno che quelli della Caritas di Ozieri hanno sempre rendicontato quanto hanno ricevuto fino all’ultimo centesimo e gli Organismi nazionali mai hanno avuto di che dire sul loro operare.
Ho già detto che quel conto era stato aperto dal Direttore della Caritas su delega del vescovo del tempo e che gli altri vescovi succedutisi ne erano al corrente. (A proposito del Direttore della Caritas, non è mia colpa se egli è mio cugino e se egli fu nominato nel 2003, quando io ero Nunzio in Angola, ben lontano dunque dalle questioni della diocesi di Ozieri.
Si ricordi poi il Sig. De Santis che la nostra è una piccola diocesi e il Vescovo deve arrangiarsi con i pochi sacerdoti che ha!)  Se quel conto è distinto dagli altri conti, mi ha ripetuto a iosa l’attuale Vescovo, Mons. Melis, è per un motivo operativo, non certo per ragioni oscure. E comunque, lo si voglia o no, il Vescovo, il vero Amministratore Diocesano, mai ha avuto motivo di lamentele o di critiche verso i rispettivi responsabili.

6) Il Sig. Commissario in quest’aula ci ha mostrato una slide con una statistica dei sussidi dell’Obolo di San Pietro distribuiti a varie diocesi e si diceva meravigliato che Buenos Aires o qualche altra grande diocesi avesse ricevuto meno della diocesi di Ozieri.
Mi sia consentito chiarire, da subito, che quel riepilogo è errato nel metodo, è inattendibile: i sussidi erogati dalla Segreteria di Stato non erano destinati solamente alle Diocesi, ma a qualunque ente territoriale ritenuto meritevole di aiuto.
Ecco perché non ha senso scegliere, arbitrariamente, di comparare le sole Diocesi; si sarebbe dovuto comparare tutti gli Enti. Allora si sarebbe visto che i sussidi erogati sono stati, nel mio settennato quale Sostituto, molte decine di più di quelli mostrati, e che vi furono enti che ricevettero somme ben maggiori di centomila euro.
I criteri di scelta per i sussidi straordinari sono da individuarsi nella necessità di sostegno per un determinato progetto e la sua meritevolezza: quello di Ozieri, che conoscevo personalmente ma di cui mi parlarono i Vescovi del luogo, mi aveva convinto; i soldi furono inviati alla diocesi ed il Vescovo garantisce sul loro buon utilizzo. Mi spiace, ma devo affermare convintamente che neanche un centesimo è finito nelle tasche di mio fratello.

7) A questo punto, è giusto chiedersi perché tanta attenzione da parte dell’autorità giudiziaria vaticana verso la Cooperativa della Caritas di Ozieri? Ieri è stata menzionata la Cooperativa “Simpatia” di Como ove lavora il padre di Mons. Perlasca e che, a detta dello stesso monsignore, ha ricevuto la somma di 60 mila di euro dall’Obolo di San Pietro. Non penso che il finanziamento fatto avere a quell’ente sia passato tramite il vescovo o la Caritas, ma esso è stato inviato direttamente al responsabile dell’Ente, come si era soliti fare. Mi chiedo: sono stati fatti accertamenti su quel conto o sui tanti altri? Perché Ozieri è stata indagata e Como no? Perché Ozieri ha provocato tutto questo gran can mediatico? La ragione è risaputa: si è sospettato che i miei familiari si fossero arricchiti e che io li abbia voluti arricchire, ma è stato dimostrato il contrario. La mia famiglia è stata messa al centro di un clamore negativo pesantissimo. E ci tengo a rimarcare e questo mi consola e mi incoraggia che gli unici ad essersi trovati bene dalle elargizioni della CEI sono stati i poveri, i disoccupati, gli emarginati.

