A Pagani il 15 ottobre conferenza su “Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, un faro nella crisi spirituale e morale del nostro tempo”

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 03.10.2022 – Vik van Brantegem] – In tutti i periodi di crisi e di difficoltà, a chi, se non ai santi, dobbiamo rivolgerci? Per questo, sabato 15 ottobre 2022, la Fondazione Lepanto andrà a pregare sulla tomba di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori (foto di copertina) nella basilica a lui dedicata in Pagani, provincia di Salerno. In quest’occasione il Prof. Roberto de Mattei, terrà una conferenza su Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, un faro nella crisi spirituale e morale del nostro tempo.

L’incontro si svolgerà alle ore 10.00 presso la sala conferenze del Centro di spiritualità Santa Maria della Pietà in corso E. Padovano 71 a Pagani.

Dopo la conferenza, la Fondazione Lepanto si recherà a venerare San Paolino, Vescovo di Nola, nella basilica in cui è seppellito assieme a San Felice.

Per chi fosse interessato a partecipare, è invitato a contattare la Fondazione Lepanto via email [QUI].

Sant’ Alfonso Maria de’ Liguori

Musicista, compositore, vescovo e dottore della Chiesa, che rifulse per la sua premura per le anime, i suoi scritti, la sua parola e il suo esempio. Al fine di promuovere la vita cristiana nel popolo, si impegnò nella predicazione e scrisse libri, specialmente di morale, disciplina in cui è ritenuto un maestro, e, sia pure tra molti ostacoli, istituì la Congregazione del Santissimo Redentore per l’evangelizzazione dei semplici. Eletto vescovo di Sant’Agata dei Goti, si impegnò oltremodo in questo ministero, che dovette lasciare quindici anni più tardi per il sopraggiungere di gravi malattie. Passò, quindi, il resto della sua vita a Nocera de’ Pagani in Campania, tra grandi sacrifici e difficoltà.

Tracciare un profilo breve di un santo, grande e longevo quale fu Alfonso Maria de’ Liguori, è quasi un’impresa. Lo si ricorda soprattutto per la sua tutela dei moralisti, come dal nuovo titolo conferitegli da papa Pio XII nel 1950. Il significato del suo nome, Alfonso, rispecchia sinteticamente la sua personalità: valoroso e nobile.

La sua attualità sta nel fatto che, pur contrastando nella sostanza il relativismo morale e riconoscendo la Chiesa Cattolica come suprema maestra, diede spazio alle “voci interiori della coscienza” e mantenne una posizione di equilibrio e di pratica prudenza tra i due estremi del rigorismo e del lassismo. Tale posizione affiora in quasi tutte le sue numerosissime opere di meditazione e di ascetica, ma soprattutto è sempre presente nell’ancora oggi studiata Theologia moralis. È questo in effetti il vero capolavoro di colui che, canonizzato nel 1839, venne decretato da Papa Pio IX Dottore della Chiesa nel marzo 1871.

Nacque il 27 settembre 1696 a Marinella, nei pressi di Napoli, nel palazzo di villeggiatura della nobile famiglia. Il padre Giuseppe era ufficiale di marina e la madre, Anna Cavalieri, apparteneva al casato dei Marchesi d’Avenia. Egli fu il primo dei loro otto figli e crebbe all’insegna di una robusta educazione religiosa, addolcita però sempre da sentimenti di compassione nei riguardi dell’infelicità altrui. Si suole suddividere la sua vita in cinque distinti periodi, in ognuno dei quali la personalità si arricchiva o si modulava con tanta fede in Gesù e con grande devozione a Maria e alle sue “glorie”.

Fino a ventisette anni prevalsero gli studi privati nel campo della musica, delle scienze, delle lingue e del diritto, seguiti da una iniziale brillante carriera forense. Questa si interruppe improvvisamente per una delusione provata in un processo giudiziario tormentato di falsità e nel 1723 decide di dedicarsi interamente al Signore. Ordinato sacerdote nel 1726, dedica quasi tutto il suo tempo e il suo ministero agli abitanti dei quartieri più poveri della Napoli settecentesca. Mentre si prepara per un futuro impegno missionario in Oriente, prosegue l’attività di predicatore e confessore e, due o tre volte all’anno, prende parte alle missioni nei paesi all’interno del Regno di Napoli.

