Per le Acli dignità e lavoro sono vie per la speranza

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Termina oggi ad Assisi il 54° Incontro nazionale di Studi, dedicato al tema ‘Dignità e Lavoro: vie per la Speranza’. Nella presentazione dell’Incontro Nazionale di Studi è stato sottolineato il senso del lavoro:

“E’ stato da poco celebrato il cinquantesimo dello Statuto dei Lavoratori, una legge che ha segnato l’ingresso della Costituzione nei luoghi di lavoro. In questa ricorrenza è affiorata la distanza storica che ci separa dallo Statuto, ma anche la sostanziale tenuta valoriale rispetto alla domanda di dignità del lavoro. Una domanda che attende risposte sulla tutela di un contraente sempre più indebolito dalla precarietà. E che implica una riflessione sul senso profondo del lavoro”.

Partendo da questa riflessione abbiamo chiesto alla responsabile dell’area ‘Cultura, Studi, Ricerche e Formazione’ delle Acli, dott.ssa Erica Mastrociani, di spiegarci per quale motivo dignità e lavoro sono vie per la speranza: “La dignità non è una condizione astratta. Per essere vera deve essere incarnata poiché si determina e realizza nella realtà effettiva dell’essere, nella sua esistenza. 

Questo vale per tutte le creature, ma diventa imprescindibile quando parliamo di donne e uomini in carne ed ossa. Per i cristiani la condizione di figli e fratelli è intrisa di dignità. Per noi, cittadini italiani, è la Costituzione a parlare chiaro ed a porre il lavoro come cardine della Repubblica.

E’ attraverso il lavoro che l’uomo e la donna realizzano e costruiscono la propria vita che, per la sua natura relazionale e sociale, non è mai un fatto privato ma incide e condiziona l’intera famiglia umana e quindi i caratteri specifici di ogni società. Solo una vita buona ed un lavoro dignitoso sono premesse per una società fraterna. Un lavoro buono è elemento costitutivo della speranza che non è solo una parola ma è costruita sulla materia viva della vita e della sua qualità”.

E’ possibile dare dignità al lavoro?

“Ridare dignità al lavoro è quindi una necessità fondamentale. La precarietà, il lavoro nero, sottopagato, frammentato, disgiunto dalle reali necessità primarie di ogni persona, sono le cause delle disuguaglianze, della deprivazione sociale e della povertà. L’aumento di queste evidenze rappresenta oggi una priorità assoluta”.

Quale speranza dare ai giovani nel mondo del lavoro?

“Vale per tutti ma in particolare per i giovani toccati profondamente da queste criticità che implicano e determinano una vita minata dall’incertezza, con l’impossibilità di immaginare e costruire il futuro: qualunque sia la scelta formativa intrapresa.  Le conseguenze sono, oggi, sotto gli occhi di tutti nella diffusione di stati depressivi e di evidenti espressioni di malessere.

La speranza deve concretizzarsi in scelte e politiche concrete in gradi di creare opportunità uguali per tutti, nel rispetto delle diversità di ognuno. Penso, ad esempio, alla sottovalutazione culturale nel nostro paese della istruzione e formazione professionale ritenuta, a torto, una scelta secondaria rispetto a quella di una formazione superiore di secondo grado.

Del resto, anche in questo ambito, il nostro paese non offre uguali opportunità per tutti poiché non è dotato di una infrastruttura formativa uguale nelle diverse regioni. I territori più penalizzati, anche in questo campo, sono quelli del nostro sud, che continua a scontare, in questo come in molti altri ambiti, un ritardo importante.

Tutto ciò alimenta precarietà, emigrazione e l’aumento del numero dei ‘neet’ (un giovane ogni tre ragazzi che non studiano e non lavorano). Una vera e propria vergogna sociale le cui conseguenze ricadono quasi sempre sulle spalle delle famiglie, il vero motore del welfare del nostro Paese”.

In quale modo è possibile superare nel lavoro la disparità di genere e salariale?

“Viviamo in tempi contradditori. Anche le parole faticano a rappresentare la realtà. Oggi sempre più parliamo di ‘lavoro povero’: una contraddizione in termini. Concretamente significa che pur lavorando una persona ed una famiglia non riescono a far fronte alla vita dignitosamente. Una condizione che grava e riguarda un lavoratore ogni quattro.  La categoria più colpita è ancora una volta quella delle donne che rappresentano il 27% dei lavoratori a rischio.

E’ brutto ragionare per categoria, perché rischiamo di dimenticare che ogni numero ha un nome, un volto, una vita ed una storia. Ma, nello stesso tempo abbiamo bisogno di comprendere il fenomeno generale: non per annacquare la realtà ma per delimitarne i contorni.

Dentro questi confini sappiamo bene come la categoria delle donne sia da sempre, nel nostro amato paese, una tra le più deboli. Alla povertà si sommano infatti una alta disoccupazione e una disparità salariale evidente. Le Acli stanno svolgendo una ricerca su questo tema che sarà presentata, nelle sue linee generali, ad Assisi durante l’annuale Incontro Nazionale di Studi”.

Perché è stata scelta la città di Assisi?

“Assisi non è un luogo qualunque: la sua carica spirituale, la sua vocazione alla pace, frutto del messaggio di San Francesco, ci è parso il luogo adatto per incontrarci dopo gli anni della pandemia, dentro uno scenario complesso e difficile segnato profondamente dalla guerra, dalla crisi climatica e dalle tante criticità del nostro sistema sociale e politico. E’ da questa Speranza, quella del messaggio evangelico, che vogliamo ancora una volta ripartire per dare il nostro contributo alla realizzazione di una società più giusta per tutti”.

(Tratto da Aci Stampa)

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