8) Infine, quanto all’operazione umanitaria affidata alla Gendarmeria, su cui mi sorprendo ancora una volta di averne sentito parlare pubblicamente, all’udienza di ieri, dichiaro di sentirmi ancora vincolato al segreto e pertanto, posso per ora soltanto affermare che effettivamente essa fu espletata con modalità analoghe a quella successiva. Modalità che, Signor Presidente, ritengo mio preciso dovere non dover ulteriormente dettagliare.
La ragione per la quale, in successiva occasione, fu decisa una forma operativa ancora più ristretta, è molto semplice: nella precedente occasione fu sventata, solo all’ultimo secondo, una fuga di notizie, che avrebbe messo in pericolo l’immagine della Santa Sede e la sicurezza delle missionarie e dei missionari impegnati in territori difficili.
Per questo, solo per questo, nella vicenda che riguarda la signora Marogna, fu ritenuto, d’intesa col Santo Padre, di non parlarne neanche con la Gendarmeria.
A tal proposito non posso non chiarire quanto affermato dal Commissario de Santis che io fossi a conoscenza delle spese fatte dalla Signora Marogna. Nell’aprile o nel maggio precedente all’ottobre 2020 Mons. Perlasca mi disse quanto gli avevano detto i Magistrati sulla Signora e sulle spese che starebbe facendo. Io rimasi male dapprima perché della vicenda di cui si occupava la signora ne eravamo al corrente in pochi e poi perché non ero affatto al corrente che si fossero iniziati a spendere soldi di quella somma destinata a ben determinati scopi.
Come afferma lo stesso Monsignore io rimasi irritato e mi ripromisi di chiarire subito con la Signora. Cosa che feci e lei mi assicurò totalmente che non era vero. Mi tranquillizzai, ma non mancai di dirle che qualora avesse attinto da quei soldi non per le operazioni concordate, li doveva assolutamente rimettere a posto.
Quando il Sig. De Santis informò delle risultanze investigative in modo generico, io, come dice lui stesso, mi misi le mani ai capelli ma non per i danni che sarebbero derivati ai miei familiari qualora venisse stata pubblicata la notizia (non vedo cosa ci entrassero i miei familiari), evidentemente confondeva con il danno reputazionale della Spes, ma perché rimasi scioccato che i soldi erano stati spesi nella maniera nella quale egli la descriveva e soprattutto perché un’iniziativa che doveva rimanere segreta, della quale ripeto sapevano l’esistenza solo il Santo Padre, il sosttoscritto, Mons. Perlasca e ultimamente anche Mons. Peña Parra, venisse pubblicizzata con grave danno per l’operazione in corso e anche mettendo in pericolo i molti missionari nei territori a rischio.

Questo, fedele al proposito di cercare e dire con voi la verità, è quanto sentivo di affermare.

Grazie, Sig. Presidente!».

La lettura di due ordinanze del Presidente del Tribunale

In apertura dell’udienza odierna, il Presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, ha letto due ordinanze: la prima per rigettare la richiesta avanzata dalla difesa del broker Gianluigi Torzi sulla possibilità di essere interrogato da remoto, a causa di impedimenti dovuti alle pendenze in Italia; la seconda, per rigettare la richiesta del teste Luciano Capaldo, ingegnere e consulente della Segreteria di Stato, residente a Londra, che avanzava come impedimento per presentarsi in aula il rischio di danni di salute per il volo in aereo. Impedimenti non documentati per Pignatone, che ha ordinato che il Promotore di Giustizia concordi col teste un appuntamento per venire a testimoniare.

L’escussione di Marco Simeon

Al primo teste di oggi, Marco Simeon – ex dirigente RAI, che dal 2000 ha mantenuto rapporti con la Santa Sede tra fondazioni e incarichi, da anni residente a Rio de Janeiro – è stato chiesto conto del ruolo avuto nella proposta di acquisto del palazzo al numero 60 di Sloane Avenue a Londra, per 315-330 milioni, presentato dal prestigioso gruppo americano Bizzi & Partners. La proposta fu avanzata dall’On. Giancarlo Innocenzi Botti, dirigente Mediaset, già Sottosegretario di Stato alle Comunicazioni nel Governo Berlusconi II, con il quale Simeon era in rapporti da tempo. Il rappresentante del gruppo era l’Ambasciatore Giacomo Castellaneta. La proposta arrivò un anno dopo che la Segreteria di Stato aveva liquidato Torzi e acquisito la proprietà totale dell’immobile (con l’approvazione di Papa Francesco).