Quando nel 1730 fu mandato a Scala, sopra Amalfi, in un momento di forzato riposo, incontra i pastori delle montagne di Amalfi e, constatando il loro profondo abbandono umano e religioso, sente la necessità di rimediare ad una situazione che lo scandalizza sia come pastore che come uomo colto del secolo dei lumi. Lascia Napoli e con alcuni compagni, sotto la guida del Vescovo di Castellammare di Stabia, fonda la Congregazione del SS. Salvatore, successivamente approvata da Papa Benedetto XIV come Congregazione del SS. Redentore. L’intento era quello di imitare Cristo, cominciando dai redentoristi stessi, i quali andavano via via operando per la redenzione di tante anime con missioni, esercizi spirituali e varie forme di apostolato straordinario.

Mantenendo la carica di Rettore Maggiore della Congregazione dei Redentoristi, Alfonso Maria de’ Liguori fu poi, dal 1762 al 1775, Vescovo di S. Agata dei Goti, centro oggi in provincia di Benevento e allora sede episcopale di un’area montagnosa, povera e bisognosa di ogni forma di aiuto, al quale il santo rispose con generosità. Ammalato di artropatia deformante e quasi cieco, dopo dodici anni di governo diocesana, Alfonso Maria si dimise e si ritirò nella casa dei suoi fratelli a Nocera de’ Pagani (dal 1806 parte del comune di Pagani), tra preghiere e meditazioni. Là morirà il 1° agosto 1787, non senza avere prima subito la dura tribolazione di uno sdoppiamento dei suoi confratelli, ciò che si ricompose soltanto sei anni dopo la sua morte.

San Paolino di Nola

Vescovo, che, ricevuto e lasciato l’incarico di console, da nobilissimo e ricchissimo che era si fece povero e umile per Cristo e, trasferitosi a Nola in Campania presso il sepolcro di San Felice, sacerdote, per seguire da vicino il suo esempio di vita, condusse vita ascetica con la moglie e i compagni; divenuto vescovo, insigne per cultura e santità, aiutò i pellegrini e soccorse con amore i poveri.

“I cuori votati a Cristo respingono le Muse e sono chiusi ad Apollo”, così scriveva Paolino al maestro Decimo Magno Ausonio, che lo aveva iniziato alla retorica e alla poetica. Paolino era stato un giovane dal temperamento d’artista. Discendeva da ricca famiglia patrizia romana. Nacque nel 355 a Burdigala (Bordeaux), dove il padre era funzionario imperiale) e favorito nella carriera politica da amicizie altolocate, divenne consul suffectus, cioè sostituto, e governatore della Campania. Incontrò il Vescovo Ambrogio di Milano e il giovane Agostino di Ippona, dai quali fu avviato alla fede cristiana. Ricevuto il battesimo verso i venticinque anni, durante un viaggio in Spagna conobbe e sposò Therasia. Dopo la morte prematura dell’unico figlioletto, Celso, entrambi si dedicarono interamente all’ascesi cristiana, sul modello di vita monacale orientale. Così, di comune accordo distribuirono le ingenti ricchezze ai poveri, e si ritirarono nella Catalogna, per dare inizio ad un’originale esperienza ascetica.

Paolino era ormai sulla quarantina. Conosciuto e ammirato nell’alta società, era amato ora anche dal popolo, che a gran voce chiese al Vescovo di Barcellona di ordinarlo sacerdote. Paolino accettò con la clausola di non essere incardinato tra il clero di quella regione. Declinò anche l’invito di Ambrogio, che lo voleva a Milano. Paolino accarezzava sempre l’ideale monastico di una vita devota e solitaria. Si recò quasi subito in Campania, a Nola, dove la famiglia possedeva la tomba di un martire, San Felice. Diede inizio alla costruzione di un santuario, ma si preoccupò anzitutto di erigere un ospizio per i poveri, adattandone il primo piano a monastero, dove si ritirò con Therasia e alcuni amici in fraternitas monacha, cioè in comunità monastica.

I contatti con il mondo li manteneva attraverso la corrispondenza epistolare (ci sono pervenute 51 lettere) con amici e personalità di maggior spicco nel mondo cristiano, tra cui appunto Agostino. Per gli amici buttava giù epitalami e poesie di consolazione. Ma a porre termine a quella mistica quiete, nel 409, sopraggiunse l’elezione a Vescovo di Nola. Si stavano preparando per l’Italia anni tempestosi. Genserico aveva passato il mare alla testa dei Vandali e si apprestava a mettere a sacco Roma e tutte le città della Campania. Paolino si rivelò un vero padre, preoccupato del bene spirituale e materiale di tutti. Morì a 76 anni, nel 431, un anno dopo l’amico Sant’Agostino.

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