Alcuni dettagli che rivelano la personalità di Papa Francesco

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 03.10.2022 – Andrea Gagliarducci] – La scorsa settimana, tre eventi in qualche modo collegati si sono verificati nella vita del Vaticano. Eppure, sembrano eventi completamente diversi l’uno dall’altro.

Tre temi collegati, anche se non sembrano esserlo:

  • Il primo: Papa Francesco ha proseguito il suo percorso di rinnovamento della Curia romana e ha nominato il nuovo Prefetto del Dicastero per l’Educazione e la Cultura Cattolica come anche suo Segretario.
  • Il secondo: dopo una pausa di due mesi, il processo in Vaticano, che vede tra gli imputati il Cardinale Angelo Becciu, è ripreso ma riguarda principalmente l’investimento della Segreteria di Stato in un palazzo di lusso a Londra [QUI e QUI].
  • Il terzo: è stato pubblicato il colloquio di Papa Francesco con i gesuiti della Regione russa durante il viaggio in Kazakhstan [QUI e QUI].

Come sono collegati questi tre eventi molto diversi? Perché ognuno di loro dice qualcosa su come il Papa gestisce le cose, permettendoci di capire cosa aspettarci.

Cominciamo con l’ultimo sviluppo. Il colloquio con i gesuiti mostra un Papa impegnato a rivendicare il suo impegno implacabile nei confronti dell’Ucraina. Ma dimostra anche l’ostinazione del Papa nel guardare solo da un punto di vista senza comprenderne le implicazioni. C’è solo una concessione, quasi pro forma, alle proteste che sono arrivate alle sue dichiarazioni: che si tratta di persone che soffrono.

Il Papa sottolinea di aver voluto parlare di entrambi i popoli che soffrono, ma poi tutti si sono concentrati solo sul suo riferimento a quella povera ragazza fatta saltare in aria in macchina. Quella povera ragazza era Darya Dugina. Il problema, però, non era nella preghiera né nelle possibili implicazioni di aver fomentato o sostenuto una guerra in Ucraina. Il problema, invece, stava nel modo in cui il Papa aveva delineato la situazione. Mentre era in corso un’indagine, con una vera guerra dell’informazione da entrambe le parti, il Papa ha collegato l’attacco alla guerra quando non era chiaro se l’attacco fosse opera degli Ucraini o dell’opposizione interna russa.

Sono sottigliezze, si potrebbe dire. Ma la diplomazia è fatta di sottigliezze. Quando il Papa parla, non è mai qualcosa di neutro, quindi il Papa dovrebbe prendersi cura delle sue parole. Il Papa, invece, sostiene che bisogna guardare al significato profondo delle sue parole, dando loro una connotazione religiosa. Tuttavia, se le parole rimangono vaghe, come definire correttamente l’intento?

Nella stessa intervista il Papa ha ripetuto anche un’altra controversa espressione, che riguarda l’abbaiare della NATO alle porte dell’Ucraina prima della guerra. Anche lì il Papa ha voluto ribadire la sua posizione, a prescindere dalle varie critiche su come si è espresso. In pratica il Papa si comporta come un prete ma non pensa all’istituzione che rappresenta né parla di un’istituzione. Può essere una sua caratteristica e può essere bellissimo. Non significa, però, che non crei problemi.

Mentre il Papa non parla in modo istituzionale quando si occupa di questioni diplomatiche, non è istituzionale neanche quando prende decisioni di governo. Il processo vaticano appena ripreso è stato, fin dall’inizio, caratterizzato dall’intervento decisivo di Papa Francesco. Il Papa è intervenuto con quattro rescritti, modificando le regole procedurali e le regole affinché anche i cardinali potessero essere giudicati dal tribunale ordinario dello Stato della Città del Vaticano.

In questo campo non è più presente una preoccupazione pastorale. C’è invece la preoccupazione di comunicare che il Papa decide e che il Papa sa anche andare contro le sue stesse istituzioni, se necessario. Forse è in questo modo, essendo il primo a dare l’esempio, anche se questo significa mettere da parte storia, tradizione e procedure, che il Papa vuole promuovere la conversione pastorale di cui parla.

Eppure, quello che viene fuori è un processo ibrido. Sappiamo che la volontà del Papa è quella di andare avanti, e noi andiamo avanti, anche quando il buon senso imporrebbe di fare un passo indietro. Prima di avviare l’interrogatorio dei testimoni, lo stesso Presidente del Tribunale, Giuseppe Pignatone, ha ammesso che gli imputati erano stati ascoltati a lungo, accettando domande che altrove non sarebbero state ammissibili.

Pignatone ha dovuto cercare, in questi mesi, un equilibrio tra la mens papalis e la necessità di condurre un processo equo. Tutto questo va bene per la Santa Sede? Aiuta la conversione pastorale? O non diventa invece un processo per non rendere giustizia ma per attaccare un mondo vaticano?

La necessità di cambiare a tutti i costi, si vede nella riforma della Curia appena promulgata. Lunedì scorso, il Cardinale José Tolentino Calaça de Mendonça è diventato Prefetto del Dicastero per l’Educazione e la Cultura Cattolica. Il Segretario dello stesso dicastero è il Vescovo Paul Tighe, che per ora resta al suo posto. Però, Mons. Cesare Pagazzi è stato aggiunto anche come Segretario. Per quest’ultimo non è in arrivo alcuna nomina episcopale, fedele al principio che non è l’episcopato, ma la missione canonica che dà autorità.

Eppure la decisione di non nominare vescovo il Segretario del dicastero crea uno squilibrio all’interno del Dicastero, dove un Segretario è vescovo e l’altro no. Certo, tutto è lasciato al buon senso delle persone coinvolte, ma di fatto – e ancora una volta – il Papa ha deciso di non guardare al lato istituzionale e di non preoccuparsi se si crea uno squilibrio, anche formale.

Sono tre notizie diverse, eppure raccontano la linearità del Papa nel decidere personalmente, a prescindere dal lato istituzionale e formale delle cose. Eppure, questo lato istituzionale e tradizionale è significativo. Stabilisce una regola. Fornisce coerenza. Offre trasparenza. L’assenza di questo versante sarà uno dei temi da affrontare quando, un giorno, si studierà il pontificato.

Questo articolo è stato pubblicato oggi dall’autore sul suo blog Monday Vatican [QUI].

Foto di copertina: la conversazione privata di Papa Francesco con 19 gesuiti della Regione russa della Compagnia di Gesù nella Nunziatura Apostolica di Nur-Sultan, giovedì 15 settembre 2022, nel corso del suo Viaggio Apostolico in Kazakhstan.

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