A Simeon, il Promotore di Giustizia aggiunto, Roberto Zannotti, ha domandato di spiegare la genesi del progetto e il coinvolgimento del Cardinal Becciu. Il teste ha dichiarato che il Cardinal Becciu è sempre rimasto fuori dalla trattativa, spiegando che Innocenzi chiese un aggancio “per avvicinare” il Cardinal Becciu e presentargli la proposta di Bizzi & Partners. Simeon, che aveva conosciuto Becciu nel 2018 e mantenuto sempre “rapporti cordiali”, gliene parlò e il Cardinal Becciu disse di aver ricevuto dai superiori l’indicazione che c’era una disponibilità a valutare la vendita ma “seguendo strade ordinarie” e tramite gli “organi competenti”, nel caso specifico, Padre Juan Antonio Guerrero, S.I., Prefetto della Segreteria per l’Economia, per la “parte operativa”, e il Segretario di Stato, il Cardinale Pietro Parolin, in rappresentanza della Segreteria di Stato, proprietaria dell’immobile. La proposta non andò in porto, dopo che Padre Guerrero sottolineò alcune criticità. Inoltre, il sospetto dell’accusa è che vi fosse ancora Torzi dietro, che voleva riappropriarsi del palazzo. Se si fosse realizzata la transazione, Simeon avrebbe preso “il 3%”. “Non lavoravo gratis”, ha detto.

Ancora, Simeon ha chiarito che tra lui e Gianluigi Torzi non c’era alcuna relazione (le informazioni sul broker le prendeva da Innocenzi Botti) e che venne a sapere dell’esistenza del finanziere solo a maggio 2020. “L’unico contatto è stato una telefonata per sapere chi lo avesse chiamato a lavorare in Vaticano… Per me lui era solo una ‘criticità’ nella vendita dell’immobile”.

Comunicato stampa nell’interesse di Sua Eminenza il Cardinale Giovanni Angelo Becciu, 14 ottobre 2022

«Oggi abbiamo ascoltato, da un teste del Promotore di Giustizia, la corretta ricostruzione della proposta di acquisto del Palazzo di Sloane Avenue, infondatamente attribuita, dall’Accusa, addirittura ad un tentativo di depistaggio delle indagini ordito dal Cardinale Becciu.

Niente di più lontano dalla realtà: sono stati, infatti, spiegati, uno ad uno, tutti i passaggi della trattativa immobiliare, condotta attraverso primarie realtà immobiliari internazionali e persone di alta onorabilità, che hanno confermato l’assoluta correttezza, anche in questo caso, del Cardinale, che si è limitato ad informare il Santo Padre di una possibilità, ritenuta utile per la Santa Sede e senza alcun vantaggio di tipo personale.

Abbiamo assistito ad una piena sconfessione dei sospetti e degli equivoci iniziali, ottenendo la ulteriore riaffermazione della piena innocenza del Cardinale.

Avvocati Fabio Viglione, Maria Concetta Marzo».

Esaurito in pochi minuti l’esame del teste Andrea Pozzi

Nel corso della trentesima udienza di oggi, è stato sentito anche Andrea Pozzi, già vicepresidente della Fondazione Enasarco. Chiamato dall’accusa per alcuni investimenti del fondo Athena riconducibile a Raffaele Mincione, il suo esame si è esaurito in pochi minuti, dopo che è stato evidenziato che i fatti non erano inerenti ai capi di imputazione [*].

[*] La storia infinita del fondo di investimento Athena gestita da Mincione e l’ente previdenziale Enasarco

L’Enasarco fu istituito il 30 giugno 1938 come ente previdenziale e il 27 novembre 1996 è stato privatizzato per effetto del D. Lgs. 509/1994, insieme ad altri enti previdenziali di diritto pubblico, assumendo l’attuale forma giuridica di fondazione. Debbono essere iscritti alla Fondazione Enasarco gli agenti ed i rappresentanti di commercio che operano sul territorio nazionale per conto di preponenti italiane o di preponenti straniere che abbiano sede o una qualsiasi dipendenza in Italia.

Della questione Esasarco parlò Fiorenza Sarzanini nell’articolo del 8 novembre 2019 sul Corriere della Sera, cartaceo e Web, con un presunto scoop: “Roma, la truffa del palazzo venduto al Vaticano con i soldi di Enasarco”. Si tratta del prima di due articoli per cui fece causa il finanziere Rafaele Mincione all’Alta Corte di Londra, conclusasi il 12 ottobre scorso con la comunicazione che il Corriere della Sera paga una “sostanziosa somma” a Mincione come risarcimento per diffamazione [caso di cui abbiamo riferito QUI e QUI].

