Don Antonio Ruccia: per mons. Bello nella Chiesa c’è posto per tutti

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A partire da alcuni appunti inediti di mons. Tonino Bello e con lo sguardo rivolto al magistero di papa Francesco, ‘C’è posto per tutti’, il nuovo libro di don Antonio Ruccia, parroco di San Giovanni Battista a Bari e docente di Teologia Pastorale presso la Facoltà Teologica Pugliese di Bari, chiama alla riflessione sulle più impellenti sfide della Chiesa di oggi.

Partendo da alcuni appunti inediti di don Tonino Bello, trovati quasi per caso, e legandoli al magistero di papa Francesco, l’autore mette a fuoco una delle più impellenti sfide per la Chiesa di oggi, chiamata a superare fratture, chiusure, morti, violenze fratricide. Il libro è arricchito dalla prefazione di p. Giulio Albanese:

“E’ ora di rendersi conto che nell’epoca della globalizzazione, dove tutto viene allo scoperto, non solo il bene, ma anche il male con il suo carico di negatività, il valore aggiunto della comunità cristiana deve tornare a essere quello di una fraternità in cui i gesti precedono le parole. Non per sentirsi dire che siamo bravi, quanto piuttosto perché consapevoli che in questo veloce e complesso divenire della storia le nostre comunità devono mettersi in gioco”.

All’autore abbiamo chiesto per quale motivo ‘c’è posto per tutti’: “Il libro ‘C’è posto per tutti’ nasce da un incontro casuale tra me e don Gioacchino Lanzillo, parroco della diocesi di Amalfi-Cava, che mi confidò di aver ricevuto uno scritto di don Tonino Bello da un sacerdote che aveva incrociato nella parrocchia dove don Tonino aveva svolto il ministero di parroco.

Il testo si riferiva al commento domenicale della XXI Domenica dell’anno C in cui Gesù invita tutti a sedersi alla stessa mensa, aprendo la strada ad una visione completamente nuova della vita. Una tavola ‘di vita’, in cui nessuno è escluso e dove tutti trovano da mangiare in giusta misura senza che ci sia qualcuno che si abbuffa mentre altri restano affamati. Una ‘tavola dei cinque continenti’ in cui anche le barriere e le divisioni non esistono e le differenze etniche e geografiche non trovano casa”.

Cosa diceva mons. Bello a proposito di Chiesa aperta?

“Non c’è scritto di ‘don Tonino’ che non offra la possibilità di intravedere una Chiesa che apre le sue porte a tutti. Anche nell’inedito pubblicato in questo libro, che può essere utilizzato sia a livello catechetico nelle parrocchie, sia come manuale per le scuole superiori nell’ora di religione, emerge tale concetto. L’accessibilità alla mensa indicata da Gesù nel Vangelo trova don Tonino pronto a sottolineare che non serve sgomitate per entrare, né tanto meno chiedere raccomandazioni: c’è posto per tutti e in particolare per ciascuno.

Appare chiaro che questo messaggio è rivolto in maniera speciale alla Chiesa. Ad una Chiesa che scardini le logiche del perbenismo e degli individualismi per fare spazio a quella dei pluralismi. E’ la Chiesa dei participi ‘presenti’, perché quelli passati hanno sempre bisogno di essere rivisti e attualizzati per dare un seguito a quell’amore del Crocifisso che non va lasciato appeso, ma che chiede sempre nuovi schiodanti”.

Quali analogie esistono tra mons. Bello e papa Francesco?

“Ho conosciuto don Tonino da giovane seminarista e mi ha sempre affascinato per le sue scelte che spesso gli sono state contestate per quella parte di Chiesa che preferisce la diplomazia al Vangelo. Di contro, non conoscevo nulla di quanto il card. Bergoglio aveva fatto a Buenos Aires. Diventato papa, con le sue parole mons. Bergoglio permette a me, che ho letto tutto delle pubblicazioni di don Tonino, di riassaporare quel vento della primavera conciliare che in tanti tentano con tutte le forze di far abortire o di soffocare nei casi in cui è riuscito in qualche modo a soffiare.

Ogni volta che papa Francesco pronuncia una sua omelia, o promulga un’enciclica o un’esortazione apostolica, ritrovo parallelamente gli scritti del ‘don’. Più che di analogie mi piacerebbe parlare di continuità e di sintonia che mi auguro possano trovare una sponda in tanti, a cominciare dalle giovani generazioni che stentano ad operare esperienze di solidarietà, preferendo le comodità”.

A quale nuova evangelizzazione la Chiesa è chiamata?

“Quella della nuova evangelizzazione non è una proposta nuova. E’ un messaggio, quello del Vangelo, da rendere nuovo e soprattutto con cui realizzare una Chiesa dalle porte aperte e dagli sguardi lungimiranti.  Lo mostra chiaramente la pagina evangelica commentata da don Tonino nel testo e dall’enciclica ‘Fratelli tutti’ di papa Francesco. ​

Il testo rivela come vivere per essere nuovi e diventare ‘quelli del Vangelo’, ‘quelli della strada’, ‘quelli che con i gesti cambiano il mondo’. ​L’invito è per tutti. Nessuno è escluso. ​​L’invito a progettare nuovi schemi, a condividere nuove visioni di vita in cui l’ultimo è il criterio per essere ‘quelli di Cristo’, permette a tutti di cogliere che il messaggio che Gesù lancia dalla casa del fariseo è eloquente: non si tratta del pranzo degli ultimi, ma del pranzo con gli ultimi.

In altri termini non si diventa cristiani se si compiono gesti stupendi o si recitano lunghe preghiere, ma se insieme si costruisce un mondo migliore senza continuare nella logica della sopraffazione e della sottomissione. 

​E’ necessario superare gli schemi e, senza alcun timore, passare da una Chiesa selettiva ad una comunità inclusiva. ​Gesù ribalta gli schemi e invita tutti ad usare il criterio dell’ultimo per superare l’indigenza, i disagi, le rigide tradizioni religiose e l’economia di ingiustizia ed essere tutti al primo posto insieme con Lui alla tavola in cui ognuno sarà servito e amato per primo senza il timore che qualcuno prenda il suo posto nella vita, nella società e nella Chiesa”.

Quali venti di fraternità devono orientare la Chiesa?

“La risposta è scontata: tutti! Se il maestrale offre l’opportunità di accogliere l’ospite inaspettato che ti cambia la vita, il libeccio dischiude i passi del cristiano della speranza; se con il grecale le novità non appaiono come forzature, ma come reali opportunità per delineare percorsi nuovi di evangelizzazione, con lo scirocco si viene spinti a diventare misericordianti; se la brezza del mattino apre la porta anche a chi è diverso per il colore della pelle, tutti i venti spingono a diventare fratelli e sorelle e a ‘soffiare’ l’amore di Dio per tutta la terra non a richiuderli in un otre come fece Eolo”.

In quale modo essere fratelli?

“Il discorso appare chiaro se si percorrono i nuovi itinerari della vita. Tanti sono oggi quelli che restano mezzi morti sulle nostre Gerusalemme-Gerico. Altrettanto tanti sono quelli che lavorano per un mondo migliore. ‘La migliore politica’, per dirla con papa Francesco si costruisce con la carità e di carità non ce n’é mai troppa, perché solo la carità ci rinsalderà nella fraternità universale”.  

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