Poi, come abbiamo riferito, a margine della 27ª Udienza del 1° ottobre scorso – quando il Promotore di Giustizia aggiunto aveva già chiesto conto degli investimenti della Segreteria di Stato nel Fondo Athena, al Revisore generale – il Financial Times il 29 ottobre 2019 ha scritto [QUI] che, poco prima di essere nominato Primo Ministro, Giuseppe Conte ha fornito una consulenza legale a un gruppo di investitori tra i quali figurava anche il fondo Athena Global Oppurtunities, gestita dal finanziere Raffaele Mincione, uno dei dieci imputati a processo in Vaticano, e finanziato dalla Segreteria di Stato. Il fatto che Conte avesse lavorato per Mincione era già noto per via di un’inchiesta di Repubblica, ma il Financial Times ha fatto emergere il ruolo della Segreteria di Stato nella vicenda, che risale al 2018 e riguarda una disputa per il controllo di Retelit, una società italiana di telecomunicazioni.

Allora, Retelit era contesa tra Fiber 4.0, un consorzio controllato al 40% da Athena Global Opprtunities e già proprietaria del 9% di Retelit, e un’altra cordata di investitori composta da un fondo tedesco e da un’azienda di Stato libica. Fiber 4.0 voleva tentare la scalata e portare alla guida della società Mincione, che vi aveva investito circa 200 milioni di dollari, soldi che il Financial Times aveva scoperto provenire dalla Segreteria di Stato. Il consorzio era però stato sconfitto in un voto degli azionisti e aveva assunto Conte per capire se era possibile rovesciare il voto.

Conte aveva fornito la sua consulenza il 14 maggio 2018 e scriveva che sarebbe stato possibile annullare il voto solo se il governo avesse utilizzato il golden power, uno strumento grazie al quale l’esecutivo può impedire agli attori stranieri di prendere il controllo di società italiane ritenute di importanza strategica.

Allora Conte era docente e avvocato, anche se faceva già parte della squadra di governo del Movimento 5 Stelle. Un mese dopo quella lettera, il governo ha però deciso di esercitare il golden power, così come lui aveva suggerito: una decisione di cui Repubblica aveva riferito e che aveva evidenziato un possibile conflitto di interesse. Conte, che aveva negato già ogni responsabilità a questo proposito, aveva respinto nuovamente le accuse. Poco dopo la pubblicazione dell’articolo del Financial Times, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha diramato una nota per precisare che Conte non era a conoscenza del fatto che alcuni investitori facessero riferimento a un fondo sostenuto dalla Segreteria di Stato e non ha preso parte alla riunione del Consiglio dei Ministri in cui si è deciso di far ricorso al golden power per Retelit. “Si fa presente che in quell’occasione il Presidente Conte era impegnato in Canada per il G7”, si legge nella nota. “Conte non ha mai incontrato né conosciuto il Sig. Mincione”.

Lo stesso Mincione ha detto al Financial Times di non aver mai incontrato Conte e ha definito la sua nomina a Primo Ministro una “sfortuna”, perché non ha cambiato la sua situazione. Il quotidiano finanziario britannico aveva anche parlato con Gianluca Ferrari del fondo di investimento tedesco che aveva vinto il controllo di Retelit. Ferrari diceva che secondo lui un conflitto d’interesse c’era, e episodi come questo rischiavano di danneggiare la fiducia che gli investitori ripongono nel sistema-paese.

L’intreccio Mincione-Enasarco per finanziare il pacchetto Bpm – Repubblica.it, 29 novembre 2013 [QUI]

Gli incredibili conflitti d’interesse intorno all’Enasarco – Usarcitorino.it, 25 febbraio 2022 [QUI]

Foto di copertina: “Il processo nell’Aula dei Musei Vaticani per i presunti illeciti compiuti con i fondi della Santa Sede” (Vatican News – Foto di Vatican Media).

Free Webcam Girls
151.11.48.50